Rosignano pensa alle biomasse. Verrebbe prodotta energia con gli scarti dell’agricoltura
di Carlotta Demartini
Un innovativo progetto di valorizzazione e trasformazione delle biomasse (Vitis Energetica) promosso dall’Istituto Luparia potrebbe coinvolgere il Comune di Rosignano. Un’opportunità vantaggiosa perché creare energia dalle biomasse consente di eliminare gli scarti prodotti dalle attività agroforestali e contemporaneamente di produrre energia elettrica, riducendo perciò la dipendenza dalle altre fonti di natura fossile come il petrolio. Quella derivante si tratterebbe di energia pulita a tutti gli effetti perché la combustione di biomasse crea una quantità di carbonio pari a quella assimilata dalle piante durante la loro crescita e una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili. Inoltre, se a ciò si aggiungesse l’accortezza di costruire una centrale termica di dimensione tali da poter essere alimentata con prodotti locali, si eviterebbero anche i gas derivanti da mezzi molto inquinanti, come i camion o i tir, che viaggerebbero per trasportare le materie necessarie.
Da una prima proiezione condotta con dati raccolti sul territorio di Rosignano, considerando una superficie di vigneti pari a 270 ettari, si è evidenziato il seguente panorama: sarebbero raccolte 405 tonnellate di sarmenti, che trasformati in pellet, diventerebbero 218,7 tonnellate di prodotto, le quali sprigionerebbero energia per 3.936.600 megajoule, che a loro volta riuscirebbero potenzialmente a sostituire 107.500 litri di gasolio, sufficienti a scaldare 13,750 metri quadrati di superficie coperta (equivalenti a 50 alloggi di circa 100 metri quadrati ciascuno).
I locali riscaldabili con una quantità di energia simile potrebbero essere quelli di una frazione piuttosto che di un quartiere, o in alternativa quest’energia potrebbe rendere autonomi alcuni edifici comunali come, nel caso di Rosignano, il municipio, le scuole, il circolo, l’oratorio e l’ambulatorio medico.
La soluzione delineata dal progetto ha anche una vantaggiosa applicazione dal punto di vista agronomico: infatti, recenti ricerche, sostengono che con l’interramento dei tralci (soluzione adottata al momento da quasi tutti i viticoltori) si restituiscono all’ambiente i patogeni responsabili di gravi ampelopatie come la flavescenza dorata, l’oidio e la peronospera che stanno velocemente decimando le viti del nostro territorio.
Al contrario, con la produzione di cippato o pellet, le potature diventerebbero una risorsa. Lo studio dovrà necessariamente comprendere anche l’ottimizzazione delle operazioni e della logistica di conferimento e stoccaggio, che consentono una riduzione notevole dei costi. Anche per le aziende di medie dimensioni un utilizzo come quello prospettato dal progetto in questione può prospettare un beneficio economico grazie all’eliminazione del costo per lo smaltimento dei sarmenti e dei prodotti della trinciatura.
A supporto dell’azione legislativa necessaria per l’avvio di un tale progetto, potrebbero essere effettuati dal Comune altri interventi complementari, tra cui un’esenzione IMU sui terreni coltivati a vite nei quali viene reso disponibile il materiale ricavato dai lavori agricoli inerenti o interventi di polizia rurale che vietino l’interramento dei sarmenti. Inoltre non va dimenticato che nei Comuni della zona monferrina sono presenti molte altre coltivazioni arboree che potrebbero produrre materiale (ramaglia e sarmenti) utilizzabile a scopo energetico.
Quindi quello che una volta era un costo da sostenere si potrebbe trasformare ora in un’opportunità di produrre preziosa energia pulita.