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  • 30 gennaio 2024
  • Casale Monferrato

"Si apre il sipario"

Giorgio Marchesi al Municipale con "Il fu Mattia Pascal"

Mercoledì 31 gennaio e giovedì 1° febbraio alle 21

Giorgio Marchesi. Visto da Max Ramezzana

Mercoledì 31 gennaio e giovedì 1° febbraio alle ore 21 andrà in scena sul palco del Teatro Municipale di Casale Monferrato “Il fu Mattia Pascal”, tratto dal capolavoro di Luigi Pirandello. Biglietti in vendita su VivaTicket.com, al botteghino del teatro (le sere dello spettacolo) e da Sassone Viaggi. 

Protagonista, insieme al musicista Raffaele Toninelli, l’attore Giorgio Marchesi (che cura ne ha curato la regia insieme alla moglie Simonetta Solder). Proprio il celebre attore di tante fiction di successo, ci racconta come nasce questo spettacolo.

In cosa consiste la modernità di interpretare un grande classico della letteratura?
Si trattano tematiche senza tempo che risultano sempre attuali, rivedendo attraverso alcune suggestioni contemporanee, quello che è stato scritto 120 anni fa.

Parliamo del cambio di vita del nostro protagonista, ma lei ha sempre voluto fare l’attore e quando ha compreso che quella sarebbe stata la sua professione?
Fino a 23 anni ho fatto tanti lavori. Prima in un’azienda chimica, poi in un negozio di scarpe, il cameriere a Londra, e ancora all’ippodromo di Padova, dove iniziai a frequentare un corso di teatro. Questo mondo mi ha subito affascinato. Ma allo stesso tempo non ero convinto che questa potesse diventare la mia professione per mantenere una famiglia. Devo ammettere che poi è successo tutto in fretta, complice anche un pizzico di fortuna. Il teatro è la pratica perfetta per iniziare questo mestiere. Poi però,  la passione e l’ossessione sono fondamentali per questa professione. Come i musicisti, anche gli attori devono esercitarsi e allenarsi. Impratichendosi, un giovane attore ha più frecce nel proprio arco. 

La musica che ruolo ha nello spettacolo?
Risulta fondamentale, al mio fianco ho un grandissimo professionista come Raffaele Toninelli, che ho fortemente voluto con me e con cui ho già lavorato in precedenza. Abbiamo una sensibilità simile, capisce al volo quello che gli chiedo per lo spettacolo. La musica segue lo stato emotivo del protagonista. Abbiamo scelto una musica non appartenente al 1904, ma con il contrabbasso di Toninelli ci permettiamo di spaziare tantissimo! Jazz, house, groove… tutto in scena. Oltre all’improvvisazione che ci consente di dare una linea jazzistica allo spettacolo.

Emerge con forza il tema dell’identità, ma come si sviluppa un argomento così delicato nel mondo in cui i social sdoppiano le nostre vite…?
Il problema era già molto sentito e complesso 120 anni fa, quando la psicanalisi si affacciava al mondo, e il tema più caro a Pirandello è proprio quello della maschera. Oggi l’identità risulta ulteriormente frantumata, ognuno di noi mette davanti a sé una maschera virtuale. Visto il momento storico che stiamo vivendo, abbiamo sviluppato il desiderio del “reinventarsi”. Un lavoro che Mattia Pascal fa per diventare Adriano Meis. Tutti quanti noi speriamo di vivere un’altra esistenza, di rinascere in qualcun altro.

In una messa in scena sicuramente “spumeggiante” e maggiormente ironica, Pirandello cosa avrebbe preso in prestito dal suo “Il fu Mattia Pascal”?
In un’opera così enorme, non credo che l’autore avrebbe voluto rubarmi qualcosa, anzi io ho dovuto fare delle scelte “dolorose” per condensare il testo in un’ora e dieci di spettacolo. Quello che ho apprezzato dell’opera è stata l’ironia, oltre al cinismo, che emerge dalle parole di Mattia Pascal. Noi leggiamo questo testo con un’accezione negativa, Mattia Pascal è il tipico italiano che si lascia scorrere le cose addosso e trae vantaggio dagli eventi negativi, ma in tutto questo possiamo intravedere la grande ironia messa in campo da Pirandello.

Cosa apprezza maggiormente della grande prosa della tradizione teatrale?
Abbiamo testi molto belli che possono essere rivisitati, dovremmo essere maggiormente “scorretti”, come farebbero gli inglesi con Shakespeare. Mi piacerebbe una nuova drammaturgia che manca… drammaticamente, all’interno del teatro italiano si dovrebbe tornare a scrivere. Oggi non abbiamo né la concentrazione né l’attenzione per seguire spettacoli di un certo tipo. I grandi classici devono essere sempre presenti, ma vorrei che venisse dato anche più spazio a qualche giovane autore.

Parlando di fiction non possiamo dimenticare la sua parte ne “La Sposa”, serie tv girata tra Monferrato e nel Vercellese.
“La Sposa” è uno dei lavori a cui sono più affezionato, è stato girato a Fontanetto Po, un luogo che corrispondeva perfettamente all’epoca della vicenda, un paese che ha mantenuto il sapore del passato. Quando il tempo ha un suo peso, tutto risulta maggiormente interessante e quando le cose sono semplici, funzionano.


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