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  • 08 maggio 2012
  • Casale Monferrato

Gli avvocati sono una casta? «No, non è vero...»

La riforma degli ordini professionali sta creando apprensione e, soprattutto, incertezza tra le categorie interessate dalle novità. Tra abolizione delle tariffe minime, preventivo obbligatorio e altre nuove norme, cosa è cambiato per gli avvocati casalesi? Lo abbiamo chiesto a Pietro Caire, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Casale. La questione principale riguarda la soppressione delle tariffe minime e massime, che venivano utilizzate dai giudici per stabilire l’importo delle spese processuali al termine dei procedimenti. Questo cambiamento cosa ha comportato? «L’abolizione delle tariffe ha portato a un iniziale momento di incertezza sia per i giudici che per gli avvocati, in quanto è stato eliminato l’indispensabile punto di riferimento per la liquidazione delle spese legali, il tariffario appunto. Abbiamo quindi collaborato con la Presidenza del Tribunale al fine di porre immediato rimedio a questa sconsiderata eliminazione introducendo il concetto di compenso professionale ed individuando di fatto nel previgente tariffario il parametro per le liquidazioni. Il Governo, sollecitato sia dall’avvocatura che dai magistrati, si è reso conto di aver commesso un errore e si è proposto di redigere nuovi parametri di fatto i magistrati - ovunque - hanno intelligentemente continuato a prendere come riferimento il vecchio sistema di tariffe. Si può dire che le tariffe accompagnate alla porta sono rientrate dalla finestra». Quindi, in sostanza, non è cambiato nulla? «Direi poco o niente ciò che però preoccupa e stupisce è il constatare che la categoria degli avvocati sia continuamente bersagliata e demonizzata. Gli avvocati non sono certo una casta, diversamente in Italia non ce ne sarebbero oltre 240.000! Le assicuro che la concorrenza gli avvocati se la fanno da sempre e molto bene, soprattutto sulla qualità e sulla professionalità. Comunque consideri che già nel 2006 Bersani aveva abolito le tariffe minime e gli unici ad avere avuto soddisfazione erano stati i grandi gruppi bancari o assicurativi ed industriali che sono spesso privilegiati dal Governo, di qualunque colore esso sia, a scapito dei cittadini che infine pagano il conto più salato. La situazione crea comunque un po’ di preoccupazione ed impone agli ordini di vigilare sul rispetto del codice deontologico e perché non vengano lesi i principi cardine della professione forense in particolare indipendenza e decoro. Vi è la possibilità che alcuni professionisti siano tentati di offrire prestazioni a prezzi stracciati per attirare su di loro clienti nuovi, a questo punto saranno i clienti stessi a dover valutare se la prestazione sia di sufficiente qualità. Il messaggio che deve passare è quello dell’ultimo Congresso Nazionale Forense: i diritti non sono merce. Ed il rischio è che i siano i cittadini a scoprirlo sulla loro pelle». Un altro punto del decreto “cresci Italia” di rilievo per le professioni e quindi anche per l’avvocatura è quello dei preventivi... «In un primo momento, la norma prevedeva l’obbligo, per gli avvocati, di stilare un preventivo vincolante. Poi, è stato limitato l’impatto del regolamento, stabilendo il preventivo come facoltativo e del resto salvo procedere per forfettizzazione è ben difficile prevedere le attività che si renderanno necessarie in un contenzioso». E se, per ora, poco o nulla è cambiato, va detto che la situazione è tutt’altro che chiara e definita, come sottolinea Caire: «L’avvocatura ora è impegnata soprattutto sul fronte della legge professionale: proprio in questi giorni a Roma tutti i rappresentanti degli ordini d’Italia sono riuniti per evitare che il Governo, senza consultazione degli interessati, legiferi in tema di accesso alla professione, specializzazioni, tariffe, pubblicità, disciplinari e società di capitali nella professione». «Penso che il decreto “cresci Italia” soprattutto per quanto attiene gli interventi sulle professioni volesse essere un attacco dimostrativo e sensazionalistico al sistema degli ordini, ma si è rivelato solo dannoso e destabilizzante nel settore giustizia anche per i magistrati. Speriamo che nel prossimo futuro il Ministro, prima di dar corso alla soppressione dei cosiddetti Tribunali Minori (come Casale), si avveda dei danni che ne deriverebbero per la giustizia, per i cittadini e per i conti dello Stato».

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Emanuela Pastorelli

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