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Intervista

La storia di “Rosa”: «Sono serena, la malattia trasforma, lega, unisce»

Sessantacinquenne monferrina affetta da carcinoma al seno

«Ero sotto la doccia quando, passandomi una mano sotto l’ascella, percepii un nodulo prossimo al seno. Avevo 58 anni. Stavo attraversando un momento complicato della mia vita: papà reduce da un ictus e, io, coinvolta in un legame sentimentale difficile. Viaggiavo per priorità e, allora, la priorità era papà». Comincia così il racconto di “Rosa”, oggi 65enne, monferrina, madre, donna impegnata nel sociale e protagonista di una storia, tra le tante, di carcinoma al seno, ma anche di una storia unica, come altrettante, per identità, sensibilità e condizione psicologica.

Rosa ci racconta del suo essere donna, all’apparenza forte ed energica ma, nel suo intimo, anche ipocondriaca, piena di ansie e, soprattutto, orfana di un grande amore, quello della madre, che la vita le ha strappato via troppo presto. La storia di Rosa, quella legata al carcinoma, inizia nel luglio 2012, quando scopre il nodulo. Malgrado i suoi pensieri e le sue preoccupazioni siano prevalentemente concentrate sul padre malato, Rosa decide di sottoporsi ad una visita ecografica e mammografica. Le dicono subito e a chiare lettere, che potrebbe essere un linfoma. Un mese più tardi, il 14 agosto, viene sottoposta ad intervento chirurgico per l’asportazione del nodulo. L’istologico le arriverà 9 giorni più tardi. Nel frattempo, il 22 agosto, muore il padre. Il 23, la diagnosi, sintetica, essenziale e diretta: cancro. «E adesso? Cosa faccio». Erano state le sue prime domande ma, non c’era il tempo di badare a se stessa: papà l’aveva appena lasciata e lei doveva organizzare il funerale poi, avrebbe dovuto dirlo a suo figlio e, quella, sarebbe stata la cosa più difficile.

Quale lo stato d’animo di quei momenti?

«Inizialmente non avevo ben realizzato cosa mi stesse succedendo. I miei pensieri erano altrove. Poi, sono stata catapultata in una serie di esami che, tra visite, prelievi e attese, hanno scandito il tempo, senza che, quasi, me ne rendessi conto. Solo un giorno, mi sono fermata e ho ripercorso la mia vita, domandomi se fosse finita». 

Pensieri importanti che possono pesare come macigni. Hai potuto condividerli?

«Come spesso accade, a mio figlio ho riservato una sorta di protezione, cercando di non ingenerare in lui preoccupazioni. Il mio compagno, di allora, in tutto questo, non è stato di aiuto. Ci sono state situazioni in cui, talvolta, mi sono sentita offesa per il mio aspetto, la chemio mi aveva fatto perdere i capelli ed ero stata giudicata inguardabile. Più volte ero stata accusata di non prestare le dovute attenzioni al prossimo. Ma, come spiegare che ero malata di cancro? Ci sono cose che non vanno spiegate. Se non si comprendono, non esistono parole che valga la pena di spendere. Ero stata privata di ogni emozione».

Ti sei così ritrovata sola?

«In parte sì, in parte ci sono state le amiche, che si sono rivelate una vera e propria risorsa anche quando, 5 mesi più tardi, ho affrontato l’intervento di mastectomia e, nell’ottobre del 2013, la protesi».

In un anno, la vita di Rosa è stata così ridisegnata sia sotto l’aspetto psicologico, sia fisico. Ti sei sentita privata della tua femminilità?

«La mia femminilità è sfumata, ma senza traumi. Ho imparato a guardarmi allo specchio ad occhi alti e a riconoscermi oltre l’aspetto. Sono prevalsi altri valori, quali l’amicizia, il senso materno e la dedizione al prossimo».

A distanza di 7 anni e con il senno del poi, Rosa ci sorprende dicendoci che «il carcinoma è stata una bella esperienza. La malattia trasforma, lega e unisce. Oggi sono abbastanza serena, mi sento tranquilla».

Cosa ti dà maggiore serenità e gioia?

«Mio figlio e il mio nipotino, gli amici e le attività di volontariato all’interno della Lilt».

Hai mai attraversato momenti di sconforto?

«No. Ne sono sorpresa, ma è così. Sono stata come presa da un meccanismo che mi ha fatta avanzare senza troppo riflettere. La mia fortuna poi, è stata quella di aver incontrato i medici giusti, ovvero persone professionalmente e umanamente all’altezza della delicata situazione. Tra questi, anche il Gruppo D Maiuscola, che per sei mesi mi ha coinvolta in attività di cura psicologica, fisica ed estetica, secondo un programma ben integrato. Ne sono nate nuove e importanti amicizie, che continuano a far parte del mio quotidiano più bello».


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