Nel processo Eternit anche i casi delle malattie causate dall'amianto tra il 2008 e il 2010?
Il ricorso ai marcatori immunoistochimici è ormai una prassi consolidata, ma le prove comparative diagnostiche effettuate con i metodi tradizionali hanno dimostrato che il discostamento in termini di risultati è minimale, due o tre casi su una sessantina di diagnosi. È uno dei passaggi della relazione dell’anatomo-patologo Pier Giacomo Betta, primario a Casale (dall’88 al ‘97) e poi ad Alessandria e con una ormai lunga esperienza nella diagnosi della patologie di malattie asbesto-correlate.
Betta, ctu per la Procura di Torino nell’ambito del processo Eternit, è stato sentito ieri, lunedì nell’ambito della 36ª udienza del processo ha ripercorso la storia della diagnostica del mesotelioma e ha spiegato che negli Anni Ottanta compare questa «mitizzata immunoistochimica», lasciando intendere che quel che conta è soprattutto l’esperienza del patologo, esperienza che in un’area ad alta incidenza di patologie come quella casalese conta in un certo senso almeno quanto il riscontro dei marker.
Comunque non esiste una diagnosi esclusivamente immunoistochimica, occorre sempre anche ricorrere alle verifiche tradizionali.
Betta ha poi sottolineato che per la prima volta da molti anni nel 2010 il trend dei casi di mesotelioma è in diminuzione, trenta casi contro ai 50 circa riscontrati ormai costantemente da anni.
Durante la relazione di Betta è emerso che possono essere messi a disposizione del tribunale anche i casi che si sono verificati tra il 2008 e il 2010, che andrebbero a completare il quadro definito con gli elenchi stilati dalla Procura nel capo di imputazione che si fermano all’ottobre del 2007.