Il sindacato non intende accogliere la proposta del patron della Framar Renzo Bruni, perché - spiegano Mirko Oliaro (Fiom)e Tonio Anselmo (Fim) - ciò significherebbe andare contro la legge.
«Nel corso di quest’ultimo anno e mezzo», hanno detto i due sindacalisti durante la conferenza stampa anticipata a ieri presso la Camera del Lavoro di Alessandria, «abbiamo offerto a Bruni molte possibilità di dialogo e punti d’incontro ma, da parte sua, non si sono presentate mai le condizioni per raggiungere il benché minimo accordo. Ora ci chiede di sottoscrivere la rinuncia al diritto della 14a mensilità, un diritto che i lavoratori hanno acquisito nel 1974 e la modifica della retribuzione fissa. Tutto ciò non si può fare, esiste un limite a tutto. E questo limite si chiama legge. Se appoggiassimo una simile proposta, rischieremmo a nostra volta di esporci ad una vertenza».
Bruni aveva proposto ai lavoratori di rinunciare a circa 40 euro al mese per un periodo transitorio, al fine di collaborare al raggiungimento degli obiettivi di rilancio, assicurando, da parte sua - la volontà di far ripartire l’azienda (e la disponibilità delle risorse necessarie).
Tutto ciò a condizione che non si imboccasse la strada delle vertenze sindacali.
«Ma un’azienda delle dimensioni di Framar non può aver bisogno di 40 euro al mese per 70 lavoratori», commentano i sindacati, che ritengono si tratti solo di un scusa per mandare comunque tutto all’aria e che gli intenti reali di Bruni sarebbero invece altri, a partire dalla cessione dell’attività.
Qualcuno avrebbe già notato all’interno dell’azienda Massimo Zo che, secondo Bruni, avrebbe dovuto entrare nella compagine societaria qualora i dipendenti avessero ritirato la vertenza.
Si parla anzi di un fantomatico contratto di 18 mesi per curare il commercio con l’estero che, alla scadenza, potrebbe trasformarsi - si dice - in cessione.
Così la difficile scelta - dare fiducia a Bruni e by-passare il sindacato ritirando la vertenza, oppure rischiare di vedere l’azienda messa in liquidazione? - passa ora nelle mani dei lavoratori.
«Qualsiasi decisione prenderanno», concludono Oliaro e Anselmo - «noi saremo disponibili a seguirli. Ma se l’azienda chiuderà, non sarà certamente nostra e loro (dei lavoratori) responsabilità».
Nel bene o nel male, per il sindacato, la responsabilità resta di Bruni.