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L'INTERVISTA / Moroni stasera al Sociale: «Sarà un concerto pieno di calore!»

Dado Moroni ha origini piemontesi e un po’ monferrine... Sono nato a Genova, dove vivo, ma mia madre è di Ovada e mio padre di Novi Ligure mentre i miei nonni paterni erano di Casale Monferrato”. Ha ancora legami con il Monferrato? A Casale ci sono stato una volta sola, i miei nonni si erano trasferiti a Novi: ma viste le mie origini posso dire che il mio sangue è piemontese. A Valenza invece è ormai di casa, ma non solo per i suoi ventidue concerti... fino ad oggi. Iniziai a frequentare Valenza quando ero ancora studente: la città è vicina a Genova e - alla Sala Faro (locale che si trovava in via Cavallotti, che ora non c’è più, nda) - promuovevano molti concerti. Così potevo assistere e rientrare senza fare troppo tardi visto che il giorno dopo andavo a scuola. Quindi ha un legame particolare con la città dell’oro! Con il tempo si sono create amicizie con vari personaggi come Arno Carnevale (grande appassionato di jazz che ha donato al Comune la collezione che porta il suo nome, nda), Nino Illario e Giorgio Manfredi, ma anche Giancarlo Giordano, il cui negozio era spesso un ritrovo. Tornavo a casa con i dischi acquistati da lui, che riusciva spesso ad avere prima dei rivenditori delle grandi città. Ricorda il suo debutto valenzano? Era il 1982. Quella sera suonava Romano Mussolini che avevo conosciuto a Genova. Fu molto carino nei miei confronti: ero timido ma mi invitò a suonare. Siamo poi rimasti in contatto fino alla sua scomparsa. Come si è avvicinato al jazz? I miei genitori erano grandi appassionati di jazz e ascoltavano i vari Fitzgerald, Armstrong…Inoltre in casa c’era il pianoforte e io cercavo di replicare quello che ascoltavo. Quali maestri l’hanno aiutata a sviluppare il suo talento? Innanzitutto i dischi stessi: mio padre, quando li ascoltavo, diceva sempre che quei musicisti erano straordinari, ma pur sempre esseri umani con due mani come me, quindi se avessi studiato… Poi il pianista jazz, non professionista, di Genova, Flavio Crivelli, che mi ha dato la formazione strumentale. Ce ne sarebbero molti altri, ma ricordo Franco Cerri, Gianni Basso e il bassista Jimmy Woode, che suonò anche con Duke Ellington. Che musica ascolta per divertimento? Sono onnivoro: ascolto musica classica, ma mi piacciono anche il blues e il soul. Non mi tocca molto la musica pop super commerciale, anche se a volte riserva delle piacevoli sorprese. Se non avesse fatto il musicista? Ho sempre avuto molti interessi: forse, se la musica non fosse diventata ‘la mia vita’, avrei scelto comunque qualche altra forma per esprimere la mia creatività, magari mi sarei messo a scrivere. Jazz e giovani: matrimonio difficile? Secondo me il jazz non è solo un genere d’elite o di nicchia. Insegno al Conservatorio di Torino e ci sono un sacco di giovani che si avvicinano al genere, e tanti giovani, dopo la prima volta a un concerto jazz, ritornano. In Italia ci sono parecchi festival: forse il problema è che il jazz è un po’ abbandonato dai media: oggi è quasi sparito da radio e tv. Un buon motivo per non mancare, questa sera, al Sociale? Non amo fare pubblicità a me stesso, ma posso dire che per l’occasione ho radunato alcuni amici di lunga data. Proporremo un concerto, pieno di calore, ancorato alla tradizione del jazz, ma anche guardando avanti…

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Valentino Veglio

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