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Fibra killer, continua il commercio

La Convenzione è stata messa sotto scacco dall’industria dell’amianto e il risultato è che la fibra killer non è neppure stato dichiarata nociva: lo hanno affermato i rappresentanti delle associazioni delle vittime dell’amianto nei giorni scorsi a Ginevra per la Convenzione di Rotterdam. Per la quarta volta, infatti, una manciata di Paesi alleati dell’industria dell’amianto si sono rifiutati di includere la fibra minerale nella lista delle sostanze nocive della Convenzione, anche se il comitato scientifico lo aveva fortemente raccomandato. «È oltraggioso che sette Paesi - Russia, Kazakistan, Kyrgyzstan, Ucraina, Zimbabwe, India e Vietnam - trasformino la Convenzione di Rotterdam in uno strumento che protegge i profitti dell’industria dell’amianto invece di proteggere la salute e l’ambiente» ha detto Kathleen Ruff, co-cordinatrice della Rotterdam Convention Alliance. «La Convenzione obbliga i Paesi firmatari a praticare un commercio responsabile ottenendo un consenso previo e informato prima di esportare sostanze tossiche », ha dichiarato Laurie Kazan-Allen, coordinatrice dell’IBAS, Regno Unito. «Però questi sette Paesi sono molto determinati nel praticare un commercio irresponsabile e nascondere la nocività dell’amianto». Fernanda Giannasi, ispettrice del lavoro in Brasile, ha raccontato di assistere continuamente all’importazione nel suo Paese di prodotti contenenti amianto senza etichette e racconta che in Brasile ci sono molte vittime che sviluppano cancro a causa all’esposizione alle fibre. «Questi sette Paesi alleati dell’industria dell’amianto dimostrano disprezzo per il diritto di ogni paese importatore a essere informato. Questo è il proposito della Convenzione», ha sottolineato Alessandro Pugno dell’Associazione delle vittime e familiari dell’amianto di Casale. «Per questo motivo abbiamo portato ancora una volta un centinaio di persone in rappresentanza delle organizzazioni delle vittime, di fronte ai quartieri generali dell’ONU qui a Ginevra e abbiamo consegnato la lettera delle vittime dell’amianto al Presidente della Convenzione». Alexandra Caterbow, esperta chimica presso la WECF International, ha invece voluto specificare come «questi Paesi cerchino di usare come pretesto il fatto che l’inclusione dell’amianto nella lista delle sostanze nocive causerebbe costi addizionali. Ma quest’argomento è un controsenso e non tiene conto degli enormi costi economici causati dall’amianto crisotilo che ascende a centinaia di miliardi di dollari. Mentre l’industria trae profitti, i costi sono a carico dei contribuenti. La Banca Mondiale ha riconosciuto questo fatto e pertanto ha raccomandato l’inclusione dell’amianto crisotilo». Contrariamente alla sentenza dell’anno scorso del tribunale di Torino che ha condannato due dirigenti a 16 anni di carcere per la strage Eternit, che è costata la vita a più di 3000 persone, «con la mancata inclusione nell’elenco, la Convenzione di fatto permette all’industria di portare avanti lo stesso disegno criminale: coprire la pericolosità dell’amianto. Questo avrà come conseguenza centinaia di migliaia di nuove e tragiche morti che avrebbero potuto e dovuto essere risparmiate». È questa la scioccante, ma logica, conclusione di Barry Castleman ex-consulente della Banca Mondiale sull’amianto, che potrà portare ad un unico risultato: la battaglia della società civile e delle organizzazioni delle vittime per continuare a proteggere la popolazione dalla mortale tossicità della fibra killer.

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Veronica Spinoglio

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