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La testimonianza
Alpini casalesi all’Ortigara «Mai dimenticare la storia»
Il gruppo, con il presidente Gian Luigi Ravera, su uno dei “Monti sacri alla patria"

Da Gian Luigi Ravera, presidente della sezione Alpini di Casale Monferrato riceviamo e pubblichiamo questo contributo relativo alla loro presenza all’Ortigara di sabato 12 e domenica 13 luglio.
«La trasferta per il pellegrinaggio 2025, si è concretizzata un po’ per caso, solo 15 giorni prima non era nei miei piani. Ad assumere l’iniziativa è stato il Capogruppo di Casale Nord Roberto Moretto, il quale forte dell’emozione vissuta l’anno scorso, si dichiara desideroso di ripetere l’esperienza: “se ci fosse qualcuno tornerei volentieri per rivivere quella emozionate esperienza”. Il sondaggio però non dà risultati positivi, ma le parole di Roberto mi fanno scattare la molla “Roberto vengo io”, detto fatto e nonostante le difficoltà a trovare alloggio, riusciamo a combinare la trasferta ad Asiago; perciò, ribadisco il grazie della Sezione al Capogruppo di Casale Nord, quest’anno più che mai impegnato nell’organizzare il 50° compleanno del Gruppo, per essersi messo a disposizione come Alfiere, autista, ma soprattutto come Alpino sensibile nel concretizzare attivamente la “memoria”. Sono trascorsi 20 anni dalla mia prima salita al Monte Ortigara; uno dei “Monti Sacri alla Patria” così definito per i suoi oltre 28.000 mila morti di soldati italiani per riconquistare quelle cime che rappresentavano l’ultimo ostacolo per lo sfondamento e la conquista della vasta pianura vicentina da parte degli eserciti austro – ungarici. Il Monte Ortigara non presente difficoltà alpinistiche, la sua stessa quota, 2.105 m. slm ne è una conferma, ciò nonostante, è passato alla storia per il numero dei soldati, per la maggior parte Alpini, che sono morti per la sua difesa, ma soprattutto per la sua riconquista in quel tremendo mese di giugno del 1917, dove dal 10 al 29 si scatenò un vero inferno di fuoco. Le parole del malinconico canto “Ta – Pum” ne sono la triste conferma. Ogni volta che salgo sull’Ortigara non posso fare a meno di pensare a tutti quegli uomini che, dopo la guerra, sono tornati quassù. Non più soldati, ma padri, mariti, fratelli e vecchi compagni, con le gambe stanche e il cuore pesante. Sono tornati su queste pietraie, tra i cippi, le croci, le trincee sbrecciate e i silenzi profondi delle montagne, per ricordare chi non ce l’aveva fatta. Camminando tra quelle trincee e camminamenti, alcuni dei quali scavati nella montagna per nascondere gli spostamenti, non si può evitare di provare a calarci nella realtà del tempo, di immaginare la sofferenza dei “vivi” costretti a “calpestare i morti” per correre da una postazione all’altra per fare fronte all’avanzata del nemico. Le “caponiere” così venivano definite le postazioni delle mitragliatrici, tutte ovviamente piazzate per dominare le possibili vie di scalata alla vetta, mietevano senza pietà quei soldati che la sera prima avevano ricevuto l’ordine di tenersi pronti all’attacco; qualcuno trovava ancora la forza di scrivere un pensiero d’addio, se non una lettera da far recapitare alla mamma o alla morosa. Ogni volta che arrivo in cima, li immagino ancora lì, silenziosi, a scrutare le nuvole e a raccontarsi, tra loro e al vento, le storie dei compagni rimasti sotto la terra. Perché sull’Ortigara si sale anche per loro, per non dimenticare mai. Sulla cima dell’Ortigara lo sguardo si posa sulla colonna mozza che nel 1920 è stata posata dai reduci di quelle tragiche battaglie e sulla quale per volontà della neonata Associazione Nazionale Alpini, furono incise tre parole che sono un monito dal sapore imperativo: per non dimenticare.
Ecco il perché, nonostante le tante difficoltà sento forte il desiderio di salire l’Ortigara. Salire lassù con il desiderio di lasciare un’immagine, una testimonianza che possa sollecitare una “memoria attiva”, non belle parole che nessuno ha voglia di ascoltare o, peggio, scritti che nessuno ha più voglia di leggere, che molto spesso si giustifica con; “sono cose del passato”. Mai dimenticare la Storia, soprattutto quella degli Umani.»
Profili monferrini
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