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A Vezzolano, un jubè, che da solo vale la visita

Si può definire un libro di pietra l’agile guida di Maurizio Pistone, con le prefazioni di Aldo A. Settia e di Paola Salerno della Soprintendenza piemontese. Accompagna il lettore in visita a Vezzolano a partire dal più antico documento che segna la nascita dell’istituzione canonicale nel 1095, negli anni del grande movimento riformatore voluto da papa Gregorio VII con la diffusione delle canoniche regolari riformate, tra cui quella casalese di Sant’Evasio. Sorto nel lembo estremo del Basso Monferrato, al confine tra la marca di Torino e quella aleramica, il Priorato venne incluso nella diocesi di Casale, eretta nel 1474 (per passare poi nel 1805 a Torino e nel 1817 ad Asti). Mantenne il controllo di Crea per oltre tre secoli, fin dal 1152, molto prima del passaggio nel 1226 al marchese Bonifacio II di Monferrato. Rimasta sotto la sovranità monferrina fino al trattato di pace firmato a Cherasco nell’aprile 1631, che poneva fine alla guerra di successione del Monferrato e segnava il passaggio ai duchi di Savoia, la Canonica perdeva per sempre la sua identità originaria. Fino ad allora, gli scribi vaticani avevano parlato della “prevostura di Santa Maria di Vezzolano dell’ordine di S. Agostino”, ma al tempo della sovranità sabauda si cominciò a parlare di ordine benedettino e nei secoli successivi impropriamente di “abbazia”. Zona di confine anche ecclesiastica, il priorato di Vezzolano perse Crea nel 1485. Un secolo dopo, nel 1584, negli anni della Controriforma, il casalese Carlo Montiglio, visitatore apostolico, ordinava di abbattere “il coro” (vale a dire il pontile o jubè), che non era più conforme alla liturgia riformata. Per fortuna l’ordine non venne eseguito e l’opera di eccezionale interesse è rimasta al suo posto all’ingresso della chiesa. La rara struttura che chiude la navata centrale poggia su cinque archi a sesto acuto sorretti da esili colonnine. Di solito è indicata col termine francese “jubé”, in realtà derivante dall’espressione latina rivolta dal diacono al celebrante prima della lettura del Vangelo: “Iube, domine, benedicere” (Comanda, signore, di benedire). Svolge una funzione di separazione del luogo destinato al popolo da quello riservato al clero, consente la ripetizione del rito con piccoli altari rivolti ai presenti e la salita dell’officiante sulla parte superiore, oltre alla presentazione di immagini sacre offerte alla venerazione dei fedeli. Nella fascia inferiore sono raffigurati 35 personaggi della genealogia di Cristo, in realtà 5 sono stati dipinti sui pilastri laterali, forse a causa di una mutilazione dovuta a rimaneggiamenti progettuali. L’iscrizione sottostante in latino, parzialmente cancellata, ricorda il completamento della chiesa durante il regno di Federico Barbarossa, negli anni della lotta tra Chiesa e Impero. La fascia superiore rappresenta la “Dormitio Virginis”, l’antica tradizione della chiesa orientale, trasformata poi in Occidente nella festa dell’Assunta che ricorre il 15 agosto. Benvenuto pelllegrino Benvenuto pellegrino / che sei giunto da Torino, /dall’Europa, da lontano,/ per mirare Vezzolano. /... Qui la chiesa di Maria / reca il nome di abbazia, / ma Canonica fu eretta / in un tempo senza fretta. / All’interno la navata / nello spazio modulata, / e al pontile colorato / il trionfo sta effigiato....” Questo l’inizio del “Giocoso saluto ai visitatori” a metà della discesa pedonale verso Santa Maria di Vezzolano. Da Casale è vicino in linea d’aria, in auto un po’ meno per vie del saliscendi finale. In breve si punta a Crescentino, circonvallazione della città, svolta a sinistra, ponte sul Po, siamo sotto la famosa rocca di Verrua Savoia, vialone alberato, Brusasco, Lauriano, a sinistra, S. Sebastiano da Po e, dopo i tornanti, ancora a sinistra sotto Berzano San Pietro. L’ “Abbazia” di Vezzolano, nel Monferrato Astigiano, è sempre un luogo magico, dove respiri la storia. Abbiamo messo le virgolette perchè il termine abbazia è da sempre usato impropriamente in quanto la chiesa non è mai stata tale (è una Canonica). In una conca nel verde ecco l’edificio sacro e ti senti accolto da pellegrino. La facciata è un libro aperto da studiare con calma, noi abbiamo avuto il pregio di grandi guide come l’avv. Luigi Baudoin (in occasione del Millenario del Monferrato) e il sindaco di Castelnuovo don Bosco Giorgio Musso (avevamo organizzato una visita di consoli del Touring) che ritroviamo sabato tra i volontari che aprono il complesso. Ma varrebbe la visita solo il jubé, con sculture in alto rilievo, che conservano - rarità nella rarità - le tracce di colore originario (v. articolo a fianco). All’altare maggiore un pregevole trittico in terracotta colorata risalente alla metà del XV secolo, mentre dietro si possono osservare due bassorilievi romanici. Di rilevo il chiostro coi dipinti d’alta epoca che però avrebbero bisogno di un “tagliando”, come avrebbe bisogno una catalogazione per esposizione (pensiamo a Canterbury) la collezione lapicida messa quasi in un canto. Nel chiostro book-shop e non solo libri (che apprezziamo) perché acquistiamo una confettura di pesche, amaretti e cacao (by Azienda agricola Bubot di S. Emiliano di Albugnano) che, trasformata in torta da Laura Rossi, ci tramanda poi a casa il ricordo di uno dei complessi medievali più affascinanti e meno conosciuti d’Italia C’è un motivo in più in questi giorni per una visita a Vezzolano. Fino al 5 febbraio in un salone nel chiostro è esposto lo splendido presepe realizzato statua per statua, arredo per arredo, dalla nota restauratrice Anna Rosa Nicola di Aramengo. Molte miniature sono in cera fusa. Orari: sabato domenica (ed Epifania) 10-17; info. www.lacabalesta.it, tel. 3495772932 e 011 9872463. C’è anche l’opportunità tutte le domeniche dalle 15 di visitare la mostra Presepiando con Anna Rosa al laboratorio Nicola di Aramengo, dove il 7 e l’8 gennaio alle 19,30 si terrà una cena benefica perchè una parte del ricavato sarà devoluto al Comune di Amatrice per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Inoltre a fine delle cene saranno messe all’asta 11 miniature realizzate a mano (e autenticate) da Anna Rosa Nicola ispirate agli ingredienti per gli spaghetti all’amatriciana.

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Bruna Curato

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