Dialettale a confronto: la rana e il rospo nel "ciot" (pozzanghera), a cura di Olimpio Musso
Nel Monferrato di martedì 5 gennaio 2010 a p. 16 in una zoofavola di Giordano Odalengi, intitolata "La ran-a e 'l babi", trovo il termine "ciot" nel senso di pozzanghera: La prima volta che vide un rospo, la rana esclamò: “ Mamma, che schifo! Qui andrà a finire che questa pozzanghera (s’ciot) diventerà una porcilaia (’n stabi), nella quale non ce la farò a vivere”.
A Casale non ho mai sentito questo termine. Carlo Aletto mi scrive che nella nostra capitale si dice “bula”; a Terranova, mi garantisce mia moglie Eva Demichelis, si usa “bugiaròt”, così come a Morano (Aldo Timossi mi comunica,oltre all’uso del suo paese, che a Casale Popolo si dice “puciaròt”).
A Frassinello e nei paesi limitrofi alla valle Ghenza, Cellamonte e Rosignano, mi assicura Mario Cravino, si dice “beugia”. Luciano Ravizza di Castell’Alfero mi scrive:“Per quanto riguarda la parola "pozzanghera" sicuramente il più usato nell'astigiano è "paciàss" e la mota viene chiamata "Paciarin-a". Il soprannome "Paciarin-a" veniva sovente dato a quelli che abitavano in zona paludosa.”
Il termine, oggetto dell’indagine, si usa invece a Murisengo, come mi comunica Teresio Malpassuto: “da noi si usa il termine ciòt nel senso di una pozzanghera non enorme: "in ciòt d'aqua" è un dire normale”.
Così pure a Penango, secondo Alessandro Allemano: "ciot" proprio nel senso di pozzanghera, si usa anche da noi: "ciot d'acqua", nel senso di pozzanghera, specie quella che si forma dopo un abbondante nubifragio”.
Il prof. Luigi Calvo di Cantavenna non conosce il termine, ma “da informazioni attinte risulta che a Cerrina, ma non a Cantavenna, ciot significhi piccolo buco nel terreno dove si raccoglie l'acqua piovana.”
Dalle indagini di Aldo Timossi risulta che “si usa ancora dire "ciot" nella zona di Brusasco-Cavagnolo, "'n ciot d' eva".” Da queste ultime testimonianze con ciot, laddove si usa, s’ intende un ciot d’acqua, cioè una pozzanghera. Ma che cos’è propriamente un ciot?
A indicarmi la strada per risolvere il problema è stato il vocabolo friulano “ciôt, ciòut”, che, come mi comunica il prof. Giancarlo Boccotti, significa “porcile, ma soprattutto in montagna può indicare anche una stalluccia, uno stabbiolo dove tenere le pecore o le capre. In val Raccolana e in val di Dogna (verso Tarvisio) può indicare anche borgatella o casale (ciout dai umign = casale degli uomini ). Originariamente la parola, perciò, significava recinto.
Da dove deriva, ci chiediamo a questo punto, il vocabolo? Il toscano chiostro ci indirizza verso una derivazione latina. Il prof. Meris Mezzedimi di Colle di Val d’Elsa (Siena) ha interpellato la signora Maria Raffaella Lambardi di Montalcino, la quale gli ha confermato in base a suoi ricordi d'infanzia, avendolo udito con le proprie orecchie, quanto segue: "Chiostro: terminologia già usata nella vecchia tradizione contadina per indicare recinto di animali.” Tale accezione si ritrova in pisano, in amiatino e in altri dialetti toscani. Altrove (ad esempio a Colle, dove chi scrive risiede felicemente) il porcile viene indicato col termine “castro”. Dobbiamo concludere che la madre del termine è la lingua latina. Infatti con claustrum si indica il recinto per animali. Ciot e chiostro derivano dalla forma clostrum, castro deriva dalla primitiva forma claustrum. Il ciot piemontese si è specializzato nel senso di un recinto d’acqua, una pozzanghera. La rana ha paura che il rospo intorbidi l’acqua e gli renda la vita impossibile. In inglese pozzanghera si dice puddle e il verbo to puddle vuol dire rendere fangoso.
Nell’Otello Shakespeare (Atto III sc.4 vv.135-8 ) pare esprimere la preoccupazione della rana della favola monferrina: Something sure of state, /either from Venice or some unhatch’d practice /made demonstrable here in Cyprus to him,/hath puddled his clear spirit (Di certo qualche affare di Stato,da Venezia o qualche complotto non maturato ancora reso manifesto a lui qui in Cipro, ha intorbidato il suo [di Otello] chiaro spirito).
Olimpio Musso
Disegno di Laura Rossi (rana e rospo un po' mimetizzati)