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A Valenza per un Moncalvo restaurato

E un Museo del tesoro del Duomo che vale sempre una visita

Appuntamento in un sabato molto invernale con l’amico e storico di Valenza Carlo Dabene davanti all’antica chiesa di Santa Caterina, intitolata a San Bartolomeo e poi restaurata nel 1840 dai De Cardenas, che risiedevano nel palazzo di famiglia a lato dell’edificio. 

Da Piazza Lanza scorrendo a fianco di palazzi un poco delabrè, proseguiamo a piedi fino alla centrale piazza XXXI Martiri, animata dalle bancarelle del mercato settimanale. 

Saliamo la scalinata del Duomo, la cui struttura architettonica risale alla ricostruzione seicentesca dell’architetto luganese Paolo Falcone. 

 All’interno ci attende il prevosto del Duomo, mons. Massimo Marasini, che ci accompagna in visita ai tesori nella insigne collegiata. oggi meno nascosti perchè sono illuminati a giorno con la tecnologia LED (complimenti)

L’insigne collegiata di Santa Maria Maggiore, collegata alla omonima basilica romana, dal Trecento ha il titolo di sede della vicaria episcopale, conferito alla primitiva chiesa romanica posta al centro della piazza. 

Una bella sorpresa è il recente restauro (del Lions Valenza Host e di privati cittadini) della tela della “Madonna del Rosario” posta nella cappella già di San Giacomo, a sinistra del transetto. Realizzata intorno al 1620 dal pittore Guglielmo Caccia, detto Il Moncalvo (Montabone, 9 maggio 1568 – Moncalvo, 13 novembre 1625), raffigura la Vergine attorniata da angioletti, con in braccio il Bambino proteso verso Santa Caterina da Siena e San Domenico con in mano il rosario. Proveniente dalla chiesa di San Giacomo e ritirata dal comune fu poi sistemata in Duomo dal parroco mons. Giuseppe Pagella, che recuperò anche i quadretti dei misteri del Rosario, oggi, dopo il restauro, attribuiti allo stesso artista. 

La visita prosegue nel vicino Museo del Duomo, aperto nel 1991 dal parroco mons. Luigi Frascarolo. Prima istituzione museale dell’intera diocesi di Alessandria, trova collocazione nella grande Sacrestia capitolare e nella sala attigua. Non vi entriamo per la prima volta ma è sempre un bel vedere e lo consigliamo vicamente ai turisti

Nel primo locale una lapide romana, un grande armadio in noce intagliato (1722) proveniente dall’antica chiesa di San Francesco e alle pareti una bella quadreria, con “La tela dell’Adorazione o dell’Epifania o dei Tre Re”, pregevole opera di Claudio Gozzero, che rivela la formazione fiamminga. 

Nella seconda sala sono custoditi i reliquiari in argento sbalzato e cesellato dei patroni San Giacomo Minore e San Massimo, altre a quello del valenzano beato Gerardo; una grande croce astile capitolare con il relativo disegno, la seicentesca mazza capitolare con alcuni candelieri in rame argentato. Nelle vetrine antichi paramenti, il primo Libro dei Battezzati della parrocchia (1562), alcune seicentesche Carteglorie in legno e lamina d’argento e un Antifonario risalente alla seconda metà del Quattrocento. 

Tra i desideri del parroco ovviamente quello di trovare i fondi per affontare una serie di restauri, magari a lotti, poi  la formazione di un comitato scientifico per la valorizzazione culturale e scientifica del deposito museale. 

L’itinerario si conclude, a lato del presbiterio, davanti alla statua dell’Immacolata proveniente dalla distrutta chiesa di San Francesco. Incassata nel muro, una palla di cannone ricorda l’assedio spagnolo del 1635, quando il proiettile entrato da una finestra cadde vicino all’altare maggiore seminando il panico tra gli oltre trecento fedeli rimasti miracolosamente incolumi. Una pagina di storia locale rievocata da Carlo Dabene sulla rivista “Valensa d’na vota” e ripresa nel volume di Gregory Hanlon intitolato “The hero of Italy”, pubblicato negli Stati Uniti dall’Università di Oxford, che sarà tradotto in italiano, edito dal Mulino e presentato in anteprima a Valenza.

FOTO. Lo splendido quadro del Moncalvo (f. Luigi Angelino)

 

 


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Veronica Spinoglio

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