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Framar: strappati sei mesi di cassa integrazione

Quattro faticose ore di trattativa martedì scorso presso gli uffici regionali del lavoro tra le parti sociali e Framar, per l’ottenimento di 6 mesi di cassa integrazione in deroga misura che - fino a pochi giorni fa - era stata tassativamente negata dal socio di maggioranza Renzo Bruni. Quattro ore durante le quali sono stati diversi gli step così come le posizioni prese dall’Unione Industriale e dal socio Davide Coggiola, in costante contatto telefonico con Bruni (che non si è presentato all’incontro), prima di pronunciarsi. L’azienda aveva espresso parere favorevole a ritrattare la propria posizione accettando i 6 mesi di cassa integrazione in deroga (possibile usufruendo dei fondi regionali) oltre a successivi 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per crisi, a condizione che il sindacato accettasse lo scavalco del rispetto dei criteri di legge, ovvero acconsentisse la messa in mobilità nominativa delle 25 unità interessate. In buona sostanza, Bruni avrebbe voluto poter licenziare tutti quei lavoratori attualmente in cassa senza dover fare i conti con il rispetto di quei requisiti, come i carichi di famiglia, l’anzianità di lavoro in Framar e delle esigenze tecnico amministrative dell’azienda, che avrebbero comportato la messa in mobilità di persone attualmente in forza ed il rientro di parte di quelle in cassa. Quando tutto sembrava compromesso, dopo l’ennesima telefonata tra Coggiola e Bruni, la situazione ha preso una svolta fino ad arrivare all’accordo definitivo accettato dalle parti sociali. Verranno concessi 6 mesi di cassa integrazione in deroga fino al 19 novembre prossimo, durante i quali verrà aperta la mobilità solamente per le uscite volontarie. Allo scadere del 19 di novembre, la mobilità interesserà inderogabilmente i 25 lavoratori in esubero oppure, nel caso in cui nel frattempo qualcuno uscisse volontariamente, solamente le unità risultanti per differenza. Grazie al raggiungimento di tale accordo, l’azienda potrà usufruire del beneficio di 2.400 euro, pari a tre mensilità per ogni dipendente che, in questo caso, verrà trasferito al dipendente quale incentivo per l’uscita dall’azienda. Raggiunto questo primo risultato con sufficiente soddisfazione, ora il sindacato, rappresentato da Mirko Oliaro della Cgil e da Tonio Anselmo della Cisl, resta in attesa del prossimo incontro che si terrà settimana prossima presso l’Unione Industriale per discutere della disdetta degli accordi sindacali preannunciata da Bruni con decorrenza 1° luglio. «Se non si giungerà anche in quella circostanza ad un accordo», precisano dal sindacato, «procederemo per via legale». Intanto, nei primi giorni della prossima settimana si terrà un’assemblea con i lavoratori anche per chiarire la cosiddetta situazione dei dipendenti «meritevoli» ovvero quelli che, a detta di Bruni, potranno giovare di particolari benefici se, meritati. Questo è quanto sarebbe emerso da un sibillino pronunciamento da parte dell’imprenditore toscano, inducendo strategicamente alcuni lavoratori a fare marcia indietro rispetto al sostegno alla protesta. E mentre passano i giorni, sembrerebbe prendere sempre più forma la volontà di Bruni di cedere l’azienda a qualche potenziale acquirente o nuovo socio. Lavoratori, sindacato e Valcerrina tutta confidano in tale passaggio ma, tuttavia, Oliaro ed Anselmo precisano «sembrerebbe che le intenzioni di Bruni siano quelle di depurare l’azienda prima di cederla ma, attenzione, chi subentrerà si dovrà far carico di tutte quelle pendenze derivanti dalle cause per dipendenti licenziati ingiustamente e per l’eventuale disdetta degli accordi sindacali. Ovviamente saremo disponibilissimi per stabilire nuovi accordi che riconsiderino complessivamente la situazione». In Regione a Torino si sono recati anche un gruppo di lavoratori che hanno sostenuto e rafforzato la protesta.

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Lorena Balbo

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