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  • 26 marzo 2012
  • Casale Monferrato

Carlin Petrini: «I giovani tornino alla terra!»

«I giovani ritornino alla terra, ma con dignità»: è il messaggio che Carlo Pertrini, gastronomo e fondatore di Slow Food, porta in giro per il mondo, e ha lanciato anche agli studenti del Balbo, venerdì mattina. Una lectio magistralis illuminante, quella di Petrini, che ha appassionato i giovani invitandoli a riflettere su problematiche globali e prospettive catastrofiste, quali sconquassi ambientali, scomparsa della biodiversità, mancanza d’acqua, collasso del sistema agricolo. Questioni da esperti economisti? «No, si tratta di gastronomia» ripete più volte il docente di Scienze Gastronomiche dell’Università di Pollenzo. «Molti sono convinti che la gastronomia sia quella che ci propinano a tutte le ore in televisione: gente che spadella e parla, taglia cipolle e adagia il cibo su un letto di rucola. No, la gastronomia è tutto ciò che riguarda l’uomo. È fisica, chimica, biologia, agricoltura, zootecnia, storia di intere comunità, antropologia, economia politica», chiosa l’esperto. E uno dei temi di cui si occupa la gastronomia è l’emergenza ambientale planetaria, di cui Petrini ha parlato in toni preoccupati: «Principale responsabile dello sconquasso ambientale è la produzione di cibo. A causa dei prodotti chimici, in tutto il mondo i terreni stanno perdendo fertilità. La terra sta diventando tossicodipendente. Nel 2050, annunciano le previsioni, saremo in 9 miliardi e se i suoli continueranno a perdere fertilità non si potrà produrre cibo a sufficienza. C’è poi il problema dell’acqua: il 75% viene impiegata per l’agricoltura. Se non si cambierà il sistema di irrigazione, l’acqua non basterà più». La situazione è critica anche per la biodiversità: «Negli ultimi 150 anni si è perso il 75% della biodiversità di animali e vegetali. Questo succede perché abbiamo adottato la produzione intensiva, selezionando le specie più forti e resistenti. È follia e razzismo. Di questo passo il disastro sarà di proporzioni bibliche». Altra significativa riflessione Petrini l’ha proposta sul cibo: «Sul pianeta viene prodotto cibo per 12 miliardi di persone, e noi siamo in 7 miliardi. Nonostante ciò, ogni due minuti un bambino muore di fame. Significa che il 42% del cibo viene sprecato». In questo scenario apocalittico, la prima “specie” che rischia di estinguersi è quella dei contadini: «In Italia sono il 3% della popolazione e più della metà ha 60 anni. Nessuno vuole più lavorare la terra, visto che non si guadagna niente. Ma i contadini sono indispensabili: mica possiamo mangiare i computer». La soluzione? «Dobbiamo tornare alla terra, ma con dignità. I giovani devono cimentarsi nell’agricoltura, ma è impossibile con il sistema attuale. Il contadino deve avere pari dignità con le altre professioni, essere socialmente riconosciuto come un lavoro importante e qualificante. Lavorare in un’azienda biologica regala molte più soddisfazioni e divertimento che lavorare in un call center». Per attrarre i giovani, quindi, il sistema agricolo deve rivoluzionarsi, reinventarsi. In giro per il mondo qualcuno inizia a capirlo, sostiene fiducioso Petrini portando un esempio significativo: «Nel deserto marocchino, un gruppo di giovani produce marmellata di datteri, vendendola in giro per il mondo tramite facebook. A ogni turista che va a visitare la loro oasi chiedono 25 euro, che utilizzano per comprare piante di datteri». Ma cosa possono fare i ragazzi, e in generale tutti quanti, per dare una mano all’agricoltura? «Comprate direttamente dai contadini. Sostenendo gli agricoltori locali si può ridare dignità al settore» è il consiglio di Petrini, che conclude con un interessante spunto: «Partendo dal fronte alimentare c’è la possibilità di rigenerare l’economia». Ad aprire e chiudere in musica l’incontro sono stati gli ex alunni del Balbo della band Thunder of Soul, con Maide Garlando, con un’apprezzata esibizione. L'INTERVISTA Non rubare il futuro alle prossime generazione. Questo è l’obiettivo che Carlin Petrini ha fissato come gol da siglare al termine di un’azione corale i cui interpreti principali sono le attuali generazioni e, ovviamente, quelle che si stanno formando. Fondatore del movimento Slow food, Petrini è diventato un faro per chi ha fissato la rotta verso la salvaguardia dell’ecosistema globale. «Un modello etico» lo hanno definito il preside dell’Istituto Balbo Riccardo Calvo e il professor Fabrizio Meni, insegnante del Classico e anima del corso di “filosofia ed economia della crisi”. Per un futuro più sostenibile si deve partire dal piacere, quello del gusto e quello dell’amore, «unici due veri momenti di godimento dell’uomo». Carlin Petrini, “gastronomia” è anche territorio, economia, politica, società… «Certo, il Piemonte è una delle terre che dal punto di vista gastronomico ha una ricchezza straordinaria. È importante saperla mantenere e fare in modo che sia valorizzata, perché convincere i giovani a tornare alla terra senza il giusto riconoscimento economico ed esistenziale non avrebbe senso…». Lei punta il dito contro la tossicodipendenza della terra dagli agenti chimici. Quanto il Monferrato, le Langhe e il Piemonte in senso lato sono colpiti da questa “dipendenza”? «C’è una rigenerazione lenta di maggiore responsabilità e di giovani che si dedicano al biologico. A livello generale, la situazione deve essere ripresa in mano e devono ripartire gli atteggiamenti virtuosi. A me pare che i giovani siano molto sensibili a questi temi e mi sembra che il mercato li stia ripagando bene». La classe contadina sta lentamente morendo, qual è la sua fotografia del nostro territorio? «È una fotografia uguale a quella italiana: la popolazione contadina è ridotta al 3,5% con oltre la metà che ha più di 60 anni. Una situazione insostenibile. Non abbiamo futuro con una forza lavoro, in campo agricolo, così ridotta, quindi: o apriamo a lavoratori del mondo o altrimenti diamo l’opportunità ai giovani di avere come opzione di lavoro anche il mondo agroalimentare, che è la miglior condizione per avere la sovranità alimentare e non dipendere dagli altri». Quindi la diversità è un valore che i giovani sembrano avere più a cuore rispetto alle generazioni più anziane? «Sì, sì. Ahimé, la mia generazione lascia un retaggio non del tutto positivo. L’auspicio è che questi giovani abbiano l’orgoglio di riprendere in mano anche una tradizione locale che i nostri vecchi ci hanno lasciato».

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Emanuela Pastorelli

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