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  • 31 dicembre 2016
  • Motta de' Conti

Minaccia il titolare di una trattoria per un presunto sgarbo alla compagna

Si era presentato alla trattoria “Settimo cielo” di Motta de’Conti per chiedere conto di un presunto sgarbo dei titolari nei confronti della sua compagna. Ma, anche a causa del troppo alcol ingerito, quello che doveva essere un chiarimento è partito subito male con un coltello puntato alla gola del figlio del titolare del ristorante trattoria ed è finito anche peggio, con una rissa e l’intervento dei carabinieri. Per quell’episodio di due anni fa, un uomo residente in paese, Oscar Del Frate, è stato chiamato in giudizio per i reati di minacce aggravate e porto di arma impropria (il coltello con il quale aveva minacciato Davide Villarboito, figlio dei titolari del locale). Nel processo, che si è celebrato prima della pausa natalizia davanti al giudice Elisa Campagna, prima Davide, poi il padre Luciano Villarboito, residenti a Morano Po, sono stati chiamati a raccontare quanto era successo in quella convulsa serata. E lo stesso ha fatto Giuseppe Grisolia, ufficiale dei Carabinieri a riposo, già comandante della Compagnia Casale, che quella sera si trovava a cena nel locale. «Qualche sera prima di quell’episodio - ha spiegato Davide Villarboito rispondendo alle domande del pubblico ministero, Maria Grazia Iannolo - la compagna del signor Del Frate era venuta nel locale e aveva chiesto a mia madre del vino che, però, non poteva pagare. Siccome nel ristorante c’erano diversi clienti e lei si era fatta insistente, a un certo punto sono intervenuto io chiedendo alla donna di uscire e di lasciarci lavorare in tranquillità. Lei se ne è andata e tutto sembrava essere finito lì. Qualche sera dopo ero nella prima sala del locale; all’improvviso mi sento toccare una spalla, mi volto e vedo il signor Del Frate che mi chiede se ero io quello che aveva insultato la sua compagna. Io nego, ma lui all’improvviso tira fuori un coltello e me lo avvicina, dicendo: Te lo ficco in gola». Sono attimi convulsi: il giovane reagisce allontanando l’arma, ma il diverbio non si placa; attirato dalle voci, accorre anche il padre che trascina all’esterno l’indesiderato cliente. Fuori la lite riprende e degenera in una mezza zuffa: ad avere la peggio il Del Frate che, a un certo punto finisce a terra, perdendo il coltello. All’ultima parte della scena assiste anche Grisolia che, allarmato dal vociare, poco prima aveva lasciato il proprio tavolo per capire cosa stesse accadendo. «Quando sono uscito - ha raccontato - Del Frate e Villarboito figlio si stavano spintonando poi Del Frate è finito a terra; lì vicino c’era un coltello che ho preso e trattenuto chiedendo di avvertire intanto i carabinieri. Quando sono arrivati i colleghi ho consegnato loro il coltello perché Del Frate lo richiedeva e visto quel che era successo non era il caso di restituirgli l’arma». A far notare alcune discrepanze nella ricostruzione dell’episodio effettuata dai tre testi è stato l’avvocato della difesa, Marco Materi. «Villarboito figlio ha definito il mio cliente alticcio; Villarboito padre l’ha giudicato ubriaco, mentre il carabiniere, teste assolutamente estraneo ai fatti, lo ha definito vistosamente ubriaco, tanto che il mio cliente, tra l’altro l’unico a sanguinare dopo la lite, non riusciva nemmeno ad alzarsi da terra». Un aspetto fondamentale, secondo la difesa, quello dell’alcol ingerito, poiché, interagendo con alcuni farmaci, è in grado di condizionare pesantemente il comportamento di Del Frate. Infine Materi, chiedendo l’assoluzione per il suo cliente, ha fatto notare come il teste estraneo ai fatti, Giuseppe Grisolia, non abbia mai visto il coltello nelle mani dell’imputato, ma solo a terra. La sentenza però, è andata in una direzione parzialmente opposta: il giudice ha condannato Oscar Del Frate a quattro mesi di reclusione e 100 euro di multa, disponendo comunque la sospensione della pena. ha anche ordinato la distruzione del coltello.

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Stefania Zanatta

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