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Un Guala al castello Datrino

A Silvia Martinotti, casalese il merito dell'allestimento al castello di Torre Canavese di una mostra su Pietro Francesco Guala, uno dei pittori più autorevoli del XVIII secolo, che sarà aperta al pubblico da domenica . Grazie al suo invito e a quello degli antiquari Marco e Carlo Datrino proprietari del castello coinvolti nell'avventura (che è in realtà una trilogia iniziata lo scorso anno con la rassegnaa su Cignaroli) visitiamo martedì la mostra in fase finale di allestimento. Partenza dal casello di Casale e via veloci affidandoci al «navigatore» che ci ordina di uscire ad Ivrea, di qui si imbocca la strada per Castellamonte e in un'ora eccoci a Torre Canavese (si possono anche seguire i cartelli della mostra: il logo è un ritratto di giovane gentiluomo). Se non ci fossero le montagne (innevate) così vicino i vigneti e il verde ci ricordano le nostre zone e bene hanno fatto gli organizzatori a mettere come sottotitolo alla mostra «Una presenza europea tra le collina del Monferrato». Al cancello del parco ci «riceve» il cane nero Ach, è grande ma ben educato. Salita nel verde (strada strettina) ed eccoci all'entrata del castello. I Datrino, padre e figlio, e la prof. Martinotti ci portano in anteprima nelle varie sale che raccolgono sessanta opere del grande artista casalese, mentre un piccolo clan della «Nicola restauri» (mandiamo i saluti ad Aramengo) sta dando gli ultimi tocchi ad alcune opere. Da anticipare che la mostra è dedicata a due personaggi che la rendono ancora più vicina a noi: Carlo Datrino, il padre di Marco, antiquario dal 1946 in Trino e scopritore del Guala, e Ugo Martinotti, padre di Silvia, (curatrice oltre che della mostra del bel catalogo di Alleamandi, ndr.), primo collezionista del pittore casalese pure lui antiquario nonché stimato pittore. Senza saperlo anche Marco Datrino, allora ragazzino rimane colpito da un dipinto del Guala mentre prende lezioni di catechismo nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo a Trino e oggi dopo tanti anni il cerchio si chiude in questo castello dal volto umano a un'ora d'auto da Casale: Lasciando ai futuri visitatori il gusto più analitico della scoperta, vediamo che la prima sala è dedicata al ritratto concordemente riconosciuto come punta di diamante del suo linguaggio (lo ha convenuto lo stesso critico Vittorio Sgarbi che ha visitato la rassegna in fieri 24 ore prima di noi). Nella seconda sala predomina il sacro con molti tondo di Santi, (ci ricordano quelli di Santo Stefano in Casale). La terza, una galleria, può intitolarsi verso l'impressionismo, con le scene mitologici (brillano le sovraporte); citazione per le quattro figure allegoriche (Prudenza, Fortezza, Giustizia e Tempereranza) che fecero dire a Roberto Longhi nel 1969 «Il Giula non fu soltanto ritrattista completo, bastano le quattro figure allegoriche a dimostrarlo...», la pittura (come sempre nel Guala) è veloce, il colore vibra... Infine, quasi colpo di teatro, la sala dei capolavori coi ritratti degli Scarampi di Camino, dei Sannazzaro di Giarole e la pala di Villanova Monferrato «Madonna e i Santi», nata per la chiesa del cimitero oggi saggiamente ritirata e protetta in Comune. Da aggiungere che molte tele concesse generosamente da privati sono poco note, altre, grazie al restauro o alla semplice pulitura, sono delle riscoperte. Sarebbe bello, aggiungiamo da inguaribili amanti del turismo d'arte, che alla mostra si unisse un itinerario dei Guala pensiamo a memoria: epicentro a Casale (il capolavoro« I Canonici di Lu» al Museo, i grandi quadri di San Domenico, quelli della sacrestia del Duomo, gli affreschi ai palazzi Sannazzaro, Treville, Gozzani di San Giorgio, Morelli), poi a Balzola (le sue prime opere in San Michele), a Pozzo S. Evasio, a Ticineto, a Montemagno, a Serralunga, a Trino, a Vercelli, a Robaronzino di Ciriè, al Valinotto di Torino... Luigi Angelino Orari mostra dal martedì al venerdì 14,30-18,30, sabato,domenica, festivi 10,00 12,30 e 14,30-18,30 (per scuole, o gruppi aperture fuori orario su appuntamento, t. 0124 501071). Ingresso 5 euro. BIOGRAFIA - Pietro Francesco Guala nasce a Casale nel 1648, il 15 di settembre. Non fu frate né celibe, come a lungo si favoleggiò in tempi lontani, ma sposo felice e padre di una bella schiera di figli. Rimasto solo, prese i voti religiosi e si trasferì a Milano ove morì, nel 1757, il 27 del mese di febbraio, dopo aver dipinto opere per la congregazione che l'ospitava Segnò il suo passaggio anche a Torino, a Genova, a Milano chiamato "per la sua arte" da illustri famiglie, mentre i suoi quadri testimoniano il suo successo in musei, chiese e fondazioni anche straniere. IL SIGNOR CONTE E' il pittore casalese Pietro Francesco Guala a condurci al Castello di Torre Canavese. Oggi è di proprietà della famiglia Datrino, di stirpe trinese, che gestisce con intelligente spirito imprenditoriale una delle più apprezzate gallerie d'arte d'Italia. Ma un tempo su questa splendida balconata sulle Alpi passeggiavano i rampolli di una delle più prestigiose famiglie aristocratiche piemontesi: i Balbo di Vinadio. Vi risiedeva il personaggio carismatico del "Signor Conte", vale a dire Prospero, il figlio primogenito di Cesare Balbo, autore de «Le speranze d'Italia» (1844) e primo presidente del consiglio del Regno di Sardegna (marzo-luglio 1848). Era giunto in possesso del castello nel 1849 per dote avendo sposato Felicita, la figlia primogenita del marchese Enrico Della Chiesa di Cinzano e Roddi. Così Alfredo Ghiringhello presenta il profilo biografico del nobile subalpino nel volume intitolato "Pagine di vita castellana. Personaggi e vicende di un castello piemontese nell'epoca del Gattopardo", pubblicato dal Comune di Torre Canavese (Ivrea 1997). "Nato a Parigi il 4 marzo 1824, frequentò giovanissimo l'ac­cademia militare conseguendo il grado di luogotenente di artiglieria. Sposando Felicita Della Chiesa, figlia di Enrico Della Chiesa, Marchese di Cinzano e Roddi, nonché signo­re di Torre Bairo, il Conte Prospero ne acquisì possedimen­ti e castello che adibì a sua stabile residenza. Da Felicita ebbe cinque figli: Cesare, Felicita, Paola, Leonzio ed Enrico". Ed ecco, in breve sintesi, le gesta eroiche del conte: "Al comando della quarta sezione della seconda batteria di posizione, prese parte alla campagna del 1848 dove, il 23 luglio a Saglionze, una sua splendida azione di conteni­mento del nemico gli valse la medaglia d'oro al valore. Il 5 dicembre 1848 fu promosso capitano e l'anno suc­cessivo si guadagnò la medaglia d'argento al valore com­battendo alla Sforzesca ed a Novara". Nel 1860, dopo aver lasciato il servizio attivo, Prospero Balbo si era dedicato agli studi e in particolare ai lavori di ristrutturazione a parco del giardino e del vigneto adiacente al castello di Torre Canavese. Morì a Torino il 2 marzo 1894, ma il suo ricordo rimase vivo in paese per la squisita generosi­tà e per la devozione religiosa all'Arcangelo Raffaele, cui aveva dedicato un pilone votivo sulla sommità del castello, benedetto dal pio sacerdote don Giovanni Bosco. Insomma una vita vissuta in perfetta sintonia con il moto di famiglia "Fè - Devoir" che campeggia sul blasone bandato d'oro e d'azzurro. Resta il dubbio sulla duplice arcana chiave di lettura: l'espressione francese "fai il tuo dovere"? Oppure quella piemontese "fede e dovere"?

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Silvio Morando

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