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  • 15 febbraio 2009
  • Casale Monferrato

Dalla raccolta di proverbi monferrini: Mangiare il cuore ai nemici...

Rileggendo i “Proverbi Monferrini” di Agostino Della Sala Spada (1901) alla ricerca di termini rari e strani per quella che sta diventando quasi una collana, mi sono imbattuto in un modo di dire che lì per lì mi ha stupito non poco. A p.124 leggo infatti: “Tanc at laudu da dvan, c’at mangrèissu ‘l coeur” («Tanti ti lodano davanti che ti mangerebbero il cuore»). Non avevo mai sentito una tale espressione in ambito monferrino e mi è sembrata un po’ cannibalesca. Essa stupì anche Alessandro Allemano, al quale avevo chiesto una valutazione (“mi sembra un po’ troppo cruda per la sensibilità monferrina”), ma non Teresio Malpassuto, che mi scrive: “Il proverbio non ha nulla di cannibalesco, perché le espressioni di rabbia e di minaccia erano forti: at ranch al bueli, at mang la fritüra e uno, forse meno spettacolare ma sempre sulle labbra, era “at taj al bali”. Non far passare i monferrini per brava gente: non lo sono o, per lo meno, non lo erano. Un tempo se alla festa di un paese non ci scappavano le botte, che festa era? La sera si riunivano a bere in osteria,poi decidevano di andare a picchiare quelli di un paese vicino e si partiva e si andava: darle o prendersele tutto andava bene. Era tutta una vita violenta e, credimi, non erano angioletti”. In Toscana è attestato un antico proverbio dello stesso tenore, anche se ingentilito dalla formulazione in versi: Tal ti fa il bellin bellino,che ti mangerebbe il core (p.430 del Dizionario dei proverbi, UTET, 2004). Da dove avranno preso i nostri antenati un tal proverbio? La tradizione a cui si riallaccia risale molto indietro nel tempo ed è tipica delle civiltà guerriere. Nel Medioevo era espressione comune quella di strappare il cuore al nemico. Si veda “La morte di re Artù”, XXXVII (Battaglia di Salisbury: la carneficina) : “Ciascuno s’affrettava a vendicare la morte del compagno; s’odiavano sì forte che non ve n’era uno che non si augurasse di poter strappare al nemico il cuore dalla mammella ”. Ma anche in epoca moderna essa ricorre frequentemente presso le più svariate popolazioni. Ad esempio in una pièce teatrale del 1866 del finlandese Aleksis Kivi (1834-1872 ), Gita birresca a Schleusingen (Olviretki Schleusingenissä), nell’atto IV leggiamo: “ringrazia che sei adesso una vuota immagine di nebbia; se fossi ancora carne e ossa strapperei il tuo cuore dal tuo petto, te lo giuro con la mia anima di eroe onesto” (trad.di Carola Soderholm). Financo nei romanzi di fine Ottocento troviamo questa espressione. Ad esempio, in J. Conrad, Cuore di tenebra ( Heart of Darkness: 1898-9), leggiamo : “Oh, but I will wring your heart yet” he cried at the invisible wilderness. ( «Oh, ma ti strapperò ugualmente il cuore!» gridò all’ invisibile terra selvaggia ). Strappare non vuol dire però anche mangiare, come è invece nel nostro proverbio. Si minacciava per lo più di mangiare “la fritüra” del nemico (come nel detto monferrino citato dal Malpassuto) o il fegato (come si trova in Catalogna: “menjar se els fetges d’algú”,nel significato di “ tenir-li un odi mortal”). Nel cuore stava la sorgente della vita,come si credeva fin dalla remota antichità. Geb,dio della terra e principe degli dèi, diceva : « Mio diletto figlio, ( ……….. ) re Tutankhamon [1354-1345 ca.], il tuo cuore è nel corpo per l’eternità!» (H.Carter, La scoperta della tomba di Tutankhamon, 2005,p.202: scritte su lamine d’oro). Tanto la sopravvivenza che la vita sono impensabili senza il cuore. Gli imbalsamatori, che sottraggono al corpo la maggior parte dei visceri, lasciano il cuore al suo posto nella mummia; per maggior sicurezza, il Libro dei morti contiene delle formule che rendono al defunto il proprio cuore,nell’aldilà”. Cap. XXX : “ O cuore della mia essenza più intima! Non volgerti contro di me come testimonio davanti al tribunale. Perché tu sei il dio che è nel mio corpo, il creatore che fa vivere le mie membra! ” (Dizionario della civiltà egizia, 1961, p. 109). Ora, nei miei studi sulle lingue paleomediterranee, ho scoperto che il termine greco indicante la vita,bios, deriva da un termine arcaico che vuol dire “cuore”: in basco infatti esiste biotz/bihots,che significa “cuore”. Doveva trattarsi del significato di uno stadio molto antico della storia delle lingue, perché altre lingue distanti nello spazio e nel tempo dal basco hanno la stessa parola. Ad esempio: sud dravidico bikku = heart; dravidico biho = heart; apache bijii = heart. E in egizio cuore si diceva i)b (Donadoni, Appunti di Grammatica Egiziana,1963, p.98). Testimonianza di un primitivo cannibalismo europeo si trova ancora nell’Iliade. Achille dice infatti ad Ettore ferito a morte: “Potessi io preso / dal mio furore minuzzar le tue / carni, ed io stesso, per l’immensa offesa/ che mi facesti, divorarle crude” (XXII 346-347). Tirando le somme, il proverbio monferrino mantiene il ricordo di epoche caratterizzate da lotte cruente e crudeli. Probabilmente è eredità di popolazioni germaniche che si sono insediate in Monferrato, quali i Goti, i Longobardi e i Franchi. Si ricordi l’episodio di Alboino che costringe la moglie Rosmunda a bere in un calice ricavato dal teschio di suo padre Cunimondo, episodio narrato come veritiero da Paolo Diacono nella sua “Storia dei Longobardi”(II,28), e che valse al valoroso re la morte per le trame della moglie. I Monferrini furono civilizzati col passar del tempo, ma conservarono la cruda espressione registrata dal Della Sala Spada fino a non molto tempo fa. Olimpio Musso Disegno di Laura Rossi (che ha temperato la trucidità del proverbio col periodo di San Valentino...)

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