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Intervista

Accettare la malattia: parla Paolo Odisio, “centino” del Sobrero

Affetto dalla rara Fibrodisplasia Ossificante Progressiva

Ci sono storie e, poi, ci sono storie e storie, quelle con la S maiuscola che, talvolta, più che nella realtà, paiono sconfinare nella dimensione fantascientifica, per le loro caratteristiche al limite del verosimile. Eppure, la natura umana, nella perfezione della sua complessità, talvolta inciampa in mutazioni, che anticipano scienza e conoscenza, confinandosi in entità cliniche e umane, che si intrecciano con i limiti di una società mai troppo evoluta, per compensare i gap tecnico-scientifici, ma anche mentali.

Correva l’anno 2000 quando, all’anagrafe di Villadeati veniva registrato un nuovo bambino e, con lui, le aspettative più belle della famiglia e della comunità. Era nato Paolo: un bimbo sano, per un parto senza problemi. Unica caratteristica: l’insolita presenza degli alluci valghi.

Da un primo giro di consultazioni e visite specialistiche, non erano emersi particolari allarmismi; Paolo, crescendo, imparò a camminare, parlare e leggere nei tempi consueti. A 6 anni gli comparse un’esostosi (formazione di nuovo tessuto osseo). Trasferito al “Gaslini” di Genova, venne sottoposto a un’indagine genetica e gli venne diagnosticata la Fop (Fibrodisplasia Ossificante Progressiva): una malattia genetica molto rara del tessuto connettivo (6/700 casi in tutto il mondo), caratterizzata da un anomalo sviluppo di ossa, in insolite aree del corpo. Gli alluci valghi ne sono il primo indicatore.

Nell’800, la malattia, era nota come la Sindrome dell’Uomo di Pietra, proprio per il fatto, che scatena un’alterazione del recettore di una proteina implicata nei processi di ossificazione che, in risposta a traumi, infiammazioni o lesioni, trasforma muscoli, tendini e legamenti in ossa. Alla mamma Susanna (priva di ereditarietà), in un attimo, crollò il mondo addosso: oltre alle difficoltà, le aspettative di vita per il suo bambino sarebbero state meno di 30 anni. Lui, che era un bimbo vispo e amante degli sport (praticava calcio e karate), si poté solo più concedere il nuoto.

Paolo Odisio oggi ha 18 anni, è fresco di maturità (100/100 all’Istituto Sobrero), è consigliere comunale ed è pronto per iniziare il corso di Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università di Torino.

Quando hai appreso di avere la Fop? A 7 anni. Non ho ricordi particolari. Da bambino, giocavo, leggevo, frequentavo l’oratorio come tutti i bambini.

A livello fisico? Iniziai ad avere i primi flare up. Poi, nel 2014, mentre stavo facendo una passeggiata, si strappò il muscolo della gamba: partì il trauma, e l’infiammazione trasformò il muscolo in cellule ossee.

Quali i farmaci per contrastare? Fino a qualche anno fa, solo il cortisone poteva bloccare l’infiammazione, ma non era una certezza. Poi, nel 2017 partì una sperimentazione, che io iniziai a settembre del 2018.

Di cosa si tratta? Di un’infusione che potrebbe impedire alla proteina A di legarsi ai recettori cellulari e di formare l’ossificazione. Il Gaslini è il primo Centro mondiale della sperimentazione della casa farmaceutica Regerom. 

Hai già notato benefici? Non ho più avuto flare up. Se la sperimentazione funzionerà, non solo l’ossificazione verrà bloccata, ma potrò anche sottopormi ad un intervento per ripristinare il muscolo della gamba.

Quali altre manifestazioni sono frutto della Fop? La sordità progressiva.

Come riesci a convivere con la Fop? Da piccolo, me ne vergognavo. Mi sentivo spesso osservato. Talvolta mi trovavo a disagio. Altri bambini mi prendevano in giro. Anche alle superiori, una volta, successe. In classe, invece, sono sempre stati tutti molto attenti e cortesi con me. Sentirmi alcune attività precluse poi, non mi piaceva.

Quante volte hai dovuto fare i conti con lo sconforto? Qualche volta mi sono ritrovato a piangere e a domandarmi perché proprio a me. I miei genitori mi sono sempre stati vicini, aiutandomi a superare le crisi.

Qual è la tua autonomia oggi? Mi stanco facilmente: cammino, zoppicando, al massimo per 4/500 metri. Con la e-bike, invece, riesco a percorrere qualche km.

Dove sta la tua forza? Nel conoscere e ad accettare la malattia, con la consapevolezza che prima o poi la scienza avrebbe fatto la sua parte. Ora, confido che la nuova sperimentazione mi offra una nuova speranza e opportunità di vita.

Qual è la cosa che più ti manca? Forse, viaggiare.

Quale il tuo impegno di amministratore comunale? Grazie al sindaco Angelo Ferro, sto lavorando per creare nuove opportunità, anche in paese, per i giovani.

Le tue passioni invece? La scuola di magia che ogni anno frequento a Muzzano nel biellese.

Cosa ti diverte? Amo i giochi di parole.

Com’è Paolo oggi? È un ragazzo introverso e idealista.

Cosa manca alla società? La gentilezza e il rispetto.

Pensi che la tua storia sia un esempio? Credo di sì.

Il tuo futuro? Non lo so. Tutto può sempre cambiare in qualsiasi momento. Oggi sogno di fare Psicologia Sociale, ma mi piace anche l’informatica e la fisica, come le materie letterarie, filosofiche e anche quelle aereospaziali.

Alla gente che ti osserva oggi cosa dici? Di avere la curiosità di conoscere cos’è la Fop. È importante diffonderne la conoscenza, oltre che per contribuire alla protezione dei malati, anche per sostenere la ricerca.


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Veronica Spinoglio

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