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Pontestura, Sant'Agata: un fonte battesimale da Lucedio - Intervento di O. Musso

Sole e vento un po’ freddo venerdì 13 marzo mentre puntiamo su Pontestura ('Viaggio' eseguito al volo per promozionare prossima visita FAI, ndr), appuntamento con il vicesindaco e assessore alla cultura del comune, Gianni Pasino, per una visita della chiesa parrocchiale di Sant’Agata. Una chiesa antica e importante, da oltre un secolo inserita tra gli edifici monumentali italiani. Venne costruita nel 1248 e restaurata nel 1754, come attesta l’iscrizione (ormai quasi illeggibile) posta sulla facciata in mattoni e arenaria rifatta, come ricorda l’iscrizione in latino posta all’angolo, nel 1930. Raggiungiamo subito il presbiterio per ammirare l’antica vasca battesimale per immersione, utilizzata come mensa dell’altare. E’ stata studiata da Olimpio Musso, che ne indicava la provenienza dalla vicina abbazia di Lucedio (ma ci ha promesso ulteriore articolo). Le sue pareti sono ornate da fregi scolpiti e da una iscrizione. Nella parete anteriore: un uomo che regge un candelabro, un tridente o forse un bastone fiorito; a destra un serpente mostruoso e un intreccio; a sinistra un pesce e un cervo; nella parte retrostante una ruota a cinque raggi e una iscrizione con caratteri in uso nel Trecento: «XIIII mo / (naster)io Lo[...]ii / Frater Hen / ricus de Pa /| pia fecit / fieri vere». Il restauro interno eseguito negli anni 1913-1914 ha radicalmente modificato le caratteristiche originali della chiesa: la volta in mattoni a vista venne decorata dal pittore Francesco Chiapasco (attivo alla tomba di Don Bosco a Valsalice) e le colonne di cotto intonacate, le cui basi sono ora visibili grazie ad un recente scavo a sinistra del presbiterio. La chiesa conserva altre importati opere d’arte. In primis tre tele di Guglielmo Caccia: sulla parete destra del presbiterio San Giovanni Evangelista, nella prima cappella di sinistra l’Adorazione del Bambino coi Santi Giacomo e Stefano (1610) e in capo alla navata sinistra la Madonna del Rosario col Bambino, i Santi Domenico, Caterina, Pio V e la beata Margherita di Savoia, coi Misteri (1606). Tra i personaggi, a sinistra, l’unico con lo sguardo rivolto verso i fedeli è proprio il nostro Guglielmo Caccia. Si può aggiungere anche un quadro della scuola del “Moncalvo”, posto sulla parete sinistra del presbiterio, che raffigura la “Madonna col Bambino, i Santi Giacomo e Agata, angioletti e confratelli”, già nella chiesa di San Giacomo. Due sono invece le opere del noto pittore casalese Pier Francesco Guala: nella navata di sinistra la “Madonna col Bambino e sette vergini” (spicca al centro la bella figura di Sant’Agata), la tela è stata realizzata intorno al 1730. Poi il quadro (posteriore) raffigurante il “Martirio di S. Bartolomeo”, nella navata destra (anch’esso proveniente dalla chiesa di San Giacomo). Molto belli sempre in navata destra i due busti reliquiari femminili di Sant’Agata, patrona del paese e della compatrona Santa Carina, martire di Ancira, in Galizia, sotto il regno di Giuliano l’Apostata. Sopra un confessionale, in navata sinistra i resti di un affresco (San Giovanni Battista) del Quattrocento. L’organo Mentasti, del 1893 è stato restaurato da Gandini nel 1935. Il pulpito, in legno di noce, è datato 1738. Un grande crocefisso è appeso sul presbiterio sovrastato da un arco su cui si legge il versetto: “Soli Deo, honor et gloria” Questo l'ulteriore contributo del prof. Musso dopo la pubblicazione dell'articolo: Era lunedì 15.IX.2097, una data fatidica per me. L’amico prof. Don Luigi Calvo, parroco di S.Aurelio di Cantavenna e valente storico monferrino, mi aveva convinto a visitare la Chiesa di Sant’Agata dove giaceva indecifrato un antico fonte battesimale. Da quella data cominciò il mio interesse per la cultura monferrina e in particolare per le antiche iscrizioni. Feci conferenze e iniziai, per invito del diabolico Luigi Angelino, a collaborare con l’antico giornale “Il Monferrato”. Il lettore forse si ricorderà di alcuni miei scritti, nei quali rendevo conto delle numerose scoperte che mi avvenne di fare nel corso degli anni. Orbene, l’iscrizione di Pontestura fu la prima che studiai ed è talmente bella e significativa che potrebbe figurare come copertina di qualche libro di cultura monferrina. E scoprii, meglio decifrai, il testo fino ad allora rimasto un enigma. Il testo era stato eraso volutamente nella parte superiore. Dice: [AD MCCC] XIIII MO(NASTER)IO LO[CED]II FRATER HENRICUS D(E) PAPIA MAGISTER FECIT FIERI UERE. L’iscrizione è dunque del 1314 ed è un dono del mastro Enrico di Pavia al monastero di Lucedio. Una sorpresa Il fonte era adornato nelle quattro facce con dei simboli cristiani, dei quali fornisco qui l’inventario a beneficio dei futuri pellegrini. RUOTA: Simbolo di rigenerazione e per questo rappresentazione dell’acqua battesimale. SERPENTE: Diavolo. CERVO: Simbolo battesimale per eccellenza. Il serpente non può avvicinarsi al cervo; il demonio non può avvicinarsi alla parola del Signore. RETE: Simbolizza l’azione divina che, come i pesci, raccoglie gli uomini e i buoni li conduce al regno dei cieli e i condannati li getta all’inferno. ALBERO DELLA VITA: Proietta i suoi rami verso l’alto formando la coppa del fonte in intima relazione, dove c’è l’acqua che perdona il peccato e che apre le porte alla vita eterna. PESCE: per il suo carattere acquatico è simbolo del battesimo, nascita e rigenerazione. FIORE: genericamente è rappresentazione del centro e pertanto una immagine archetipica dell’anima. CORDA: neofita. Unione con Cristo attraverso il battesimo. Un fonte battesimale del Trecento scolpito in modo magistrale, che potrebbe candidarsi a copertina. NOTA ARCHIVIO. Articolo del 'Viaggio' in cartaceo martedì 17 marzo a pag. 17. Precedenti: su Occimiano, castello e parrocchiale (24-02) e Moncalvo (6 gennaio, pag. 19). Poi nel 2014: Camagna, Giambone, infernot, 2 dic, pag. 17; Balzola, Castello, 18 nov. pag. 19: Moleto, infernot, 14 ott. pag. 19.

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Marco Imarisio

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