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Barry Castleman: il cuore della ricerca del cartello amianto era in Svizzera

«È ragionevole ritenere che, adottando tutte le misure di prevenzione per gli ambienti di lavoro e la protezione dei lavoratori ci sarebbero stati meno morti sia tra i lavoratori sia tra i cittadini?» È la domanda conclusiva rivolta dal magistrato Raffaele Guariniello allo studioso americano Barry Castleman, autore di un corposo volume che traccia la storia dell’amianto dal punto di vista del diritto e delle conoscenze medico scientifiche, e che è stato sentito ieri al processo Eternit per il controesame da parte della procura (nessuna domanda da parte dei difensori degli imputati). «Assolutamente sì, non c’è discussione al riguardo», ha risposto Castleman. «Vi sono studi che dimostrano il rapporto tra dose e risposta e la proporzione tra esposizione e sviluppo dei tumori. Nel caso dell’asbestosi maggiore è l’esposizione maggiore è la gravità della malattia. Sia per i lavoratori sia per gli abitanti delle zone circostanti...». E a dimostrazione di quanto peso abbia avuto e abbia l’inquinamento ambientale vale anche il contributo dell’altro perito, il medico Stefano Silvestri, dell’ASL di Firenze, che ha evidenziato l’incidenza molto più elevata di tumori nella popolazione a Casale e a Bari, dove c’erano le produzioni di Eternit e Fibronit. E ciò come diretta conseguenza della grande quantità di amianto immessa nell’ambiente, presente in misura molto minore laddove la fibra viene rilasciata solamente per le vie “consuete» (pastiglie dei freni della automobili, tetti e così via...). Se la quantità di fibre fosse irrilevante «ci sarebbero cento volte i casi che si registrano». Vale a dire, tristemente, che sarebbe ovunque una strage, come a Casale. Castleman, sollecitato dal pm Gianfranco Colace è anche tornato a parlare del «cartello mondiale dei produttori di amianto». Quando si è costituito? Ne faceva parte Eternit? Quali erano gli obiettivi che si prefiggeva? In Svizzera il riferimento del «cartello» per la ricerca Castleman ha risposto che lo scopo principale era fissare i prezzi e vedere come erano divisi i mercati» e che i primi riferimenti si trovano in «atti e verbali del 1929». Ma è andato anche oltre sottolineando che il cartello coinvolgeva anche l’industria del cemento-amianto europea e che «la sede unica per la ricerca era in Svizzera». Una lunga storia di menzogne e mistificazioni che arriva, ha spiegato Castleman, fino al 1986, quando in una audizione dell’EPA (l’ente americano per la protezione ambiente) si propone di vietare o limitare fortemente l’utilizzo dell’amianto. «Erano presenti rappresentanti svizzeri di Eternit che hanno sostenuto che la nuova regolamentazione avrebbe causato un danno economico alle loro aziende e che pertanto hanno chiesto non fosse vietare l’utilizzo dell’amianto nelle tubature». Era il micidiale amianto blu! E una volta di più gli svizzeri dell’Eternit ribadiscono la promessa che dagli Anni Settanta utilizzavano nelle vertenze sindacali e per tenere buona la pubblica opinione, quella relativa allo «sviluppo di prodotti più sicuri; a patto di potere continuare a usare amianto fino a che non erano pronti». E per quanto riguardava i rischi della salute? Castleman ha affermato che questi problemi «erano gestiti centralmente: la preoccupazione era che diventassero di conoscenza pubblica dei lavoratori e dei clienti i danni causati dall’amianto e che questo avrebbe danneggiato le vendite. Si vede da un documento del 1958. In tutti i documenti si evince che le decisioni venivano prese ai livelli più alti e che persino alcuni venditori non fossero a conoscenza di come stavano realmente le cose». Castleman ha poi consegnato un riassunto di quanto aveva affermato durante la scorsa udienza allo scopo di rimediare ai problemi di traduzione che si erano verificati...

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Monica Quirino

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