Accoltellò imbianchino per gelosia
Albanese condannato a 42 mesi
La coltellata inferta non avrebbe potuto uccidere. Queste in sintesi le conclusioni alle quali è giunto il dottor Vittorio Marchesotti di Alessandria, il medico legale incaricato della perizia nel procedimento penale a carico di Dritan Qafa, 33 anni, via Papa Sisto, l'albanese accusato del tentato omicidio di un imbianchino casalese, Antonio Libranti, 36 anni, viale Marchino, raggiunto da un fendente tra la nona e la decima costola. Qafa aveva agito per questioni di gelosia. «Disturbava i miei famigliari», si era giustificato dopo l'arresto. Il fatto era avvenuto in via Candido Poggio verso le 18,30 del 4 ottobre 2006. A bordo della sua autovettura, Libranti si era fermato sotto l'abitazione della famiglia albanese: l'imbianchino aveva conosciuto la moglie e i figli durante il periodo in cui Dritan Qafa aveva dovuto far ritorno in patria e aveva cominciato a frequentarli.
L'extracomunitario quando si era ricongiunto alla sua famiglia in Italia aveva appreso di questa nuova amicizia. Rapporto che a quanto pare Antonio Libranti aveva continuato a coltivare anche dopo il ritorno di Qafa. Ma con l'andar del tempo l'albanese aveva cominciato a non vedere di buon occhio questa «invadenza» nel menage famigliare. Così quando quel tardo pomeriggio di un anno fa l'imbianchino si era fermato sotto casa sua e i figli di Qafa, riconoscendo l'auto, si erano affacciati dalla finestra a salutarlo, l'extracomunitario non ci aveva più visto e, di corsa, era sceso in strada portando con sè un coltello da cucina. Invece di chiarirsi, tra i due era scoppiata una lite; a questo punto Qafa colpiva all'addome il rivale, il quale, benchè ferito, si allontanava. Dritan Qafa veniva bloccato poco dopo nell'androne di casa ma reagiva in modo violento ai poliziotti, facendo resistenza e scalciando l'auto di servizio.
Anche in Commissariato continuava a dare in escandescenza. Mentre Qafa veniva arrestato, il ferito era prelevato nella sua abitazione dai poliziotti e accompagnato in ospedale, dove veniva ricoverato con una prognosi di trenta giorni. Giovedì l'ultimo atto del processo, davanti al Tribunale collegiale con la relazione del perito e la discussione. Al termine della sua requisitoria il p.m. Marangelli ha chiesto la condanna dell'imputato a 8 anni di reclusione.
Il collegio giudicante ha derubricato l'accusa di tentato omicidio in quella di lesioni volontarie aggravate e ha condannato Dritan Qafa a 3 anni 6 mesi di reclusione riconoscendolo colpevole di tutti i reati con esclusione delle ingiurie per mancanza di querela. Condanna che l'albanese dovrà scontare in carcere.