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  • 29 ottobre 2009
  • Casale Monferrato

L'ultimo discorso di Tere Cerutti: "Il futuro resterà della carta stampata" - La fiducia nel superamento della crisi e i giovani

Pubblichiamo il testo della lectio magistralis che il Cavaliere del Lavoro Tere Cerutti, presidente delle Officine Meccaniche di via Adam, avrebbe tenuto agli studenti in occasione del conferimento della laurea honoris causa. La cerimonia è poi stata sospesa a causa del malore di venerdì scorso, dal quale non si è poi più rirpesa. *** Magnifico Rettore, Autorità, Signori Professori del Senato Accademico, cari amici e cari studenti, con grande emozione ricevo il riconoscimento che avete voluto attribuirmi. Voglio condividerlo innanzitutto con i miei figli Mariella e Giancarlo, che mi hanno accompagnato dalla morte di mio marito nel mio impegno aziendale, con i miei collaboratori che in questi anni hanno dedicato la loro vita lavorativa ad inseguire un sogno e con le mie nipoti Valentina e Costanza che da poco, quale quarta generazione, sono entrate a lavorare in azienda. Un sogno, quello di trasformare la piccola industria creata da mio suocero Giovanni e dai suoi figli Luigi, mio marito, e Carlo in una grande impresa leader mondiale nella produzione di macchine da stampa. Un sogno che è diventato realtà in questi ultimi decenni e che viene confermato ogni giorno sui mercati del mondo. Grazie dal più profondo del mio cuore: è questa l’espressione più semplice ma anche più sentita che voglio rivolgervi. Questa laurea, il regalo che avete voluto farmi in un periodo in cui posso guardare con uguale serenità al passato ed al futuro, mi ha consentito di ripensare proprio alla mia seconda vita in azienda. Non avevo competenze tecniche o gestionali: sentivo però fortissimo il dovere di andare avanti per assicurare a tutti gli azionisti, ai miei familiari tutti; ed a tutti coloro che lavoravano in Cerutti e per la Cerutti (cioè coloro che chiameremmo stakeholder), la continuità e lo sviluppo dell’azienda. Mentre mi immergevo nel lavoro probabilmente non me ne rendevo conto sino in fondo, ma capii allora e riconfermo oggi che onorare la responsabilità che ciascuno ha nel proprio ruolo in azienda è il primo dovere di ognuno di noi. Il mio in quel momento era di testimoniare la volontà della famiglia di non passare la mano, ma di costituire invece il punto di riferimento e di stimolo per le scelte tecniche, gestionali e di mercato che lo sviluppo della Cerutti richiedeva. Non era facile per, chi sino ad allora, di problemi aziendali aveva sentito parlare, solo ma costantemente, in casa. Ma la prima lezione che imparai e che cerco di trasmettervi oggi, cari studenti, fu quella di saper ascoltare e valorizzare le persone dell’azienda, i collaboratori che avevo al fianco. Posso dire con orgoglio che ebbi molto dalla collaborazione delle persone che avevano lavorato con mio suocero e con mio marito. Io diedi loro e all’azienda la mia umiltà nel capire e la mia determinazione a perseguire le scelte che insieme avevamo ritenuto di prendere per il bene della Cerutti. Questo significa, e voglio dirvelo con chiarezza, che il primo valore di un’azienda è costituita da quelle che oggi vengono chiamate risorse umane, cioè dagli uomini e dalle donne che danno vita a quel mondo collettivo che è l’impresa e che sfocia in un prodotto. E’ un valore tanto più importante quando vediamo che la crisi attuale mette a dura prova la capacità delle imprese di mantenere i propri livelli occupazionali. Vedete, io sono convinta che in una economia globale di mercato le crisi servono a “resettare”, come dite voi giovani riferendovi ai computer o ai telefonini, le aziende e i mercati per farle ripartire, si spera, con la stessa velocità di prima. Il concetto stesso di capitalismo nell’esperienza che ne ho avuto personalmente e in quella che voi studiate tra gli ultimi decenni dell’Ottocento, il Novecento e il primo decennio del Duemila è fatto di balzi innovativi e di assestamenti, ed anche di periodi in cui si solidificano le conquiste tecnologiche della fase di crescita. Questa crisi mi sembra invece molto diversa da quelle ricorrenti negli anni precedenti: questa volta il mondo non è più esattamente e chiaramente diviso tra paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, ma ha invece un numero di protagonisti più che raddoppiato rispetto alla mappa geoeconomica precedente, e questo rende la crisi più profonda e più dura da superare. La prima fase della globalizzazione è stata prevalentemente quantitativa: più produzione ed a costi più bassi, più consumo di energia, accesso al benessere da parte di ampi strati di popolazione prima esclusi. E’ stata una fase in cui, superando le difficoltà di entrare in mondi nuovi e non facili, poteva bastare il coraggio imprenditoriale per entrare nelle nuove frontiere economiche del mondo. Oggi la nuova mappa economica multipolare del mondo tra Europa, Stati Uniti, Cina, India, Brasile, Russia, (ciascuna area con i suoi alleati, i suoi punti di forza e i suoi punti deboli) ha bisogno di una fase che è qualitativa e non più solo quantitativa, cioè non più ottenuta principalmente o esclusivamente sul differenziale di costo del lavoro sulle merci prodotte. Serve innovazione continua (e di questo vi parlerò più avanti), serve il giusto rapporto qualità-prezzo, serve urgentemente ed imprescindibilmente che la finanza torni ad essere a servizio dell’industria e della produzione e non sia più, come negli eccessi degli ultimi decenni, meccanismo autoriproducentesi diventato chimera moltiplicatrice per molti e infine gigantesca bolla scoppiata a svegliare dai sogni immobiliari e cartacei il mondo di chi ci aveva creduto e di chi ci aveva cinicamente speculato. Non prendetelo come un paradosso, ma è proprio la profondità della crisi che mi dà speranza per il futuro. Vedete, quando una persona viene colpita da una malattia seria è probabile che se riesce ad uscirne usi maggiore saggezza, cambi le abitudini che l’hanno messa nei guai. Per esempio, non fuma oppure mangia di meno. Ecco, l’economia mondiale ha avuto un colpo molto, molto serio, è ancora stordita e convalescente, le decisioni spesso vengono rinviate, gli investimenti riconsiderati. E’ purtroppo normale che si rifletta, che si prenda del tempo, quindi credo che anche per il 2010 non possiamo aspettarci il ritorno di una crescita consistente. Ma è fondamentale che non si commettano più gli errori del passato, che tutta la catena della produzione, dai fornitori ai clienti finali, utilizzi questo tempo per trovare nuove e più solide ragioni di interesse comune, che Stato e mercato trovino nuovi terreni di incontro e nuovi terreni di distinzione perché ci sono settori dove serve lo Stato con i suoi controlli e settori dove solo l’iniziativa privata può portare benessere duraturo e sostenibile. A breve dunque l’economia continuerà a soffrire, soprattutto se sulle strade italiane, in particolare sulle nostre strade del Nord, non vedremo ancora per qualche tempo il pieno di Tir come negli anni scorsi. Io viaggio meno di quanto facessi un po’ di tempo fa, ma il calo del cosiddetto traffico pesante è molto evidente e mi ha colpito. Questo riscontro empirico della crisi significa che le aziende e le persone che vi lavorano avranno davanti ancora un periodo di difficoltà. L’oggi è proprio ciò che mi preoccupa: è la nostra vita, la vita delle nostre aziende e dei nostri dipendenti. So che gli sforzi di tutti sono rivolti a contenere i danni sociali della crisi, ad aiutare le aziende e le persone in difficoltà. Sono certa che mai come in questo momento imprenditori, istituzioni, banche, sindacati stiano lavorando tutti insieme per attutire gli effetti negativi della crisi sulle persone. E questo non soltanto per un fatto di solidarietà, ma perché la ripartenza potrà meglio avvenire se si salvaguarda il capitale umano delle aziende. E qui tengo molto a sottolinearvi come un altro fattore chiave del successo della media azienda italiana, cui la Cerutti è orgogliosa di appartenere, è il suo forte legame con la città e con il territorio dove è nata e si è sviluppata. La Cerutti, è presente con proprie aziende e propri stabilimenti su tutti i principali mercati del mondo ma continua a mantenere a Casale ed a Vercelli, non solo il suo headquarter, ma anche il suo cervello ( i tecnici, la progettazione e le produzioni più qualificate). Si tratta di un rapporto profondo e proficuo perché esso non è mai a senso unico: l’azienda è motore del proprio territorio, da esso prende linfa e la restituisce, contribuendo ad innalzare non solo il benessere materiale ma dando sostanza anche e soprattutto a quei beni immateriali che fanno di un aggregato di persone una comunità. Una comunità che pone al primo posto il senso civico, la crescita e la formazione dei giovani, la cultura e lo sport. Ed una comunità è tale, se ciascuno degli attori sa rinunciare a qualcosa per il bene comune. Da questo rapporto nasce il tessuto umano e tecnico con il quale un’azienda riesce ad ottenere la leadership nel suo mercato. L’intelligenza, la conoscenza e la sapienza sono doti umane che nessun computer può sostituire. Appartengono agli uomini e alla loro creatività. Questa è stata una chiave del nostro successo: da mio suocero Giovanni, il fondatore, a mio figlio Giancarlo, tutti coloro che negli anni hanno avuto la responsabilità della gestione, tutti hanno creduto in questa filosofia e l’hanno applicata in Cerutti. Far fronte al proprio ruolo, valorizzare la collaborazione di tutte le componenti dell’azienda, conoscere profondamente i mercati, essere parte fondamentale nella vita di una comunità. Sono cose fondamentali ma da sole o tutte insieme non bastano se il prodotto dell’azienda non è costantemente al passo con la tecnologia, se non è quanto di meglio esiste al mondo nel proprio settore, se non ha il miglior prezzo in relazione alla qualità, se non ha l’assistenza più veloce ed efficace quando serve. La centralità del prodotto, insieme alla centralità del cliente, è un’altra caratteristica fondamentale che una azienda internazionale come la Cerutti ha sempre posto come priorità. Lo strumento per raggiungere questo obiettivo è uno solo: innovazione continua. Cos’è l’innovazione continua? Per me significa intuizione di ciò che il mercato richiede, da una parte, e costante lavoro di sviluppo per soddisfare quelle richieste dall’altra, cioè essere propositivi modificando costantemente i prodotti per offrire al mercato sempre nuove opportunità. Negli anni Sessanta mio marito Luigi era solito dire: “il mondo sarà imballato”. Così effettivamente è stato e anche dietro a questa intuizione la Cerutti è cresciuta perché ha non solo preso la direzione strategica giusta ma l’ha anche sostenuta con l’innovazione costante sul prodotto. Il nostro Centro Ricerche di Vercelli e il nostro ufficio tecnico, meccanico ed elettronico (oltre 100 persone), i nostri 60 tecnici costantemente in giro per il mondo per mantenere in perfetta efficienza le nostre macchine sono lo strumento con cui abbiamo reso concreta la parola innovazione. Ricerca e innovazione non devono mai andare in vacanza, devono essere sempre al centro della nostra attenzione e ogni pretesto deve essere buono per fare meglio. Quando la grande alluvione del 2000 ci procurò grande difficoltà allo stabilimento di Casale appoggiai subito il progetto per spostare il Centro Ricerche a Vercelli rendendolo più grande, più moderno, più efficiente e più vicino a dove costruivamo rotative rotocalco per la stampa di imballaggi. Ma innovare significa anche capire prima e meglio dove va il proprio mercato. Vi faccio un esempio degli anni successivi alla scomparsa di mio marito: mentre mio cognato Carlo e mio figlio Giancarlo seguivano la gestione aziendale, e mio genero Antonio Maria gli aspetti sindacali, mi resi conto che il mercato avrebbe utilizzato sempre di più le rotocalco con piegatrici variabili nella stampa dei magazine e dei cataloghi: lavorammo tutti intensamente per spiegare agli operatori di quel mercato che la Cerutti poteva essere il partner ideale per loro in quella fase di evoluzione tecnica. Come poi è avvenuto. Innovare non è quindi solo fare un rullo più veloce o più leggero per ottenere un prodotto migliore. Innovare è anche saper comprendere l’evoluzione dei mercati, possibilmente anticiparla, sempre saperla interpretare. E qui vorrei ricordare un’altra necessità per un’ azienda, se questa vuole essere veramente internazionale: in un mondo globale non è pensabile non essere aperti ai mercati del mondo. Io ho viaggiato, partecipato a fiere e convegni, e sostenuto le decisioni di chi aveva la responsabilità della gestione di essere presenti come Cerutti nei mercati più strategici. I giapponesi hanno una bella espressione per esemplificare questo concetto: ”Se non vuoi, manda. Se vuoi, vai”. In questi ultimi 20 anni gli stabilimenti di Milwaukee e Detroit, Barcellona, Shangai, il centro di progettazione elettronica di Trivandum, i Centri di servizio di Tokyo, Frankenthal, Oxon e Buenos Aires sono le nostre antenne e i punti di riferimento per capire dove va il mercato e sostenere la nostra presenza commerciale e dei nostri prodotti. Ogni cosa, cari giovani, si basa sulla conoscenza e sul sapere; e conoscenza e sapere si basano sulla formazione. Oggi voi siete in competizione con i vostri coetanei di tutto il mondo e oggi non ci sono barriere. Voi potete andare nel mondo, il mondo può venire a casa vostra. E’ una grande possibilità che la vostra generazione ha: le distanze si accorciano, ma vince chi è più preparato alle sfide difficili di oggi. Voi, cari ragazzi, siete la generazione di Internet e del telefonino, due grandi conquiste di questi ultimi decenni, due grandi strumenti di comunicazione tra voi e con il mondo. Vi prego però, e non solo perché la Cerutti insieme alle macchine per gli imballaggi costruisce anche macchine da stampa per magazine e quotidiani, di continuare ad apprezzare il profumo della carta stampata, il piacere di leggere un libro od un giornale. Vedete è importante avere tutto con sè, poter essere aggiornati costantemente, poter scaricare canzoni o video, ma credo di poter dire dall’alto dei miei anni che la cultura e l’approfondimento viaggeranno sempre con il quotidiano preferito, con il libro che ti apre un mondo, con il magazine che ti fa pensare. Ricordatevi che il pianeta Terra che conosciamo, ha impiegato millenni per mettere il sapere a disposizione di tutti a costi molto bassi attraverso i libri ed i giornali. Oggi la tecnologia ha piattaforme nuove e diverse per far transitare il lavoro intellettuale, ma la piattaforma più compatibile con la nostra natura di persone insieme sociali e individuali, con la nostra sensibilità e talvolta persino con le nostre tristezze e nostalgie resta la carta stampata. Non è solo il mio, forse interessato, parere ma anche quello di un grande intellettuale come Umberto Eco, che è anche della nostra terra. Spero di non avervi annoiato con i ricordi o infastidito con le esortazioni. So di avervi detto delle cose vere, la Cerutti ha sempre posto come priorità. prima delle quali è che la vita ci può chiamare anche a responsabilità inaspettate, come è successo a me. In tal caso, si può dire di no oppure prendersele tutte e lavorare per onorarle come ho fatto io. L’unica cosa che non si può fare è lamentarsi per il mancato preavviso. Ringrazio molto Lei Signor Rettore, il Senato accademico e ovviamente molto il Signor Ministro Gelmini per l’onore che mi avete fatto. Vi lascio ricordando il motto di un uomo semplice, ma geniale, grande innovatore, amico dei giovani e sostenitore delle loro speranze, mio suocero Giovanni Cerutti, fondatore della nostra azienda: egli ricordava a tutti noi: ”Non abbiate paura di avere coraggio”. Siano queste parole di felice auspicio e di guida per tutti voi, sempre.

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