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Con l'emergenza Coronavirus
Confindustria Alessandria: «Una situazione che mai avremmo immaginato»
I risultati dell'indagine congiunturale

La tradizionale indagine congiunturale trimestrale di Confindustria Alessandria è stata svolta come di consueto, a livello regionale, nella seconda metà del mese di marzo. L’indagine (a cura dell’Ufficio Studi) è infatti preventiva, e si interrogano gli imprenditori - al termine di un trimestre - sulle previsioni rispetto a quello successivo.
«Già in quel periodo le valutazioni erano fortemente negative: indici SOP tutti significativamente sotto lo zero, venendo invece da un trimestre precedente (e dallo stesso dell’anno scorso) con il segno più. Precipitava la reddittività, si riducevano le previsioni di investimento, aumentavano già in modo rilevantissimo le previsioni di ricorso alla Cig e si accorciava il portafoglio degli ordini, mentre crescevano le segnalazioni di ritardo dei pagamenti».
«Sommando questo dato a quello delle inattive non è sbagliato stimare in oltre la metà dei lavoratori quelli al momento non regolarmente impiegati. Alta la percentuale dello smart-working, oltre l’85 per cento delle nostre imprese è in grado di attivarlo, e sta già coinvolgendo circa il 30% degli attivi, molto alta anche la percentuale delle aziende oggi “ferme” che sono pronte a ripartire: parliamo di oltre nove su dieci. Infine: è più che preoccupante il dato relativo al calo degli ordinativi, coinvolge più di quattro imprese su cinque e le aziende stanno mediamente perdendo quasi il 60% degli ordini rispetto alle aspettative pre-crisi».
All’indagine nazionale hanno partecipato 4.420 imprese, questi i principali risultati:
- Si è assistito a un netto peggioramento rispetto alla percezione di una precedente indagine per il numero di aziende che ha subito l’impatto negativo del coronavirus (97,2% contro il 67,2% della precedente).
- Il peggioramento si è verificato anche per l’entità del danno subito, le imprese con problemi molto gravi sono adesso il 43,7%, contro il 14,4% della precedente indagine.
- Il 36,5% dei rispondenti, in seguito all’emanazione dei DPCM del 22 e del 25 marzo, ha dovuto chiudere la propria attività, mentre il 33,8% l’ha chiusa parzialmente.
- Il 26,4% dei dipendenti totali delle aziende intervistate svolge attualmente la propria attività in smart working, mentre il 43,0% risulta essere inattivo.
- Il 53,1% dei dipendenti delle aziende intervistate potrebbe dover ricorrere ad ammortizzatori sociali (CIGO, FIS, etc.).
- In media, rispetto alla normalità (marzo 2019), si è assistito ad un calo del 32,6% del fatturato e del 32,5% delle ore lavorate. I cali sono visibilmente più marcati per le imprese con meno di 10 dipendenti (con una diminuzione del 39,7% del fatturato e del 37,3% delle ore lavorate).
- L’84,5% delle aziende che ha partecipato sta riscontrando problemi relativi al rallentamento della domanda nel mercato domestico e nel mercato internazionale. Il disagio più evidente è riscontrato per il calo della domanda di beni e/o servizi di consumo in Italia.
- Non meno rilevanti le problematiche relative alla gestione delle attività riscontrate dal 59,3% dei rispondenti. Il 19,6% degli imprenditori segnala forti disagi legati alla mancanza di materiale sanitario essenziale per lo svolgimento del lavoro in sicurezza.
- È stato chiesto infine agli imprenditori, quali fossero le strategie che metterebbero in atto per superare la crisi. Emerge che nella maggior parte dei casi (78,2%) si sentono disarmati e non possono che attendere il ritorno alla normalità. Dalle risposte qualitative degli imprenditori emerge chiaramente la doppia difficoltà di garantire i flussi di liquidità con l’azienda chiusa o parzialmente aperta e quella ad essa legata di poter ripartire a pieno ritmo il prima possibile per limitare le perdite di fatturato, che, seppure in modo spalmato sul tempo grazie agli aiuti governativi, dovranno essere ripagate in futuro.
L’indagine speciale sull’attività produttiva
Confindustria Alessandria ha svolto, nei giorni tra il 20 e il 22 di aprile, una indagine rapida cui hanno risposto oltre 150 aziende associate, e questi sono i principali risultati della indagine:
- tra le aziende associate quelle che hanno un codice Ateco che permette loro la prosecuzione dell’attività sono il 47,4% del totale, mentre ci risultano inviate alla Prefettura le comunicazioni previste dal DPCM del 22 marzo e seguenti dall’11,7% di aziende pure associate. Ciò ha quindi consentito la prosecuzione dell’attività lavorativa nel complesso al 59,1% delle nostre imprese. Se vogliamo semplificare, quindi, quattro aziende su dieci tra le manifatturiere e dei servizi alla produzione della nostra provincia non stanno in questo momento lavorando;
- il 72,2% delle aziende che hanno risposto all’indagine sta svolgendo la propria attività produttiva. Questo dato, che indica una percentuale di aziende superiore a quanto indicato sopra, è facilmente giustificabile dal fatto che le aziende attualmente “ferme” hanno meno possibilità (o stimolo) a rispondere a un’indagine, e quindi implica una valutazione degli effetti del Covid-19 tra chi ha partecipato all’indagine probabilmente comunque meno pessimistica rispetto a quella del compresso delle associate (la definiamo “correzione dell’ottimismo”);
- tra le aziende che hanno risposto al questionario e che al momento sono “ferme” la stragrande maggioranza, il 92,8% per la precisione, si dichiara pronta a riprendere l’attività nel rispetto delle norme di attenzione alla salute dei lavoratori, solo il 7,2% deve al 22 aprile ancora provvedere alle ultime dotazioni necessarie per la ripresa;
- tra le aziende attive la percentuale di chi è comunque alla ricerca nell’immediato di ulteriori supporti per la prevenzione e sanificazione è molto bassa, pari al 6,4%, percentuale che sale al 16,7% tra le imprese attualmente ferme, il che comunque segnala che più di otto imprese su dieci attualmente inattive si sono dotate con congruo anticipo dei supporti necessari alla ripresa (mentre almeno un altro dieci per cento valuta di concludere tale approvvigionamento entro la data oggi prevista per la successiva fase di attività);
- tra le aziende che hanno risposto al questionario la percentuale di lavoratori effettivamente attivi è del 63% circa, quindi anche tra le imprese attive c’è una
riduzione dell’utilizzo complessivo della forza lavoro per cui possiamo stimare almeno attorno al 50% circa gli inattivi in questa fase;
- tra le aziende attualmente attive la percentuale di quelle predisposte allo smart- working è molto elevata, sfiora infatti l’86% per cento, valore che si riduce al comunque significativo 80,7% comprendendo anche coloro che attualmente non stanno lavorando. E i lavoratori attualmente operativi in smart-working sono una media vicina al 30% degli attivi: la nostra provincia si conferma tecnologicamente ben predisposta;
- un dato fortemente preoccupante è quello relativo al calo degli ordinativi, che richiede un maggiore dettaglio di analisi:
a) un calo degli ordinativi è previsto dall’81,4% di tutte le aziende del campione (che come detto sconta una fisiologica “correzione dell’ottimismo”): quindi sono più di quattro imprese su cinque ad avere meno ordini e quindi meno lavoro del previsto prima di questa crisi;
b) la media della riduzione degli ordini sfiora il 58%. Le aziende stanno perdendo quasi il 60% del lavoro rispetto alle aspettative pre-crisi;
c) la percentuale di chi ha un calo degli ordini è comunque altissima anche tra chi in questo momento attivo: il 76,9%. Significa che tre delle quattro imprese che stanno lavorando lo fa pur in presenza di una significativa contrazione degli ordini;
d) il dato sale al 92,5% delle imprese “ferme”. Chi potrà ripartire lo farà, in più di novi casi su dieci, già sapendo di dover fronteggiare un calo degli ordinativi in questo caso ancora più drammatico rispetto al dato complessivo.
Così il presidente di Confindustria Alessandria, Maurizio Miglietta: «Con quest’indagine non scendiamo nel dettaglio dei settori, ma a proposito dell’orafo, in attesa di riattivare i motori forzatamente spenti, gli imprenditori si interrogano sulle sfide che li attendono sui mercati internazionali e sono pronti a reagire investendo con l'abituale intraprendenza sia nel proporre nelle principali atelier in ogni parte del mondo le ultime collezioni, sia nel proseguire la fornitura altamente specializzata alle più importanti griffe internazionali: per questo è necessario che siano posti in essere strumenti dedicati per sostenere il ritorno su mercati internazionali e misure concrete per aiutare le imprese che operano contoterzi a mantenere inalterata la quota occupazionale».
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