L'amianto causa anche il tumore alla laringe e all'ovaio. In aula il consulente della difesa Schmidheiny contesta i numeri delle patologie
di Massimiliano Francia
L’amianto uccide, ma se non c’è una documentazione clinica inequivocabile i morti non possono essere attribuiti all’inquinamento provocato da Eternit e - quindi - non contano nulla.
Sembra questa - di fatto - la strategia che intende seguire la difesa di Stephan Schmidheiny che ha presentato oggi, lunedì, un proprio consulente - Canzio Romano, professore associato di Medicina del Lavoro all’Università di Torino - che ha subito fatto capire qual è la musica che intende suonare lo svizzero milionario e contumace nella maxiaula di Torino, imputato con il barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de la Marchienne nel processo Eternit di Torino con le imputazioni di disastro doloso permanente e inosservanza delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Se non c’è una documentazione completa e incontrovertibile non solo dunque (è implicito) non si deve cacciare un euro di risarcimento, ma - ritiene il consulente della difesa - bisogna anche rivedere tutte le statistiche, le percentuali, gli studi epidemiologici.
I lavoratori del resto questa esperienza l’avevano già fatta in fabbrica, quando facevano le visite di controllo e si sentivano dire: «Hai un po’ di bronchite, non fumare...».
Eh, sì, se Eternit aveva qualcosa di speciale era quella di eludere i problemi, sgusciare dalle responsabilità, negare l’evidenza.
A sentire il consulente della difesa i casi di mesotelioma accettabili a livello statistico sarebbero - fra gli umoni - più o meno un quinto, il 21%, vale a dire quelli effettuati con determinate metodologie diagnostiche oggi ritenute maggiorente attendibili (immunoistochimica). Esagerando il 33%, quelli certificati con esame istologico.
Poco conta se il registro nazionale mesotelioma non fonda i propri criteri di ammissibilità in base alle attese degli imputati. Secondo il consulente è il registro stesso a essere fuori strada...
E tutti gli altri che sono morti soffrendo terribilmente, che hanno dovuto farsi trafiggere il costato più volte per farsi togliere l’acqua dai polmoni?
Secondo la difesa poteva essere una metastasi di qualche altro cancro...
La parola chiave è «chissà», parola che si dovrebbe tradurre secondo gli intendimenti della difesa di Schmidheiny - in insufficienza di prove.
Inadeguate le classificazioni degli enti assicurativi, come l’INAIL - ha detto Romano - così come i certificati di morte.
Per la difesa è una caccia alla insufficienza documentale, al difetto formale, alla dizione non rigorosa o non del tutto univoca, alle contraddizioni che possono saltare fuori studiando minuziosamente i documenti.
Transazione a doppio taglio?
Sorge il sospetto che i risarcimenti stragiudiziali della transazione proposta da Schmidheiny siano serviti anche a quello, a raccogliere documentazione, a scremare i casi e a trattenere i fascicoli di tutti coloro che non sono in grado di dimostrare inequivocabilmente di essere stati uccisi dall’amianto, da un lato quindi a liquidare con una cifra irrisoria i casi più insidiosi, dall’altro a fare istruttoria sui punti deboli di quanti pur essendo stati danneggiati possono aver difficoltà a dimostrare di essersi ammalati per l’amianto sparso per tutto il monferrato dall’Eternit.
Una nuova offesa
Una nuova offesa a quanti hanno perso la vita per la fibra assassina e a quanti la perderanno in futuro.
Perché - ha detto Romano - «quando le diagnosi diventano più precise i casi di mesotelioma dimuniscono». Non si capisce bene a chi si cosa di riferisse, forse ai lavoratori Eternit, di Casale, ormai scomparsi per il 70%? Non certo ai casi di cittadini colpiti e al numero assoluto di mesoteliomi che - a parte il 2010, forse - hanno mostrato negli ultimi anni un trend via via crescente, arrivando a superare i 50 casi l’anno.
La polemica
La relazione di Romano si è aperta in modo polemico con un botta e risposta che sembrava studiato a tavolino con l’avvocato Astolfo Di Amato per affermare di non essere in grado di svolgere la propria consulenza, in quanto nel corso delle precedenti relazioni erano emersi nuovi dati che richiedevano «da tre a sei mesi per essere valutati».
Di lì la richiesta di rinviare l’audizione di 90 giorni, respinta dal tribunale che aveva già risposto con una ordinanza scritta alle istanze della difesa presentate appena prima con le stesse motivazioni e proprio per rinviare l’esame dei consulenti.
E anche il pm Raffaele Guariniello ha osservato che nulla vietava ai consulenti della difesa di acquisire autonomamente i dati e fare le proprie valutazioni, così come è stato fatto dall’accusa.
«Se non avete domande da rivolgere al consulente possiamo liberarlo» ha tagliato corto a un certo punto il presidente del Tribunale Giuseppe Casalbore, ribadendo che la difesa non può pretendere di conoscere anticipatamente i dati e le conclusioni dei consulenti della Procura, organizzando di fatto delle relazioni non sui capitoli di prova ma mirate a demolire le relazioni degli altri tecnici.
Ed è apparso chiaro che lo scopo di Romano era proprio quello, prima attaccando il metodo di lavoro degli altri epidemiologi per dimostrarne la scarsa validità, prendendo ad esempio alcuni casi di lavoratori e affermando poi che le diagnosi sarebbero incerte.
Una critica probabilmente attesa, vito che il professor
Pietro Comba, direttore di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto superiore di Sanità e consulente della Procura aveva sostenuto che i due errori - quello di non diagnosticare casi di mesotelioma effettivi o di attribuire tale patologia a pazienti che hanno altri tipi di problemi - entrambi possibili - «sui grandi numeri si elidono» vicendevolmente.
E dalla relazione di Comba, svolta a due voci con il professor Massimo Menegozzo, docente alla Seconda Università di Napoli di Medicina del Lavoro responsabile dal 2003 del registro mesoteliomi della Campania è emerso non solo il ruolo dell’amianto nel favorire lo sviluppo del tumore alla pleura e al peritoneo, ma anche del tumore al polmone, della laringe e dell’ovaio.
I due consulenti della Procura hanno svolto una ricerca epidemiologica su 2.336 ex lavoratori dell’Eternit di Bagnoli.
Tant’è che nel 49% dei deceduti si riscontrano patologie correlate all’amianto.
A fugare qualunque dubbio relativo ai livelli di esposizione secondo gli epidemiologi ci sarebbe proprio l’alta incidenza di asbesosi (402 casi, pari al 17,20%).
Le patologie sono più numerose per gli anni in cui sono stati assunti più lavoratori, ovviamente, ma quel che emerge è che confrontando il 1949 e il 1969 non c’è una riduzione sensibili di patologie, a riprova che il quadro ambientale degli stabilimenti napoletani non era migliorato con il tempo.
1700 tumori l’anno
Proprio il 1969 è stata indicata da Benedetto Terracini (torinese, professore di epidemiologia dei tumori e poi di Statistica medica all’Università di Torino, consulente della Regione Piemonte) come una data cruciale, anno in cui la Gran Bretagna aveva adottato una normativa di sicurezza più severa.
Gli esposti dopo tale data svilupparono un numero molto più contenuto di patologie.
«Se si fossero adottate altrove ci sarebbero stato lo stesso risultato», ma Eternit - aveva ricordato proprio lo studioso americano Barry Castleman - osteggiava persino - sui propri prodotti - una blanda etichettatura che avvertisse sia pur genericamente
della potenziale pericolosità.
E così in Italia, dove si registrano circa 900 mesoteliomi l’anno, e 7-800 tumori al polmone causati dall’amianto, oltre a qualche centinaio di asbestosi, in Italia dove le bonifiche di questo passo saranno concluse non prima del 2050-2060, si continuerà a morire di amianto fino al 2100, anche se dopo il 2025 sicuramente l’epidemia di tumori pleurici è destinata a diminuire.
I geni non c’entrano
E anche Terracini che ha rigettato la tesi secondo cui morirebbero di mesotelioma solo coloro che hanno una predisposizione genetica (come dire: colpa della natura, tutti innocenti, l’inquinamento e l’esposizione non c’entrano) è tornato a sottolineare che l’amianto provoca anche altri tumori, come quello dell’ovaio che tra e lavoratrici Eternit colpì quasi tre volte più di quanto ci si sarebbe potuti attendere, se non ci fosse stata nell’aria quella fibra maledetta.