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Valorizzazione di una fornace recuperata dalla proprietaria

L’Associazione Italiana per Patrimonio Archeologico Industriale ha organizzato lo scorso 8 febbraio al Castello del Valentino di Torino una giornata di studio sull’architettura, i paesaggi culturali e la valorizzazione delle identità culturali, dimostrando un’attenzione sempre maggiore nei confronti dei luoghi del lavoro, oggi considerati a pieno titolo beni culturali e non aree dismesse o a rischio di speculazione edilizia. In quella occasione Paola Gioglio ha presentato agli studiosi la fornace Martinetto di Mirabello, di proprietà della famiglia, inattiva dal 1982. Costruita presso la cascina Martinetto, la fornace appartenne ad un muratore di Occhieppo Superiore, un certo Negri Bartolomeo, che come tanti altri fornaciai (molti malcantonesi) si trasferivano in Monferrato per ritornare a casa con i risparmi frutto della loro attività. Il capomastro di Occhieppo, che inizialmente mantenne il domicilio nel biellese, divenne col tempo a Mirabello proprietario di una casa e di una fornace che nel 1861 aveva fornito “i pianeli” per il restauro della chiesa dei Santi Sebastiano e Martino della frazione Martini di Lu. In effetti la chiesetta settecentesca, che nella prima metà dell’Ottocento era stata danneggiata più volte a causa di scosse telluriche e di eventi atmosferici, venne riaperta nello stesso anno grazie all’impegno delle famiglie del posto. Una svolta si ebbe con l’introduzione nel 1878 del forno Hoffmann, brevettato dall’omonimo ingegnere berlinese intorno alla metà dell’Ottocento, che trasformava il lavoro artigianale espletato in fornaci da campo in una vera e propria attività industriale. Due anni dopo Giovanni, figlio di Bartolomeo, subentrato dopo la morte del padre (1880) nella guida della fornace incrementa l’attività produttiva affiancata ad importanti incarichi professionali, come quello di capomastro nel prolungamento della chiesa parrocchiale di Occimiano, su progetto dell’arch. Gioachino Varino. Oltre alla fornitura di circa 800 mila mattoni per l’ampliamento della parrocchiale di Camagna, realizzato su progetto di Crescentino Caselli negli anni 1885-1890. La fornace Martinetto fu ceduta nel 1923 da Ottavio Negri, figlio di Giovanni, detto “’l Tavi d’Negri” e coetaneo di uno zio di Rosetta Loy, alle famiglie Gioglio, Novarese e Canova, provenienti da un altro luogo e da un altro mestiere. Passata quattro anni dopo a Pietro Guaschino, fu nuovamente acquistata dal fallimento Guaschino nel 1934 dalla famiglia Gioglio, l’attuale proprietaria. Di particolare interesse il forno Hoffmann a 21 camere, lungo 50 metri e largo circa 11 metri. Molto suggestive le due gallerie di cottura intonacate per tutta la loro lunghezza, tranne un tratto con mattoni a vista forse ricostruito in epoca successiva. La parte superiore del forno è attrezzato con le aste di manovra delle valvole per il flusso dei fumi al camino e con le coperture in ghisa delle bocchette di alimentazione del fuoco. L’alta ciminiera, che presenta una incisione in laterizio con la data di costruzione, risalente all’anno 1878, è stata ribassata per motivi di sicurezza, mentre all’origine (quando la fornace era alimentata a carbone) l’altezza era superiore ai 30 metri, secondo un preciso rapporto tra altezza del camino e lunghezza del forno. Accanto al forno di cottura, una vasta manica coperta da una struttura in metallo e laminati plastici, ospitava il reparto di essiccazione, ed è tuttora occupata dalle gambette per l’essiccazione naturale dei laterizi, in parte ancora presenti ed in buono stato di conservazione. Dionigi Roggero FORNACE TOUR Veloci in un sabato mattina invernale puntiamo su Mirabello, passato il paese, sulla sinistra una rossa ciminiera annuncia la fornace Gioglio. E’ immersa in una bella e spaziosa area verde della cascina Martinetto. Ci accoglie Paola Gioglio con marito ing. Pier Luigi Angelino, di origine rosignanese e lontano parente della scrittrice Rosetta Loy che nel suo ultimo incontro mirabellese ha ricordato la fornace della “Maturlin”. Nei vari passaggi di proprietà si arriva, ci dicono i nostri cortesi anfitrioni, dalla famiglia Negri a Luigi Gioglio che a Ticineto aveva un negozio di stoffe e materassi e del paese era stato sindaco e podestà. Dopo la vendita della fornace i Negri si sono trasferiti a Tromello (per noi il paese del fotografo Francesco Negri, erano parenti?). Iniziamo il fornace tour da quello che è il nucleo più importante per un progetto di archeologia industriale, il forno Hoffman a quattro scomparti, una rarità. Ai lati ci sono i graticci per l’essicazione. Saliamo al primo piano dove sono ancora conservate le bocchette di alimentazione della fiamma ‘‘che correva’’. Il ‘‘signore del fuoco’’, si chiamava propri così, era Dante Coppo. Tra le produzioni la calce usata come adesivante al verderame per combattere la peronospora, veniva ricavata dal ‘‘Poggio della calcina’’. Siamo in tema scendendo nelle cantine della vicina cascina Martinetto che ha dato il nome alla fornace. Nell’infernott, usato tra l’altro in tempo di guerra per sfuggire ai nazifascisti, oggi invecchiano le bottiglie della ‘‘vigna del noce’’: 11 tipi di uva. Nasce il discorso della fruizione, sul recupero siamo sulla buona strada, di un complesso così importante e riconosciuto di grande interesse dal Politecnico torinese. Si potrebbe fare un centro di artigianato, destinarlo a rassegne temporanee. In ogni caso rientra in un percorso di archeologia industriale dal grande fascino. Luigi Angelino

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