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Viaggio d'autore

A... Binasco per Beatrice di Tenda

Beatrice di Tenda si chiamava in realtà Beatrice Cane, figlia di Giacobina della nobile famiglia astigiana degli Asinari e del condottiero casalese Ruggero al servizio del lontano cugino Facino Cane

Nel 1838 la “Nobile Società dei Cavalieri” aveva deciso di rimodernare il teatro che era pericolante e degradato nel plafond e nelle decorazioni interne. Il disegno e la direzione dei lavori erano stati affidati all’ing. Pietro Praga sotto la sorveglianza dell’ing. Pietro Bosso dell’Ufficio d’Arte del Comune di Casale. Il 27 aprile 1840, ultimati i restauri di epoca carloalbertina, la “Beatrice di Tenda” inaugurava il Teatro dei Nobili, dal 1861 diventato Teatro Municipale. La tragedia lirica in due atti, musicata dal celebre compositore siciliano Vincenzo Bellini su libretto del genovese Felice Romani, aveva debuttato nel marzo 1833 al Gran Teatro La Fenice di Venezia con scarso successo, nonostante la protagonista fosse considerata una delle eroine romantiche costretta, per motivi sentimentali o politici, a scontare un’ingiusta pena. Si chiamava in realtà Beatrice Cane, figlia di Giacobina della nobile famiglia astigiana degli Asinari e del condottiero casalese Ruggero al servizio del lontano cugino Facino Cane, sposato in prime nozze nel 1398 e ritratto in una piccola tavola ad olio che abbiamo ritrovato nella sala degli ambasciatori al castello di Masino. 
Nel maggio 1412, colpito da un violento attacco di gotta il condottiero si ritira presso il castello di Pavia, ma consapevole della imminente fine lascia il suo ingente patrimonio alla moglie con la clausola che avrebbe dovuto risposarsi con Filippo Maria Visconti. Il suo corpo rimasto nudo e insepolto per tre giorni, fu sepolto nella basilica di San Pietro in Ciel d‘Oro senza alcuna cerimonia, né una lapide.  Beatrice porta in dote 400 mila ducati, parecchie città e il forte esercito che aveva prestato giuramento al marito e a lei, cresciuta nei quartieri militari e considerata la capostipite delle “gentildonne di ventura”. Un privilegio che ne segnò la condanna, essendo diventata antagonista all’esercizio dei pieni poteri del duca che nel 1418 l’accusa di adulterio con il musico di palazzo, tale Michele Orombelli, forse per sottrarle gli ingenti beni. Estorta sotto tortura la confessione è condannata a morte e decapitata nel castello di Binasco, insieme al presunto amante. Sepolta in un luogo sconosciuto, forse nel convento di Santa Maria in Campo tra Binasco e Casarile, è ricordata da una lapide posta dal Municipio nel giugno 1869. Si dice che il compositore polacco Frédéric François Chopin, affascinato dalla vittima sacrificale che chiedeva perdono e misericordia per il suo carnefice, avesse ascoltato sul letto di morte la celebre aria “Ah se un’urna è a me concessa, senza un fior non la lasciate, e sovr’essa il ciel pregate, per Filippo e non per me”. 
 
 
Al Castello di Binasco, tra Pavia e Milano, a un’ora d’auto da Casale, una lunga epigrafe all’ingresso del maniero ricorda il dramma di Beatrice: “Si spegneva nella notte del 13 settembre 1418... L’orrore del fatto fecondi e ritempri ne’ figli d’Italia gli affetti più puri e i doveri più sacri”.
La lapide è stata posta il 13 giugno 1869, dettata dallo storico del Comune Domenico Buoni.

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Silvio Morando

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