Articolo »

Fuori dal processo Eternit 640 vittime dell'Eternit?

Seicentoquaranta vittime dell’Eternit fuori dal processo in corso a Torino? Lo ha chiesto l’avvocato Cesare Zaccone, difensore del barone Louis de Cartier de la Marchienne, imputato con lo svizzero Stephan Schmidheiny di omissione dolosa di misura antifortunistiche e di disastro doloso permanente. Ieri, alla 34ª udienza, la prima del 2011 sono sfilati due consulenti della difesa - uno per il belga e uno per lo svizzero - e una per le parti civili. E l’avv. Zaccone - in via preliminare - ha chiesto appunto che siano depennati dagli elenchi del procedimento tutti i nominativi dei lavoratori che hanno cessato di lavorare all’Eternit prima del 27 giugno 1966, data dalla quale secondo la riformulazione del capo d’accusa si apre il capitolo Eternit per quanto riguarda i due imputati del processo di Torino. Zaccone ha chiesto anche di escludere dal processo tutte le parti civili che sono riconducibili al periodo ante-1966, ritenendo che riguardando fatti anteriori alla chiamata di responsabilità del suo assistito non abbiano alcun titolo per avanzare pretese di sorta. Sarebbero 303 delle 640 vittime suddette - secondo il legale del belga - a cui andrebbero aggiunte altre 31 parti civili non elencate nei fascoli della Procura (29 riconducibili a ex lavoratori Eternit e 2 di ditte esterne). Il legale ha poi consegnato un elenco di nominativi e date. Nell’ultima udienza prima della pausa di fine anno la Procura aveva infatti riformulato il capo di imputazione spostando la data da quella originariamente individuata (il 1952) al 27 giugno 1966, che coincide con l’entrata in scena - appunto - del barone belga de Cartier. «E se fossero cittadini?» Nessuna considerazione in merito da parte del pm Raffaele Guariniello che si è riservato di fare le proprie valutazioni alla fine del procedimento: «Quello che abbiamo fatto era puntualizzare i periodi attribuibili agli imputati, quali siano le conseguenze lo vedremo all’esito del dibattimento», mentre l’avvocato Sergio Bonetto, in aula come difensore delle vittime ha sostenuto che il primo passaggio sarebbe ottenere l’elenco e valutarlo per capire se «le costituzioni erano intervenute al solo rapporto di lavoro o anche al danno ambientale». Una idea che ha attraversato nello stesso istante i pensieri di molti fra i casalesi giunti a Torino numerosi, ieri, per la ripresa delle udienze. Il tribunale deciderà Stessa valutazione - ovviamente - da parte del tribunale che ha posto il dubbio che «le persone interessate possano essere danneggiate come cittadini», evidenziando così che tra le migliaia di vittime causate a Casale e nelle altre località dall’amianto disperso nell’ambiente dall’Eternit ci sono anche tante persone che all’Eternit non ci hanno mai messo piede. Entro la prossima udienza, ha detto il presidente del tribunale Giuseppe Casalbore, si farà un approfondimento, ma da quel che è parso di capire la questione appare abbastanza ininfluente dal punto di vista penale, in quanto - ha chiarito il magistrato - non si discutono questioni individuali: «Le persone offese non è che facciano parte del capo di imputazione, non sono stati contestati casi singoli, ma una moltitudine di casi sotto l’aspetto del disastro». Se si trattasse di accuse di omicidio colposo sarebbe diverso, ma qui il reato contestato è - appunto - il disastro. Per le parti civili, ha invece chiarito Casalbore, il discorso è diverso, in quanto sarebbero a questo punto costituite nel processo penale «senza alcuna legittimazione, neppure a prendere la parola...». Sembra dunque di capire che si tratterà di appurare se le patologie siano ascrivibili in modo inequivocabile a un periodo estraneo al capo di imputazione oppure no. Una verifica a cui non ha fatto cenno la difesa degli imputati che ha invece chiesto di cancellare d’ufficio - ipso facto - 640 dei 2889 nominativi che rientrano nel capo d’imputazione. Difesa che finora - del resto - ha cercato di limitare con tutti i mezzi il numero delle parti civili nel processo, chiedendo in fase preliminare che non fossero ammesse, affermando attraverso i propri consulenti che i casi di danno alla salute riconducibili alla presenza dell’amianto negli stabilimenti e nell’ambiente siano infintamente meno di quanto affermano i testimoni e la pubblica accusa. Il commento delle vittime «È ovvio che chi è morto prima del 1966 non potrà ottenere risposte da questo processo, in quanto i precedenti responsabili dell’Eternit sono già morti e quindi non si può perseguire nessuno», dice Bruno Pesce, coordinatore del Comitato vertenza amianto. Ma per chi è stato ucciso dall’amianto dell’Eternit in seguito, anche a causa di una esposizione che - purtroppo - è continuata anche dopo la cessazione dell’attività?, chiede Pesce. «Secondo quanto abbiamo appreso in aula dalla nostra consulente, Bice Fubini, sentita proprio ieri, il fatto stesso di continuare a essere esposti all’amianto accelera non solo il decorso della malattia ma contribuisce a provocarla. «E ciò mi pare che contribuisca in modo molto chiaro a mettere in risalto la responsabilità di entrambi gli imputati per l’intero periodo, anche se entrambi gli imputati tentato di dimostrare che la causa del disastro va ricercata prima del loro avvento». E Pesce prevede che i due imputati «punteranno il tutto per tutto nel cercare di rendere meno credibili i dati Inail, le indagini epidemiologiche e diagnosi a corredo delle parti civili». Per dire che tutti i morti ammazzati dall’asbesto sono niente più che una bufala?

Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Monica Quirino

Monica Quirino
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!