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Una convenzione triennale per la donazione di sangue

Tra la Regione Piemonte e le associazioni di volontariato

«Il Piemonte è da sempre una delle prime Regioni in Italia per numero di donazioni: circa 112 mila donatori, che donano in 18 centri trasfusionali e 7 unità di raccolta associative».

Lo fa sapere la Regione Piemonte che spiega: «Una realtà consolidata che anche nel periodo della pandemia, nonostante le inevitabili difficoltà, ha saputo garantire il proprio contributo fondamentale non solo per le esigenze degli ospedali regionali ma per sostenere altri territori italiani compensando situazioni di particolare criticità, come nel caso della Sardegna. Un sistema che si regge sulla generosità dei donatori volontari, un esercito silenzioso ed altruista».

Oggi, giovedì 24 febbraio, nella sede dell'assessorato regionale alla Sanità, «è stata firmata la convenzione triennale tra la Regione Piemonte e le associazioni e federazioni dei donatori volontari di sangue: Avis, Fidas, Consorzio Amici Banca del Sangue (CABS) e Croce Rossa Italiana».

La convenzione stabilisce «le modalità delle attività delle associazioni: dalla promozione della donazione volontaria, all’organizzazione, fidelizzazione e tutela dei donatori, alla gestione di vere e proprie unità di raccolta che affiancano i servizi trasfusionali delle aziende sanitarie in questa attività».

«La firma di oggi rappresenta il suggello di una storica collaborazione con le associazioni dei donatori che negli anni ha portato il Piemonte a rappresentare un esempio virtuoso di generosità ed organizzazione della rete trasfusionale» ha affermato l'assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi. Negli ultimi mesi «abbiamo dovuto affrontare anche la carenza di personale sanitario: il problema è noto e riguarda non soltanto la rete di raccolta associativa ma anche quella trasfusionale pubblica. È in fase di attivazione un Progetto pilota, al quale ha aderito la totalità delle aziende sanitarie piemontesi».

«Il piano - ha precisato l'assessore - prevede diverse soluzioni al problema: coinvolgere medici e infermieri dipendenti delle aziende sanitarie in attività aggiuntiva a tariffe orarie predefinite; avviare il reclutamento di medici laureati non specializzati nell'ambito dei servizi trasfusionali; sensibilizzare i direttori delle scuole di specializzazione affinché favoriscano la disponibilità degli specializzandi a partecipare alle attività di selezione del donatore; supportare -da parte delle università - il percorso formativo per medici da dedicare alla medicina trasfusionale incrementando i posti a disposizione nelle scuole di specializzazione in ematologia e in patologia clinica e biochimica clinica. Ed ancora, ridisegnare l’organizzazione della rete trasfusionale e delle unità di raccolta».


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