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A Valle Lomellina

Un monsignore 'falsario'

Mons. Pietro Barbieri è nato a Valle Lomellina il 19 marzo 1893 da Giuseppe, di professione carrettiere, e dalla casalinga Rosa Avanza, sorella di don Gerolamo, prevosto di Pieve del Cairo.
Rompendo il lungo silenzio in cui è rimasto avvolto, tornano ora alla luce la sua vita, il suo pensiero e le sue opere grazie ad un libro appena pubblicato dell’editrice bergamasca Velar. L’autore è don Cesare Silva, laureato in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e parroco di Valle Lomellina. Si intitola “Monsignor Pietro Barbieri. Il più grande falsario del mondo”. Curioso il sottotitolo dell’opera, tratto da una frase pronunciata dal prelato vallese che forniva documenti di identità falsi e carte annonarie contraffatte agli ebrei nei terribili anni della occupazione tedesca. Un testo agile, di taglio divulgativo e di facile lettura, frutto di una accurata ricerca d’archivio del parroco-scrittore, che ci restituisce il profilo del giovane volitivo e vivace “Pierino”. Rimasto orfano, con tre sorelle, a soli quattro anni per la perdita della madre e pochi anni dopo anche del padre, morto in un incidente mentre trasportava sul calesse un malato all’ospedale di Pavia, a dieci anni varcava la soglia del seminario vescovile di Vigevano accompagnato dallo zio teologo. Ordinato sacerdote a soli 23 anni, conseguì la laurea in Lettere all’Università di Genova e poi in Diritto canonico all’Università dell’Apollinare di Roma. Dopo un primo servizio sacerdotale in Lomellina, si trasferì in Francia dedicandosi all’apostolato missionario accanto ai minatori italiani, poi a Boston come cappellano degli immigrati e dei carcerati italiani, assistendo negli ultimi giorni di prigionia gli anarchici Sacco e Vanzetti. Nel 1929 raggiunse l’Inghilterra, dove conobbe il fondatore del Partito Popolare don Sturzo, esiliato a Londra. Tornato a Roma, fu ospite di mons. Antonio Capettini, anch’egli originario di Valle, al ritorno dalla Cina, dove era stato per alcuni anni Vicario Apostolico, e poi al servizio della Santa Sede per oltre vent’anni (1931-1954). Negli anni drammatici della guerra la sua abitazione nei pressi della Stazione Termini, in via Cernaia 14, fu la prima sede del Comitato di Liberazione Nazionale e luogo segreto di incontro di molti rappresentanti dei partiti democratici, tra cui Nenni, La Malfa, Saragat, Gronchi, De Gasperi, Andreotti e perfino Togliatti. Nel sottotetto della vicina chiesa della Madonna del Rosario, in via Cernaia, grazie alla collaborazione di alcuni dipendenti del Poligrafico dello Stato, “don falsario” aveva aperto una sofisticata tipografia clandestina. La sua intensa attività proseguì nel dopoguerra in ambito politico, come assiduo frequentatore dei corridoi del Parlamento, tanto da essere ricordato sui giornali come il “cappellano di Montecitorio”, e in quello religioso come decennale commentatore del Vangelo in una apprezzata rubrica radiofonica della RAI e autore di una trentina di opere. Il monsignore lomellino è scomparso a Roma il 16 ottobre 1963.
 
Itinerario
Raggiungiamo Valle Lomellina da Terranova, poi superata Candia, breve sosta davanti alla chiesa di Pollicino (leggete le indicazioni sul cartello delle “Vie della fede in Lomellina”) di Breme, poi a sinistra alla rotonda di Sartirana. Il cartello luminoso della farmacia segna 19°. Parcheggio nella piazza, un tempo del broletto, davanti al cartello della Stat e alla casa storica di Ermete Braccio. Ci attende il direttore della Biblioteca Marco Feccia (col figlio Alessandro), consulente redazionale del libro su mons. Barbieri. Ha già in mano una copia dell’atto di nascita di mons. Barbieri (v. altro articolo). Poco dopo il suono delle ore 10 arrivano il sindaco Pier Roberto Carabelli e don Cesare Silva, parroco di Valle, Breme Sartirana e Semiana, con parenti a Murisengo.
Don Silva ci accompagna nella visita della seicentesca chiesa parrocchiale di San Michele, dove ammiriamo una tela dell’Alberini che nasconde affreschi più antichi, l’elegante coro ligneo (“Il più bello della diocesi”, aggiunge il parroco), l’organo Bernasconi, una statua dell’Addolorata “spagnoleggiante” con stiletto, il quadro che raffigura il beato Francesco Pianzola di Sartirana e il battistero.
Entriamo nella casa parrocchiale per consultare l’atto originale di battesimo di Pietro Antonio Barbieri, è datato 23 marzo e firmato dall’economo spirituale don Paolo Borella, essendo la sede vacante. All’uscita salutiamo Mara Cherubini, giornalista dell’Informatore Lomellino. Dopo una breve visita della chiesa della confraternita di San Rocco, si apre la porta del Castello, grazie alla disponibilità della gentilissima proprietaria, signora Marzia Orlandi (vedova del regista Rai Pier Paolo Ruggerini, tra i suoi fiori all’occhiello L’Approdo e Tv7). Prime notizie sul maniero si hanno nel XV secolo.
Seguiti da uno dei gatti della castellana (“Tranquilli, ritorna”, dice il direttore Feccia), da uno stretto camminamento che portava al fossato percorriamo poi la Contrada della Valle. Passiamo davanti alla residenza di Alfonso Litta, che “ha rischiato di diventare papa, poi ricompensato come arcivescovo senza berretta cardinalizia”.
Quindi la casa natale dell’artista Alberto Ghinzani, scomparso nel 2015, e finalmente all’incrocio con via Milano la casa natale alta e stretta della famiglia Barbieri, con al pian terreno il negozio dei genitori e la lapide in ricordo del prelato posta dal comune (dovrebbero spostare un po’ di segnaletica deturpante).
Poco oltre si intravede anche la casa di mons. Francesco Maria Capettini, missionario in Cina; certo che Valle meriterebbe un libro non solo su mons. Barbieri ma su tutti i suoi personaggi.
Il nostro viaggio continua in periferia, oltrepassata la stazione ferroviaria e la Curti Riso, si conclude all’antico santuario mariano di Casaletto (nel piazzale una Madonna del riso di Ghinzani), davanti all’affresco quattrocentesco della Madonna che ha un legame col Monferrato: si narra di un eretico che colpì con un bastone l’immagine della Vergine posta in un’edicola di campagna vicino a Moncalvo. Il danno che l’uomo procurò lasciò un segno indelebile sul dipinto che sparì miracolosamente da quel luogo per poi riapparire, appunto, a Casaletto.
Si sa che nel 1467 i frati francescani di Valenza ottennero il permesso di costruire un convento accanto alla chiesa, ricordato dalla vicina “cascina dei frati”, oggi di proprietà Cotta-Ramusino.
Un tempio nel verde caro agli abitanti nella zona, lo dimostrano gli ex voto.
Una curiosità: nel suggestivo santuario tra le risaie si sposò l’attore Giancarlo Giannini, con chierichetto (si chiude il cerchio), il futuro direttore Feccia.
Luigi Angelino-Dionigi Roggero

Contributo

Dopo la pubblicazione riceviamo il gradito contributo da Maria Teresa Vaccarone:
'L'affresco si trovava in origine su un'altra parete, con le spalle rivolte a Moncalvo (da cui appunto la Madonnaera "scappata"). Quando è stato spostato nella posizione attuale, si è visto che l'affresco e il suo supporto murario stavano già su una specie di supporto in ferro, come se fossero stati davvero parte di un muro tagliato e trasportato, nel suo contenitore ferreo, altrove. Leggenda e realtà spesso si mischiano...'


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