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“Museo ArteVino Razzano” - Un migliaio di reperti

Venerdì 16 ottobre 2009, alle 16, al castello di Razzano a Casarello di Alfiano Natta (Olearo) sarà inaugurato il “Museo ArteVino Razzano”, progettato e allestito dall’artista Silvio Manzotti. Il programma si apre con una tavola rotonda moderata dal noto giornalista Paolo Massobrio. Sarà presentato - a cura di Paolo Ferrero- il volume “Quando la Barbera era nera… Terre e uomini del più grande rosso monferrino”, appena pubblicato con i contributi di Giorgio Calabrese, Walter Ferratto e Vincenzo Gerbi (v. altro articolo). Arriviamo al castello di Razzano per una visita in anteprima, all’ingresso sono parcheggiate macchine di turisti polacchi e svizzeri. Entriamo nelle sale a destra con Augusto Olearo e Manzotti. Il museo è diviso in varie sezioni. Un migliaio i reperti (ma sono destinati a crescere) su duecento metri quadri (il doppio se si considerano i soffitti), alle pareti video diffondono immagini sul Monferrato. Il museo – spiegano Olearo e Manzotti - vuole essere prima di tutto uno specchio del territorio anche se un’attenzione particolare viene rivolta alla tradizione della Barbera. È infatti con quella che Manzotti, eclettico artista da anni residente a Odalengo Piccolo ed operante in Monferrato, chiama la “beneaugurante pergola di Barbera” che ha inizio il percorso del Museo. Lo spazio introduttivo presenta il territorio del grande vino e del tartufo (e si ammira una scultura di Manzotti sul trifulau ricavata da un cantone di tufo...) oltre all’arte del passato sia romanico sia sei-settecentesco per ceder il passo a tre ambienti simbolici dedicati alla casa contadina, all’attività del fabbro e a quella del bottaio. Nel corridoio che segue, le dieci vetrine (che si affacciano sul cortile dominato dalla scenografica torre) toccano aspetti quali la memoria del vino, il laboratorio enologico, la degustazione del vino e la tecnologia del bottaio. Altri due spazi simbolici sono destinati alla vigna, alla solforazione delle foglie e alle bilance utilizzate per il commercio del vino. Lungo una scala esposti ben 98 barlett (barilotti). Tra i pezzi più antichi figura una formella gotica del Trecento, oltre ad una colonna che viene, con ogni probabilità, fatta risalire al periodo romano. In finale una sala con un torchio del Seicento e un grande grappolo di Barbera (installazione Manzotti) sospeso fatto di cento fiaschi soffiati (sotto il quale son suggestivi gli effetti di luce oltre al posizionamento di una fontana che getterà vino in continuazione), precede la parte terminale della visita al Museo. Si chiude con le cantine nuove (bella l’idea delle botti accoppiate alle poesie stagionali) e a quelle vecchie con gli infernott. “Il progetto di questo museo è volto al territorio – spiega ancora Manzotti - e presenta un aspetto didattico, che viene esposto ove è sembrato utile indicare notizie generali oppure procedimenti ormai poco conosciuti, e presenta anche un aspetto espressivo, legato agli oggetti tipici del settore produttivo enologico, ove si sono usati i materiali usuali di questa attività per ripresentarli sottoforma artistica e a volte simbolica". Certo che in Monferrato Un Museo così non l'abbiamo mai visto e per fare paragon nazionali ci sovviene solo Torgiano, quindi Olearo come Lungarotti... Torniamo al primo piano nel salone d’onore dal grande lampadario, alle pareti foto dell’ avv. Valentino Caligaris, prozio del gen. Eugenio Caligaris, da cui Olearo ha acquistato il complesso di Razzano. Ci mostrano antichi documenti: finiranno anch’essi in Museo; ci intriga la dichiarazione di alcuni prigionieri di guerra che qui furono rifugiati nel ‘43. Usciamo verso la piscina, costruita nel 2007, come sospesa tra i vigneti. Il panorama è splendido, si vedono i campanili e le torri di Cossombrato e Rinco, sotto la Cascina Campasso, un bel cru. Infine visita ai lavori di restauro della vicina chiesa, l’abside è stata legata con fibre di carbonio. Vecchio e nuovo... Luigi Angelino - Claudio Galletto -Il Museo si visita su prenotazione, biglietto 10 euro (ma si incomincia a portare a casa una bottiglia di buon vino) IL LIBRO QUANDO LA BARBERA ERA NERA «La storia di Augusto Olearo da Alfiano Natta è la storia esemplare di chi produce Barbera d’Asti da più di trent’anni, attraversando tutte le stagioni che hanno visto l’ascesa, il dramma che sfiora la tragedia e la rinascente fortuna di un vino troppo sovente sballottato tra due status inconciliabili: quello della bevanda popolare, quasi un sottoprodotto da sordida osteria proletaria, oppure della freschissima Star nell’Olimpo delle luccicanti enoteche internazionali». Così inizia l’intervista di Paolo Ferrero ad Augusto Olearo tratta dal volume “Quando la Barbera era nera… Terre e uomini del più grande rosso monferrino”, pubblicato con i contributi di Giorgio Calabrese, Walter Ferratto e Vincenzo Gerbi da Diffusione Immagine Editore (Asti) che sarà presentato venerdì al neonato Museo di Razzano (vedi altro articolo a fianco). «Ma la storia di Augusto parte molto prima, quando fin da bambino seguiva suo papà per vigne e per cascine alla ricerca di una buona partita di uve o di vino. Per i vignaioli di una volta, la produzione e commercializzazione del vino costituivano la parte più importante di un’attività economica che faceva dell’equilibrio di bilancio una dura religione: col vino si campava, non si “faceva poesia”... I ricordi di Augusto sono venati dalla nostalgia del tempo in cui ogni adulto è parte di una schiera di eroi buoni e generosi: sono gli anni del secondo Dopoguerra, quando la crescita dei consumi costituisce l’istintiva reazione a un periodo di miseria materiale e prostrazione spirituale». Ma la Barbera di quegli anni era assai diversa da quella di oggi, era prodotta con l’abitudinario ricorso agli “uvaggi” e adatta al gusto assai diverso del consumatore del tempo. Di qui l’assunzione, come imperativo morale, della ricerca della qualità, indispensabile all’emancipazione del più grande dei rossi monferrini dalla categoria residuale di “vino da tavola”. «Mio padre mi concesse la sua fiducia, nel nome di una differente progettualità, ma della comune buona fede commerciale: eravamo entrambi orgogliosi fino al puntiglio, ma fortunatamente incapaci di spianare qualunque ostacolo di fronte a un’avida megalomania. Questo senso del limite, il rispetto della naturalezza del nostro prodotto, un’etica professionale (intesa sia nel senso di una più generale moralità sia nel senso del desiderio di dare continuità e successo al nostro lavoro) furono - a ben guardare - la nostra salvezza contro un malcostume diffuso e strisciante. Mi piace comunque pensare che le idee che portai avanti nell’azienda nacquero nel medesimo ambiente familiare, dove tutti - allora come adesso - abbiamo il dovere di perseguire l’obiettivo comune, una volta stabilito e senza discussioni ulteriori». Insomma un vino dalle grandi potenzialità, non ancora totalmente espresse, in grado di gareggiare coi grandi rossi delle Langhe. «Il futuro sta nella sintesi tra il passato remoto - aggiunge Augusto Olearo - e gli anni recenti, passando attraverso un nuovo ricambio generazionale nelle aziende. Se mi passa una metafora che a lei dovrebbe suonare gradita, posso riassumere la nostra vicenda familiare e imprenditoriale dicendo che mentre i miei figli, quando lascerò loro la conduzione dell’azienda, dovranno semplicemente voltare una pagina del nostro libro, io, a suo tempo, dovetti addirittura cambiare il libro stesso. Io, e tanti come me, dovettero percorrere una strada per molti versi opposta, dal disordine, dalla quasi anarchia, dovendo ricreare un ordine. I miei figli si troveranno a dover esasperare la qualità del loro vino, ad evidenziarne ancor più la riconoscibilità e il valore ‘aziendale’, nel senso di specifico, di un’identificazione tra vino, cantina e lavoro». Dionigi Roggero "Quando la Barbera era nera. Terre e uomini del più grande rosso monferrino" Di Paolo Ferrero, illustrazioni Marco Aru pp. 88, cm. 12x17, confezione brossura Costo € 8,50 Realizzato in tre lingue. Editore Diffusione Immagine, via Carducci 17, 14100, Asti. 0141 352713. www.dimage.it Foto Luigi Angelino

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Marco Imarisio

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