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  • 19 marzo 2024
  • Casale Monferrato

Si apre il sipario

"Mettici la mano" martedì 19 e mercoledì 20 marzo sul palco del Municipale

L'intervista ad Antonio Milo

Antonio Milo. Visto da Max Ramezzana

Martedì 19 e mercoledì 20 marzo alle ore 21 il Teatro Municipale di Casale Monferrato (biglietti in vendita su VivaTicket e al botteghino del teatro le sere dello spettacolo) ospita lo spettacolo “Mettici la mano”, una produzione Teatro Diana di Napoli, con Antonio Milo, Adriano Falivene ed Elisabetta Mirra. Da un testo di Maurizio De Giovanni, autore de “Il commissario Ricciardi” , questa volta il brigadiere Maione e Bambinella si “trasferiscono” sul palcoscenico per la regia di Alessandro D’Alatri. 

Bambinella, un femminiello che sopravvive esercitando la prostituzione e che conosce tutto di tutti, e il Brigadiere Raffaele Maione, che ha appena arrestato Melina, una ventenne che ha sgozzato nel sonno il Marchese di Roccafusca, di cui la ragazza era la cameriera. A introdurci nel racconto è uno dei protagonisti, il “brigadiere” Antonio Milo.

Come possiamo definire “Mettici la mano”?
Il termine giusto è “costola” del Commissario Ricciardi, perché i protagonisti provengono da quel mondo. Ma lo spettacolo nasce in realtà da una chiacchierata con Maurizio De Giovanni e dalla volontà di tornare a fare teatro.  Fui pervaso da un friccicorio di curiosità, nel vedere Maione e Bambinella che escono dal libro, finiscono prima sul piccolo schermo e ora sul palcoscenico in carne e ossa. Questo spettacolo è stata una scommessa vinta, perché i teatri sono spesso sold out e il pubblico ci ha dato ragione.

Luogo e tempo della vicenda
Siamo nella primavera del 1943 e Napoli è sotto i bombardamenti americani. Una città distrutta fisicamente e moralmente dalla Guerra, Maione e Bambinella si trovano per caso in una cantina adibita a rifugio d’emergenza. Il brigadiere Maione ha con lui una ragazza, accusata di omicidio e lì nasce un confronto divertente sulle motivazioni del gesto che ha compiuto Melina e sull’interpretazione della legge. In scena troviamo anche la Madonna dei 7 dolori…che diventa un deus ex machina… ma i protagonisti si fanno una domanda: l’uomo deve essere al servizio della legge o viceversa? Questo spettacolo è una giostra di emozioni che va dalla risata alla lacrima, e tutto si sviluppa in pochi secondi e le scene diventano eccezionalmente forti. 

Una coppia affermata di personaggi che interagisce con Melina
Elisabetta Mirra interpreta un personaggio di rottura e sia Maione che Bambinella sono toccati da questo evento drammatico. Melina li riporta con i piedi a terra, a quel senso di umanità che manca anche in momenti drammatici come durante la guerra. Il bello e il brutto, il bene e il male, ancora una volta contrapposti, vengono esasperati e portati in scena.

Cosa troviamo dei nostri tempi in questa pièce?
C’è tanta attualità. Durante lo spettacolo sentirete gli effetti delle bombe, non nascondo che alla sera penso alle persone che sono sottoposte alla morte che piove dal cielo. Senza distinzione di nazione o bandiera, credo sia qualcosa di disumano.

Il commissario Ricciardi si manifesta in qualche modo in scena?
Il commissario Ricciardi non si manifesta volutamente nello spettacolo, così come pensato da Maurizio De Giovanni nella stesura del testo. Sia Maione che Bambinella sono personaggi strutturati con vite proprie e rappresentano maschere della città a cui appartengono. Attraverso di loro si possono raccontare tante altre storie, un po’ come nella commedia dell’arte, o come Felice Sciosciammocca, personaggio di Scarpetta. Sono ruoli con forti radici nel tessuto sociale e territoriale.

Da alfiere della napoletanità, come giudica questo momento d’oro partenopeo?
Napoli era una sorta di scrigno e di tesoro che era lì e che ancora deve essere scoperto. Napoli ha avuto dei cicli storici di albore e di discesa negli inferi. Io sono nato in un’epoca in cui la città veniva vista come un problema continuo, una “carta sporca”, come direbbe Pino Daniele. Adesso è venuta fuori una vocazione culturale e turistica per la bellezza che possiede al proprio interno. Una sorta di talento non scoperto, e improvvisamente diventi una star. La stratificazione di culture assimilate nel corso delle differenti dominazioni ha permesso un arricchimento nel segno della diversità. Quando racconti una storia a Napoli, puoi raccontare l’universo: Napoli è un mondo a parte, non è una frase esclusiva, ma pienamente inclusiva. 


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