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Monferrato on Stage
"Flegias" ci introduce nel mondo tutto metal dei Necrodeath
In concerto a Piea

Monferrato On Stage propone una serata dedicata alla musica estrema. Presso il campo di tamburello di Piea, Asti, questa sera, 25 luglio, dalle ore 21.30 si terrà la “Metal Midnight Forest”. Protagonisti i Necrodeath, band underground molto apprezzata all’estero e punto di riferimento del thrash (veloce) metal italiano.
La band, nata a Genova nel 1984, da 40 anni calca i palchi di tutto il mondo. Abbiamo incontrato il cantante “Flegias”, pseudonimo di Alberto Gaggiotti, vercellese classe 1969.
Flegias, ultimo album e ultimo tour?
Abbiamo deciso dopo 40 anni di concerti e album di chiudere con l’anno solare. Una trentina di date da gennaio a dicembre per salutare e ringraziare il nostro pubblico.
Un tour europeo che passa dal Monferrato.
Si, siamo stati in Germania, Svizzera, Polonia, Spagna, poi andremo in Francia, Belgio, Olanda e ovviamente in Italia.
E venerdì a Piea.
Si, ma il Monferrato lo conosciamo molto bene.
Come mai?
Intanto ricordo di un concerto bellissimo che abbiamo fatto al Mefisto di Lu Monferrato a fine anni Novanta e poi perché ogni volta che dobbiamo fare una riunione con il nostro staff, programmare i concerti o discutere di qualcosa, lo facciamo in qualche trattoria monferrina.
Torniamo al concerto di venerdì.
Faremo una carrellata del nostro repertorio, dagli inizi all’ultimo album, Arimortis, uscito a gennaio scorso.
Cosa deve aspettarsi chi non vi ha mai sentito?
Siamo una band di metal estremo. Volumi forti, chitarre distorte, grande potenza ed energia. Ma posso garantire che nella nostra lunga militanza, sono infinite le volte che abbiamo visto tra il pubblico famiglie e persone che non ci conoscevano, fermarci dopo il concerto e dirci di essere rimasti piacevolmente stupiti. Perché al di là della velocità e della violenza sonora, facciamo musica, con riff di chitarre e ritornelli che rimangono in testa. E poi abbiamo un ottimo feeling con il pubblico.
Si spieghi meglio
Finito il concerto rimaniamo con il pubblico a chiacchierare, molti nostri fan li conosciamo per nome.
Il metal estremo in Italia spesso finisce sui giornali non per la musica ma per polemiche legate ai testi delle canzoni o al linguaggio del corpo che esprime. E’ così anche all’estero?No, purtroppo in Italia siamo ancora svantaggiati. Ad esempio a inizio duemila ci è successo che un vescovo si mettesse di traverso per non farci suonare e ci abbiano annullato dal comune un concerto già programmato.
Perché?
Veniamo demonizzati da chi non ci conosce. Siamo persone normalissime, pensi che io non ho neanche un tatuaggio. All’estero il rock fa parte della cultura ed è considerato arte, pensi ad esempio che prima di diversi concerti siamo stati intervistati da scolaresche.
Come è cambiata la scena heavy metal in questi 40 anni?
Oggi è un altro mondo. Quando non c’era internet ci si ritrovava ai concerti e ci si scambiavano le cassette dei gruppi tra amici per farsi conoscere e conoscere nuove band. Paradossalmente si era più connessi allora di oggi, dove si è tutti vicini grazie alla rete, ma nessuno ha più il supporto di una volta. Negli anni Ottanta e Novanta prima di poter registrare un disco si doveva fare una grossa gavetta, oggi possono farlo tutti nella propria cameretta, e questo non sempre è un bene.
Martedì è morto Ozzy Osbourne, il “papà” del heavy metal. Gli dedicherete un omaggio durante il concerto?
Sì, è previsto un momento finale con tutte le band della serata, ma non posso svelare di più.
Profili monferrini
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