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La “Mustarda ad Pum San” della Zenevrea

Un tempo tutti i terreni, oggi in parte boscosi, situati a ridosso del Sacro Monte di Crea, nel vicino territorio di Ponzano, erano, per lo più, vitati. Si narra che tale zona esercitasse un richiamo forte verso possidenti anche stranieri, attratti dai vini che qui si producevano. Ed è così che nell’Ottocento anche un lord inglese, il Conte Campredon fissò la sua dimora in queste terre stabilendosi alla Cascina Zenevrea, ove si ritirava per trascorrere momenti di tranquillità e dedicarsi a rilassanti passeggiate a cavallo. I vigneti oggi si sono ridotti ma le tradizioni culinarie nate nella notte dei tempi in questa area del Monferrato e legate alla vite sono ancora solide. Ed è così che attualmente Roberta Oltolini è arrivata a riproporre varie ricette di un tempo fra le quali la “Mustarda ad Pum San”, chicca che lo stesso Paolo Massobrio ha “incoronato” negli scorsi anni con una Denominazione Comunale che riesce anche a legare scherzosamente il luogo all’ingrediente primario. I “pum san” sono infatti le “mele sane” che da sempre crescono sulle colline della zona e che, nella varietà “cotogne”, costituiscono un elemento essenziale per la preparazione della classica “mustarda” locale. Ma “Pum San” rimanda anche al nome dialettale del paese dove questa ricetta è stata valorizzata. Arrivò infatti un momento in cui il conte inglese dovette vendere, anche abbastanza velocemente, e si insediò la famiglia di Romano Coppo trasmettendo poi l’azienda agricola alle generazioni successive. Oggi è la giovane Roberta Oltolini, pronipote del Romano Coppo, ad aver attivato da diversi anni il confezionamento di mostarde con i prodotti dell’azienda, rifacendosi all’usanza cara alla civiltà agricola monferrina di utilizzare tutta la frutta di stagione per creare conserve da poter consumare soprattutto nella stagione invernale. “La Mostarda – spiega Roberta - viene cotta in periodo di vendemmia in quanto essenziale è il mosto d’uva al quale vengono aggiunte mele e pere cotogne e altra frutta di stagione oltre ad alcune spezie come cannella e chiodi di garofano.” Ma due sono i segreti che la giovane ponzanese ci rivela. “ Intanto la cottura avviene per ben 24 ore quindi è un prodotto impegnativo, da controllare anche di notte affinché non ci siano sorprese. “Poi bisogna scegliere frutta non troppo matura e inserirla a cottura del mosto già avviata e in momenti diversi, a seconda del grado di maturazione.” Vengono utilizzate, oltre alle mele e alle pere cotogne, anche prugne e pesche ma non la frutta secca che non appartiene alla tradizione specifica della ‘Mustarda ad Pum San’. Una stima sulle proporzioni ci dice che ogni cento litri di mosto si utilizzano altrettanti chili di frutta con prevalenza di mele cotogne, per ottenere dopo le 24 ore di cottura circa 150 chilogrammi di ‘Mustarda’. Qualche idea di abbinamento? Toma piemontese, tomini freschi vaccini o caprini senza dimenticare le carni di bollito misto. E visto che l’inverno incombe, c’è spazio anche per un altro curioso aneddoto tramandato a casa Oltolini-Coppo. “Quando nevicava, si faceva anche la granita con neve e Mustarda.”

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Marco Imarisio

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