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  • 30 ottobre 2007
  • Casale Monferrato

La falsa donazione di Liutprando

In un articolo pubblicato su "Il Monferrato", 31 luglio 2007, ho spiegato come la famosa donazione di Liutprando ai canonici casalesi, che conosciamo dalla testimonianza della «Passio S. Evasii» (cap. XI), sia in realtà una falsa notizia dovuta alla manipolazione medievale, databile all'età carolingia (IX secolo d. C.), dell'agiografia. Essa è in realtà un testo scritto a Cirta, la capitale dell'antica Numidia (regno Berbero corrispondente all'incirca all'attuale Algeria, ndr.), nella prima metà del IV sec. d.C. Per quale motivo, allora, l'anonimo monaco casalese del IX secolo sostituì la figura del «Christianissimus imperator» Costantino, di cui parlava il testo originale, (vd. Illustrazione) con quella del «Christianissimus rex Liutprandus», il sovrano longobardo che regnò molti secoli dopo, fra il 712 e il 744? La risposta non è semplice. Un bellissimo ritratto fa del re longobardo il grande Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, al cap. 58 del VI libro: " Questo gloriosissimo re costruì molte basiliche in onore di Cristo nelle varie località dove era solito risiedere. Fondò il monastero del beato Pietro che è posto fuori le mura di Ticino ed è chiamato « Cielo d'oro ». Edificò il monastero di Berceto sulla cima dell'Alpe di Bardo. Nella sua proprietà suburbana di Olona costruì a Cristo un bellissimo tempio in onore del santo martire Anastasio e vi fondò anche un monastero. E così ancora eresse molte altre chiese in diverse località. Nel suo stesso palazzo edificò un oratorio al Signore e Salvatore e isituì - cosa che nessun altro re aveva avuto - un collegio di sacerdoti e di chierici che ogni giorno gli cantassero l'ufficio divino" (traduz. di Lidia Capo). Da queste parole si evince che Liutprando ebbe la fama fra i suoi contemporanei di re assai munifico nei confronti della Chiesa, se Paolo, che era nato nello stesso secolo (morì presumibilmente nel 799 d. Cr.), sentì il dovere di testimoniare in tal senso. Ma la fonte cui l'anonimo agiografo della Passio attinge non è Paolo Diacono: infatti sia padre Angelo Coppo, nel suo lavoro del 1965, che il prof. Aldo A. Settia, in quello, fondamentale, del 1973 (entrambi comparsi nella "Rivista di Storia della Chiesa in Italia"), dopo un attento studio del documento giungono alla conclusione che il redattore medievale del passionario non conobbe l'opera del monaco di Montecassino. Dal canto mio, dopo aver ben valutato il problema, sarei indotta a supporre che più di un secolo dopo la morte del pio re - il «terminus post quem» della stesura della «Passio» medievale è l' 838 d.Cr.- fosse ancora viva in Monferrato la tradizione della sua generosità nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche locali. È sempre lo stesso Paolo Diacono, d'altro canto, assieme ad altre fonti, che riporta la notizia della traslazione a Pavia dalla Sardegna, dove erano sepolte, le reliquie di Sant'Agostino per evitare che esse cadessero nelle mani dei Saraceni che avevano invaso l'isola. Liutprando "mandò i suoi uomini e, pagando una grande somma, le ottenne" (Storia dei Longobardi, VI, 48). Pavia non era distante dal Casale Sancti Evasii e per questo motivo siamo indotti a pensare che un tale gesto generoso e pio fosse ricordato nella zona più di un secolo dopo, il che contribuì fortemente ad alimentare e mantenere la fama di munifico evergeta di cui godeva il re longobardo. L'anonimo autore della Passio casalese fu indotto ad attribuire al grande re longobardo un atteggiamento straordinariamente favorevole alla chiesa casalese, inventando di sana pianta dei benefici che non ci furono mai, ma che restarono nella tradizione e divennero per i fedeli un atto di fede nel corso dei secoli successivi fino ai giorni nostri. Anna Cafissi

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Roberto De Alessi

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