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  • 09 dicembre 2022
  • Casale Monferrato

Prosegue la stagione teatrale

Silvio Orlando al Municipale di Casale con "La vita davanti a sé"

Spettacolo con il quale ha vinto il Premio Le Maschere

Silvio Orlando visto da Max Ramezzana

Venerdì 9 e sabato 10 dicembre alle ore 21 arriva al Teatro Municipale di Casale, uno dei più grandi attori del panorama italiano, Silvio Orlando, che sarà sul palco cittadino con “La vita davanti a sé” di Romain Gary, spettacolo con il quale lo scorso settembre ha vinto anche il Premio Le Maschere del Teatro italiano come Migliore Monologo: è la storia di Momò, bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. 

Un romanzo commovente e ancora attualissimo, che racconta di vite sgangherate che vanno alla rovescia, ma anche di un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia. Silvio Orlando conduce il pubblico dentro le pagine del libro con la leggerezza e l’ironia di Momò diventando, con naturalezza, quel bambino nel suo dramma. Orlando salirà sul palco accompagnato dall’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre.

La scelta di un testo intenso come quello di Romain Gary
Mi sono imbattuto nel 2017 sotto forma di lettura e da quel momento si è impadronito di me, obbligandomi a portarlo in scena. Il testo è stato scritto nel 1975 e “La vita davanti a sé” ha sempre un po’ di vitalità in ogni decennio, trovando spazio grazie alle interpretazioni teatrali e cinematografiche. Due sono stati i motivi che mi hanno spinto a interpretare questo monologo: uno sociologico, per un discorso di attualità, di convivenza di etnie e religioni, un tema su cui la società italiana si sta dibattendo da un po’ di anni e dall’altra troviamo la ricerca dell’amore a tutti i costi. Una domanda che si pone il piccolo Momò, protagonista del testo: “Ma si può vivere una vita senza amore?”. Il suo amore è verso questa donna che sta per morire e quindi si interroga sul proprio futuro. Entra in gioco anche il tema del rapporto con la propria madre… tutti hanno avuto un legame con la mamma o addirittura qualcuno non lo ha vissuto, perché non c’è stata occasione… chi non ha detto quell’ultima parola che non è riuscito a pronunciare...

Immigrazione, inclusione e multietnicità. Come riescono a convivere nella nostra società questi temi?
Sono temi molto caldi, di cui solo la politica, nel senso più alto, dovrebbe occuparsi. Io non ho risposte, sono problemi enormi che non si possono affrontare con “formulette” semplicistiche. Il compito dell’arte è raccontare le storie delle persone. 

L’insegnamento dei bambini in una società difficile come quella di oggi.
Il candore di un bambino è quello che ci porta alle domande più semplici, più disarmanti. Il bambino ti interroga su cose semplici, non ha sovrastrutture, non è incrostato di mille ideologie, di tanti fanatismi.

Lei ha lavorato con i più grandi registi del cinema italiano. Dal mondo della pellicola cosa trasporta nel teatro?
Solitamente non attivo la modalità teatro, o quella cinema o quella televisione.Salgo sul palcoscenico e faccio quello che devo fare. Mi lascio sempre trasportare dal mio istinto ed è quello che mi ha sempre aiutato di più: un pubblico sempre diverso ogni sera, uno spazio teatrale differente… Una ginnastica continua! È difficile raccontare quello che si fa a teatro finché non lo si prova sulla propria pelle. Non credo a schematismi che possano andare bene ovunque. Bisogna sempre adattarsi… il bello del teatro è anche questo.

Teatro, cinema, piattaforme che momento sta vivendo l’arte del recitare?
Devo dire che a parte i due mesi di lockdown molto stretti ho sempre vissuto di teatro… questo spettacolo è andato in scena nel giugno del 2020. Non ho sentito questa lontananza, un distacco così forte. I teatri sono pieni, le persone hanno superato la paura della pandemia… il pubblico sente la necessità di assistere a dei riti collettivi, i cui officianti sono gli attori. Una funzione antichissima che nessuno schermo, grande o piccolo, o piattaforma può riprodurre, un’esigenza antropologica. Dovremo capire che questo si prospetta come un momento di straordinario rilancio del teatro. Per il cinema e per la televisione sembra di assistere a una specie di cortocircuito immaginario: un bombardamento di immagini e storie che si confondono tra di loro senza una scelta. 

Cosa si porta a casa lo spettatore al termine del monologo?
Spero che il pubblico possa comprendere fino in fondo il messaggio di questa storia. Al termine dello spettacolo credo faccia riflettere l’ultima frase “Bisogna voler bene”. In tempi così violenti sembra una bestemmia. Se non c’è amore nel mondo nulla ha senso.


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