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La ricerca di materiali alternativi? Eternit la faceva soprattutto perché temeva si esaurissero i giacimenti di asbesto

Già nella seconda metà degli anni Settanta Eternit era alla ricerca di fibre alternative ma - si badi bene - non perché l’amianto provocava il cancro (come Eternit sapeva benissimo) ma perché si temeva che i giacimenti di asbesto potessero esaurirsi mettendo in crisi il business. Anni in cui gli Svizzeri - e Stephan Schmidheiny in particolare - prendono saldamente in mani il timone di Eternit con cospicui investimenti. Anni in cui prendono atto della pericolosità mortale della fibra e in cui si comincia anche a fare quella metodica opera di controinformazione - asserendo che l’amianto può essere lavorato in sicurezza - continuata fino all’ultimo e trasformatasi poi dopo la cessazione dell’attività in una vera e propria attività di intelligence, con la compilazioni di elenchi di persone con ruolo nella battaglia contro l’amianto: magistrati, comitati di cittadini, sindacalisti e così via sui quali Eternit aveva costruito un piccolo dossier. Una attività onerosa che è impossibile dire quanto sia costata complessivamente visto che fu svolta in modo continuativo - appunto - già da metà dagli Anni Ottanta. Un milione in quattro anni Ma il perito dell’accusa Paolo Rivella - contestato dai difensori degli imputati - che ha portato in aula tutti questi elementi ieri, lunedì, nella 22ª udienza del processo Eternit ha potuto ricostruire che nel periodo 2001-2005, solo per un consulente (di intelligence e immagine) e solo da Stephan Schmidheiny fu speso almeno un milione di euro. Impossibile - per ora - sapere se vi furono altri consulenti e altri committenti. Al fallimento 600mila euro Una cifra valutata per difetto (secondo altri conteggi salirebbe almeno a 1,3 milioni) e che impressiona soprattutto se paragonata ai 600mila euro messi da disposizione del fallimento di Genova dallo stesso imputato nel 2008 per chiudere la procedura, a fronte di una valutazione del curatore di 80 milioni di euro. Un milione di euro spesi per tenere sotto controllo il comitato di Casale (cosa a cui provvedeva «una commercialista e giornalista casalese», Cristina Bruno, che risulta essere stata la più produttiva di tutti gli infiltrati scoperti dalla procura) ma anche lo stesso magistrato Raffaele Guariniello. «L’informatore che ha fornito più materiale è stata la commercialista e giornalista casalese, che forniva indicazioni su rassegna stampa locale, attività sindacale e di carattere politico; e poi informazioni sui singoli sindacalisti, su ricerche epidemiologiche, informative sui nomi e identità dei magistrati di Casale. che in quegli anni seguivano le vertenze a Casale». Informazioni di pubblico dominio, ha obiettato la difesa. «No, l’età dei magistrati e altre informazioni bisogna andarle a cercare», ha sottolineato il Tribunale. Le perplessità della difesa Una relazione quella di Rivella che ha suscitato le proteste della difesa degli imputati che ritene che il perito (che è un commercialista) non avesse le competenze per entrare nel merito di questioni pertinenti strategie di comunicazione e di immagine di Schmidheiny. Il nesso Ma un nesso sembra tuttavia evidente: l’analisi economica ha avuto infatti l’utilità di portare alla luce investimenti estremamente cospicui, volti ad avere costantemente il polso della situazione relativamente - per esempio - a possibili vertenze legali, iniziative giudiziarie e giuridiche ed eventuali richieste di risarcimento. E quindi il quesito è: perché Stephan Schmidheiny - imputato con il barone belga de Cartier nel processo di Torino - avrebbe speso somme tanto consistenti per studiare scenari che non lo riguardavano? “Ritiro il consulente, ma...” Verso le 11, a fronte delle proteste della difesa, il pm Raffaele Guariniello ha persino proposto di ritirare il proprio consulente precisando però che si tratta di fatti concreti: «Sono cose che sono capitate e che troveremo il modo di esporre comunque...». Esposizione che però è ripresa dopo la consueta pausa di metà mattina. Il convegno a Neuss del ‘76 Tra le notizie emerse dalla relazione di Rivella un convegno svoltosi a Neuss nel 1976 in cui - ha detto Rivella - a reggere le fila era proprio Stephan Schmidheiny. Un convegno a cui - ha sostenuto Rivella - parteciparono i massimi vertici italiani (e non solo) di Eternit. A Neuss emerge che già negli Anni 60 era noto il nesso amianto-cancro e si fa il nome di Selikoff. La conclusione di Eternit e degli svizzeri? Una campagna di controinformazione per sostenere la possibilità di lavorare in sicurezza la fibra killer. Che comincia a prendere forma in quello che diventerà il «manuale delle menzogne» che Eternit compilerà poi come istruzione standard per rispondere a critiche, osservazioni e contestazioni da parte di sindacati, cittadini, giornalisti e così via. 1980: l’anno d’oro Altri dati interessanti sono emersi dalla relazione del consulente Andrea Perini commercialista biellese, incaricato da Regione, Cgil e altre parti civili consulente di esaminare i bilanci di Eternit, esame condotto dal perito unitamente a quello sui verbali del cda. Perini, che è docente all’Università di Torino ha evidenziato che negli anni Settanta - nel periodo svizzero - vi furono consistenti ricapitalizzazioni che consentirono di non depauparare il patrimonio e che tennero in piedi il gruppo in previsione di una ripresa del mercato (preconizzata da dall’ad Giannitrapani) che si verificò poi effettivamente negli anni 1980-1981-1982 in cui il fatturato schizzò alle stelle: quasi 123 miliardi nel 1980 contro i 69 scarsi del 1979 con una crescita del 78,4%. Il terremoto d’Irpinia E nel 1980 furono estratte ben 140mila tonnellate di amianto. Sul fatturato del 1980 influì per un 10% anche la fornitura di fabbricati per i terremotati dell’Irpinia, come già, nel 1908 aveva avuto il suo peso quello dello stretto di Messina. Da record anche le cifre del 1981 (105 mld) e del 1982 (103 mld). E per sicurezza e salute? Il consulente non ha invece potuto ricostruire con precisione gli investimenti fatti per la sicurezza e la salute. Viene citata una cifra di investimenti catalogati sotto la voce «ambiente di lavoro» pari a 34 miliardi di lire (circa 17 milioni di euro) però di fatto, ha detto Perini, furono risorse in gran parte destinate alla realizzazione di strutture necessarie per l’adeguamento alla legge Merli, come i depuratori. Il commento di Pesce «Quello che dal nostro punto di vista è emerso in modo lampante - commenta Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto - è che nel periodo svizzero si è deciso di continuare e lo ha deciso Stephan Schmidheiny. Non era un andazzo delle aziende, non è che lui non sapesse cosa facevano perché ci ha messo dei miliardi di suo...». Le ricapitalizzazioni Nel 1974 - bilanci Eternit alla mano - vi fu un aumento di capitale di oltre 4 miliardi sottoscritto per 1.169 milioni dagli Svizzeri e 858 dal gruppo belga e poi da altri soci minori, nel 1978 nuovo aumento di capitale sostenuto al 99,9% dal gruppo svizzero, mentre nel 1979 si attua una riduzione per ripianare delle perdite e nel 1980 si concretizza la riorganizzazione in holding delle quattro aziende di Casale, Napoli Reggio Emilia e Siracusa suggerita da Giannitrapani.

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