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Gazo-SOS per una chiesa

L'indifferenza e l'incuria dell'uomo, che ben si accompagnano all'azione di ladri e vandali, hanno ridotto ad un fantasma isolato nella pianura l'elegante costruzione goticheggiante della trebbiatrice ad acqua per il riso. Costruita a due passi dalla Grangia di Gazo, all'indomani dell'unità d'Italia, fu oggetto di studio ne "Le vie dell'acqua" realizzato da Teresio Malpassuto e Luigi Monzeglio. «La ruota idraulica è mossa dall'acqua del Cavo Ponti­ni, chiamato comunemente, per la sua funzione, Cavo Macchina. Poiché il dispositivo, per poter lavorare, do­veva raggiungere circa 700 giri al minuto, l'ingranaggio di moltiplica è montato sull'interno della corona della ruota idraulica; il movimento è trasmesso direttamen­te ad un volano; da questo, con una cinghia, alla ruo­ta motrice della macchina. Controllando questi ultimi rapporti, si può osservare come la velocità risulti note­volmente moltiplicata. L'apparecchiatura appoggiava su di un pavimento li­gneo che ricopriva tutto l'interno della costruzione a cir­ca due metri dal livello del terreno per facilitare lo sca­rico del riso dai carri agricoli. La trebbiatrice era alimentata a mano: il risone cadeva al di sotto in un carretto a sponda alta, spinto a mano: la "galiota", alla quale erano ricoperte le ruote con della paglia per non procurare danni col suo passaggio. Quando questa era colma, si trasportava il contenuto sul terreno cementato alla destra della costruzione per farlo essiccare al sole. La paglia usciva verso il fondo ed era ammucchiata all'aperto». Delle tre ruote idrauliche del mulino della Grangia, a poche centinaia di metri dalla trebbiatrice, ne è rimasta ancora una alimentata dalla Stura con un incastro e collegata alla macina. Ed ecco, sempre dall'opera di Malpassuto e Monzeglio, la dettagliata descrizione del funzionamento: «Nell'interno del mulino si può osservare la banchina sul­la quale vi sono i palmenti ricoperti da un tamburo di legno. Sopra, in corrispondenza dell'occhio della ma­cina superiore, è sistemata la tramoggia (dal latino tri­madia = recipiente da tre moggi). In essa si versano i cereali. Nell'interno della stessa, alla base, vi è un congegno che regola la caduta dei grani, congegno regolabile per mezzo di una cordicella. Sul bordo della tramoggia - generalmente di fronte - è sistemato un beccuccio di legno a bilanciere, alle cui estremità sono collegate due funicelle: l'interna è fissata ad un peso trattenuto sul fondo della tramoggia dall'insieme delle granaglie; l'altra è collegata ad un campa­nello, nei mulini più vecchi, alla sagoma in legno di un galletto. Diminuendo la massa dei grani, il peso cade sulla macina e trasmette vibrazioni al bilanciere che le manda all'altra funicella la quale mette in funzione un campanello: così il mugnaio è avvisato che il carico del­la tramoggia si sta esaurendo. La farina esce dal tamburo che copre i palmenti, attra­verso un'apertura e cade in una specie di vasca in le­gno». L'attività di molitura dei cereali non era pa­gato in denaro, ma in natura con una percentuale fissa per ogni quintale lavorato, mentre tutto quanto restava dopo la pulizia dalle impurità restava al mugnaio che in questo modo allevava gli animali da cortile a spese dei clienti. Dionigi Roggero SOS PER LA CHIESA l.a.) - In una pausa del maltempo sabato siamo alla grangia di Gazo, poco oltre Terranova di Casale, per rispondere all'appello dell'arch. Raffaella Rolfo: «Se non si interviene prima dell'inverno il tetto della chiesa crolla». In effetti per la secentesca «Natività della Vergine» urge un iontervento. Entriamo: le infiltrazioni d'acqua hanno colpito tutto il tetto e l'intonaco a terra è indice di piccoli, ultimi crolli. Le crepe non si contano più. Lo vediamo meglio dall'esterno con il profilo del tetto che ha ceduto, effetto delle alluvioni e dell'ultimo terremoto. Una chiesa importante sia per la struttura architettonica che per gli arredi in esso contenuti tra cui una «Via Crucis» e una bella statua della Madonna. Tra parentesi gli stacchi di intonaco stanno portando in luce una decorazione originale attorno a un «S. Antonio», probabilmente «I fatti della vita». All'esterno si possono seguire ancora meglio le crepe soprattutto sul lato destro. Lasciamola grangia sperando di poter tornare per applicare un nuovo cartiglio di restauro come quello che leggiamo all'ingresso del rustico retto da due mani che escono dal muro «Ristorato li 16 maggio del 1897». Tra l'altro Gazo, ci comunica Olimpio Musso che ci segue via telematica dalla sua università di Firenze, è un bel toponimo longobardo (gahagi", "terreno  riservato, bandita", in trentino "gaz" significa "bosco"). Ritorno in Duomo per verificare con don Renato Dalla Costa, responsabile diocesano arte sacra, il futuro dell'importante edificio. Buone nuove: Il progetto di restauro è stato redatto dalla stessa Rolfo e da Alan Zavattaro, per un totale di 325 mila euro, in due lotti (il primo ovviamente il più urgente riguarda tetto fino al marcapiano con cordonatura e catene e campanile) in parte coperti dal cosiddetto 8 per mille Cei (100 mila euro) e dalla «legge 15» (20 mila dal comune di Casale), poi si spera, dal concorso di privati e di fondazioni bancarie e della Regione. Uscendo dal Duomo incontriamo Duomo Patty e Scott Seitz da Denver in Colorado accompagnati da Giorgio e Patrizia Romansckyi originari di Omaha, Nebraska sul Missouri ma innamorati del Monferrato dove hanno aperto il bed and breakfast «5Chimney» a Pozzengo di Mombello. La signora Patty ha provato a sentire il sangue di S. Evasio con la testa sul ceppo... FOTO. Due immagini del degrado della chiesa (evidenziate alcune delle tante crepe) e quel che resta della struttura della trebbiatrice ad acqua per il riso

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Beppe Sartirana

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