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  • 24 luglio 2012
  • Casale Monferrato

L'agricoltura cambia volto: meno aziende ma più grosse

Quella del “6° Censimento generale dell’agricoltura” piemontese è una fotografia che coglie il cambiamento di un intero comparto. Meno aziende ma più grandi Dai dati raccolti emerge una vigorosa diminuzione del numero di aziende, le quali passano dalle 107 mila del 2000 alle 67 mila del 2010. Tale dato ricopre un certo significato se messo in relazione con un’ulteriore statistica: la superficie agricola utilizzata (SAU), sempre a livello piemontese, è andata incontro a una riduzione molto limitata rispetto l’andamento delle altre Regioni del Centro-nord (-5%). Meno aziende, stessi terreni coltivati: tali cifre indicano che le aziende agricole in Piemonte hanno aumentato considerevolmente le proprie dimensioni. Nel tempo sono venute meno le aziende molto piccole e i terreni corrispondenti sono stati acquisiti da titolari di altre realtà agricole. A tal proposito va sottolineata la SAU media per ogni azienda pari a 15 ettari, valore tra i più alti fra le regioni italiane. Specializzate e accorpate Con il trascorrere degli anni le aziende agricole sono andate incontro ad una evidente specializzazione della propria attività, sia per quanto concerne le coltivazioni che nell’ambito dell’allevamento di bestiame. Tale tendenza rappresenta indubbiamente un dato positivo sotto l’aspetto economico, poiché generalmente migliora la competitività delle aziende. Altra tendenza positiva riscontrata in Piemonte è l’accorpamento aziendale, che comporta risparmi in termini di costi di trasporto e di volume di lavoro. Coltivazioni e allevamenti Dall’esame dei questionari emerge una generale concentrazione delle coltivazioni presso le aziende di grandi dimensioni. Per quanto concerne l’attività degli allevatori professionali, pur registrando un valore di UBA (Unità di bestiame adulto) approssimativamente invariato dal 2000 ad oggi, è percepibile una forte tendenza alla concentrazione dei capi nelle aziende di maggiori dimensioni. Va inoltre recepita una tipica concentrazione territoriale per quanto riguarda gli allevamenti di bovini e suini (con particolare riferimento alla pianura della provincia di Cuneo). Donne, giovani, stranieri L’apporto della manodopera femminile al lavoro agricolo è diminuito rispetto al censimento del 2010, sia nell’ordine delle persone coinvolte che in quello di giornate di lavoro impegnate. Dato in controtendenza al confronto con le altre regioni, seppur lievemente, è quello inerente l’insediamento dei giovani in agricoltura. Probabile conseguenza di tale fattore è la variazione, positiva, del titolo di studio posseduto dei capi azienda: se nel 2000 prevaleva la licenza elementare, attualmente si impone il titolo di media inferiore. Per quanto concerne la presenza straniera nei campi va suddiviso il dato: il numero di conduttori di aziende agricole non Italiani (UE o extra UE) è esiguo, ma vanno registrati titolari di imprese anche di grandi dimensioni. Diverso il discorso per la manodopera extrafamiliare, dove il peso degli stranieri è considerevole. «Un comparto che si adatta» Un comparto che si adatta ha detto l’assessore Regionale all’Agricoltura Claudio Sacchetto: «Il comparto rurale rappresenti un settore in continua evoluzione, pronto indubbiamente ad adeguarsi al continuo variare del contesto circostante. Desta particolare interesse il dato relativo alla forte diminuzione del numero di aziende, ma se raffrontato a una delle diminuzioni della superficie agricola utilizzata meno incisive di tutta Italia, allora abbiamo la conferma che l’agricoltura piemontese non è in difficoltà, al contrario è pronta ad affrontare le nuove sfide della modernità».

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Emanuela Pastorelli

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