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Viaggio nel paese dei Bergoglio

Siamo a Cortiglione, frazione di Robella per una iniziativa singolare: promossa dal 19 al 21 novembre, un pellegrinaggio a Roma con udienza papale mercoledì 20. Questo perchè nel paese sono tuttora presenti 24 persone con il nome Bergoglio, avi del Pontefice dalla sesta generazione. Citiamo da La Grande Famiglia tutto parte in epoca napoleonica da Domenico Bergoglio coniugato con Maria Emanuel entrambi di Robella, da loro nasce Francesco Carlo (n. 1816), da lui Giuseppe (di Schierano), poi Francesco (n. 1857) di Montechiaro e da lui Giovanni Angelo (n. 1884, Portacomaro, bricco Marmorito, con il cui Comitato, attivissimo, si dovrebbe fare gemellaggio) nonno del Papa. Aggiungiamo che promotori del pellegrinaggio (''siamo a quota tre pullman che partiranno il 19 novembre'') sono Aldo Bergoglio di Cortiglione e Chiara Bergoglio di Robella. Parteciperanno alla trasferta romana il vicario diocesano mons. Antonio Gennaro, nato proprio a Cortiglione e il sindaco Giuseppe Turino, originario di San Candido di Murisengo, da 40 anni abitante nella vicina Robella: “Porterò al Pontefice prodotti della nostra terra e la documentazione delle sue origini” (cui abbiamo messo al lavoro in Diocesi l'amico Mario Cravino, ndr). Torniamo a Cortiglione, parcheggio di fronte a una villa in costruzione, salita che ci permette di ammirare la grande costruzione della parrocchia e la vicina casa parrocchiale ad archi. Ci aspetta in chiesa don Mario Devecchi, 82 anni, originario di Casale, i genitori avevano un negozio di alimentari, tra via Leardi e via Mellana, ma la famiglia proviene dalla Lomellina. Ammiriamo subito un pezzo prezioso: il paliotto adattato al nuovo altare (v. articolo a fianco). Dietro l’altare maggiore è raffigurato il “Martirio di Sant’Eusebio”, nelle cappelle laterali una statua lignea settecentesca della Madonna del Rosario (priva dei Misteri, rubati) e due tele seicentesche con la “Deposizione dalla croce” (restaurata, si legge, col contributo “della famiglia Gennaro a ricordo della cara Lidia 1995”) e la “Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Caterina” con la Battaglia di Lepanto sullo sfondo. Ammiriamo anche l’affresco della Fede nei 5 continenti di Luigi Morgari. Lasciamo Cortiglione per raggiungere Robella da una strada panoramica (il posto migliore è un po’ rovinato da un ripetitore), fino alla chiesa del cimitero indicata dalla segnaletica come San Francesco “costruita nel 1700 con altare ligneo dell’epoca”. Da ritornare . Parrocchiale di S. Eusebio Quando il vescovo Eusebio, tra il 356 e il 361 d.C., ormai lontano da Vercelli perché mandato in esilio in Palestina dall’imperatore Costanzo II, inviava lettere ai suoi fedeli, erano già presenti comunità cristiane a Novara, Ivrea e Tortona, oltreché ad Industria, l’antica colonia romana fondata tra il 124 e il 123 a.C. dal console Marco Fulvio Flacco e compresa nella IX regio augustea. Era un segno evidente della diffusione della dottrina cristiana anche nelle città romane, i cui abitanti si stavano raccogliendo in nuclei sparsi sul territorio intorno ad un edificio religioso, la pieve che mantenne il nome, pur modificato in San Giovanni di Lustria (o Dustria), sorta lungo un’antica via di pellegrinaggio e prima del Mille dipendente dalla diocesi di Vercelli. Poi l’abitato si spostò sul colle vicino dove venne costruita la nuova parrocchiale di Monteu da Po. Intorno alla metà del 1200 la comunità di Cortiglione, smembrata da Industria, era elevata a sede di pieve con un vasto territorio comprendente sedici chiese e il pievano era il parroco di tutta la comunità. A partire dal primo decennio del Seicento la chiesa dedicata a San Giacomo apostolo di Robella diventava l’unica parrocchiale, ma a distanza di un secolo, Cortiglione tornava a essere autonoma come parrocchia soggetta prima alla diocesi di Vercelli, poi in epoca napoleonica a quella di Asti e infine dal 1817 alla diocesi di Casale, a cui tuttora appartiene. La chiesa attuale è dedicata a Sant’Eusebio. Sorta nel Seicento e rimaneggiata nei secoli (la volta è stata ricostruita dopo il crollo del 1965) sorge sulla sommità della collina ben visibile per l’alto campanile a bulbo. La facciata è mossa da quattro alte colonne che inquadrano il grande portone di legno intagliato e la soprastante finestra trilobata. All’interno le decorazioni sono state realizzate da Luigi Morgari (Torino, 1º gennaio 1857 – 1º gennaio 1935, figlio di Paolo Emilio e nipote di Rodolfo). L’altare maggiore in stucco è ornato da uno splendido paliotto attribuito a Francesco Solari (1730-1750 circa), al centro la figura di Sant’Eusebio col pastorale e la palma del martirio, attorno a cui si struttura un “vivace svolgersi di nastri e racemi, affollati da un ricco repertorio di uccelli, insetti e fiori”, come ricorda Elena Di Majo nel recente libro sui Paliotti, che a proposito delle scagliole realizzate tra gli anni Trenta e Sessanta del Settecento aggiunge: “i nastri bianchi, che talvolta danno origine a rami o fiori, assumono un’apparenza ambigua fra un bindello leggero e un elemento rigido, quasi una struttura in ferro battuto su cui posar cesti di frutta e vasi e appendere baldacchini…”. Talvolta l’uso della scagliola non si limitava ai paliotti, ma questa raffinata tecnica veniva estesa ad altri arredi, come la balaustra del presbiterio e le porte che conducono al coro e al pulpito.

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Salvina De Grandi

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