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Polvere e nessuna informazione sul rischio amianto: «Sapevamo solo che si moriva con l'affanno». Lunedì chiamati a deporre Bassolino e il sindaco di Napoli Iervolino

Sollevavano e poi svuotavano con le mani 60-80 sacchi di amianto per ogni turno di lavoro, prendendolo con le mani e buttandolo nella «sfilacciatrice» perché «l’amianto blé» (come hanno chiamato la crocidolite, l’amianto più nocivo di tutti) arrivava nei sacchi ed era un blocco unico e bisognava scompattarlo e poi mandarlo alle tramogge per il peso. È il racconto di due operai di Bagnoli (quartiere di Napoli, non Comune) dove aveva sede con la superficie più estesa, 157mila metri quadrati, d’Italia. Luigi Falco, nato a Napoli 65 anni fa e Bruno Carlevaris, 68 anni, hanno lavorato entrambi a lungo all’Eternit ed entrambi convivono oggi con l’asbestosi. Falco è entrato nello stabilimento nel 1969. Già suo padre ci aveva lavorato ed era morto di asbestosi nel 1965. E il suo destino all’Eternit è stato segnato proprio da quel lutto perché quando ha accompagnato la madre in fabbrica per ritirare la liquidazione del marito gli hanno detto: «Ci dispiace... sapete... questo e quest’altro... ma non fate confusione... alla prima assunzione facciamo entrare suo figlio...» «A Napoli - ha continuato Falco - il lavoro ci manca sempre e certe cose a 20 anni non si capivano...». «Tutto questo per evitare una denuncia?», gli ha chiesto il magistrato. «Sì... perché si cominciava a parlare. La malattia dell’amianto si conosceva già, nel 1961-62. Loro lo sapevano che faceva male...», ha aggiunto l’ex operaio, che ha poi continuato a lavorare all’Eternit fino alla chiusura, nel 1985. Il reparto punizione I sacchi arrivavano con il treno fin dentro lo stabilimento. Venivano caricati su bancali e finivano all’«Amianto», che era un «reparto-punizione». Lavoro faticoso, in mezzo a una pazzesca, dove c’erano anche anche le molazze, e non c’erano finestre. «Se uno faceva una discussione con un caporeparto, finiva 15 giorni all’“Amianto” perché era un posto che nessuno ci voleva stare, e perché in ultimo si è saputo che l’amianto portava malattie....». Come a Casale dove i sindacalisti finivano al «Cremlino», il reparto più polveroso, buio e malsano di tutti. Mascherine da nulla Si usavano «mascherine da nulla, ma poi scarseggiavano anche quelle». I tumori c'erano ma non se en parlava: «Sapevamo solo che si moriva con l’affanno...». Da Eternit mai nessuna informazioni sui rischi e sulle malattie causate dall’amianto. «Come il vulcano d’Islanda...» Le pulizie, nel piazzale, nello stabilimento, si facevano con la spazzatrice. Dove non arrivava la spazzatrice si faceva con scopa e paletta, e carriola o per incrostazioni delle macchine con mazzetta e scalpello. Il momento critico era lo svuotamento del serbatoio di raccolta che si azionava a mano e quando il materiale usciva e «cascava giù... ha presente il vulcano dell’Islanda? Era peggio...!», ha raccontato Falco. Le pulizie - ha spiegato Carlevaris - erano particolarmente accurate quando si sapeva che doveva venire qualcuno in azienda, compratori, oppure qualche visita medica, ma anche - una volta - in occasione del sopralluogo degli ispettori del lavoro. «Quindi l’azienda sapeva prima che dovevano venire...», ha dedotto il magistrato. «Sì, lo sapeva...». I feltri venduti al chilo Dove finisse il materiale di scarto non si sa, ma per quanto riguarda i feltri (teli utilizzati sulle macchine intrisi di polverino) invece venivano regalati o venduti un tanto al chilo, 35-50 lire... A Napoli li utilizzavano per fare dei ripari per gli attrezzi «perché anche se veniva il diluvio universale lì sotto non ti bagnavi». Vendite che mai nessuno ha proibito e che continuarono fino all’ultimo Gli abiti pieni di polvere e la polvere al settimo piano «Quando tornavo dopo il lavoro mia moglie mi vedeva arrivare e diceva “arriva o sozzusu”», ha detto Carlevaris alludendo alla tuta sporca di polvere. Abitava a 300 metri dallo stabilimento al settimo piano. «E anche lì un po’ di polvere c’era...». Molti che vivevano nei dintorni dello stabilimento - ha detto - sono morti di mesotelioma e una donna che non aveva mai lavorato all’Eternit ha avuto l’asbestosi. Dall'alto: le deposizioni di Falco e di Carlevaris

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Monica Quirino

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