Riduciamo il numero delle DOC e chiamiamo i vini come i territori
Una revisione delle Doc piemontesi e l’invito ad anteporre il nome del territorio di produzione a quello del vitigno. Sono le proposte che il Comitato per il Cinquantenario della DOC, coordinato da Andrea Desana, ha fatto durante l’incontro di Anteprima Vendemmia, venerdì scorso a Cascina Cuccagna a Milano.
«Dopo un anno di festeggiamenti per l’anniversario - commenta Desana - con la realizzazione di un libro e di uno spettacolo, nonché delle numerose presentazioni, ci siamo chiesti se proseguire con una riflessione sulle Denominazioni d’Origine stimolati anche dagli incontri che abbiamo avuto nell’arco di questi dodici mesi con esperti, produttori, tecnici del mondo del vino».
Prima di tutto «è venuto il tempo di una revisione delle DOC in Piemonte, la regione che è sempre stata in prima linea su questo fronte e dove è partita la legge sulle Denominazioni. Oggi in Piemonte ci sono 16 DOCG e 42 DOC. Noi vorremo ridurle a 23 cercando di unificare le tipologie suddivise in spumanti, bianchi, rossi e aromatici. Una piccola rivoluzione che da un lato vuole semplificare e dall’altro valorizzare il prodotto senza togliere a nessuno la propria individualità. La DOC garantisce l’origine ed è prima di tutto un elemento di comunicazione e di immagine. Ma deve essere il marketing a fare la DOC in quanto non è un problema solo dei produttori ma coinvolge consumatori, esercenti, ristoratori, enotecari...».
Il Comitato del Cinquantenario proprone una riforma che si basa sulla suddivisione delle attuali DOC in quattro fasce commerciali: vini premium di interesse internazionale; vini di interesse nazionale; vini terroir di fascia domestica (regionale); vini da collezione, di misura limitata ma radicati nel tempo.
Ma la proposta più rivoluzionaria è quella dell’etichetta: «Dobbiamo identificare il vino con il territorio, anteponendo il nome dell’area di produzione a quella del vitigno». Ad esempio il Barbera del Monferrato si dovrà chiamare Monferrato Barbera, il Grignolino del Monferrato sarà Monferrato Grignolino: «Non vogliamo assolutamente che il nome del vitigno con tutte le specifiche scompaia, ma dobbiamo valorizzare il luogo di produzione». Come succede ad esempio in Francia dove, a livello di mercato, si conoscono i Borgogna, i Bordeaux...
Ma questo non è tutto. Desana fa anche una proposta diretta al nostro territorio: «Ne ho parlato già al convegno sul Grignolino al Castello: il nostro vino bandiera merita una maggiore attenzione. Dobbiamo capire che non è solo una questione che riguarda il settore vitivinicolo ma coinvolge tutta la società. Bisogna formare un gruppo di lavoro per la promozione e valorizzazione del Grignolino che faccia capo soprattutto ai Comuni in primis Casale e tutte le amministrazioni dei paesi dove si produce questo vino. A questo tavolo di lavoro devono far parte le cantine sociali, l’enoteca, le organizzazioni agricole... tutti chiamati a studiare le migliori forme di valorizzazione del Grignolino non solo inteso come vino ma come rappresentante del territorio».
Una proposta che ben si inserisce nella scelta di cambiare il nome della denominazione del vino: con Monferrato Grignolino sull’etichetta c’è la specificità del vino ma l’identificazione è quella del territorio.