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Stagione '23/'24
"Supplici", la tragedia di Euripide arriva al Municipale di Casale
Intervista all'attrice Arianna Scommegna

Venerdì 16 e sabato 17 febbraio alle ore 21 (biglietti online su VivaTicket e al botteghino), il palco del Teatro Municipale di Casale ospita “Supplici”, la tragedia di Euripide, per la regia di Serena Sinigaglia, traduzione di Maddalena Giovannelli e Nicola Fogazzi e drammaturgia a cura di Gabriele Scotti.
Sette madri di sette eroi di Argo si recano ad Atene da Teseo per chiedere che intervenga affinché Tebe restituisca i corpi dei loro figli morti combattendo. Teseo, convinto dalla madre Etra, dopo un inutile confronto con l’araldo tebano, inviato dal tiranno Creonte, re di Tebe, inizia una guerra che si concluderà con la restituzione dei corpi, ma anche con altre morti e altro dolore. Cinque secoli prima di Cristo, Euripide ha scritto il nostro presente. Là dove era nata la democrazia, ad Atene, Euripide ne osserva la crisi: la democrazia dovrebbe fondarsi su valori opposti a quelli della dittatura di un solo uomo e della guerra. A presentare lo spettacolo, una delle sette attrici, Arianna Scommegna.
Quale messaggio attuale si cela dietro la tragedia di Euripide?
Le madri si domandano quale sia il senso di riavere indietro i corpi dei figli morti, facendo scatenare un’ulteriore guerra. Nelle madri prevale il dolore, ma Euripide ci chiede di riflettere su un testo molto più politico che epico: un ragionamento basato su un’analisi politica, espresso con la potenza del teatro. La scelta di dare voce a tutti i personaggi, attraverso le madri, è molto evocativa, induce il pubblico a una profonda riflessione. Molto forte è la frase di Emil Cioran, “Bisogna imparare a essere perdenti”: le Supplici sono perdenti, ma quando richiedono i corpi e fanno scatenare un’ulteriore guerra cosa diventano?
Sul palco sono molteplici i ruoli che interpretate. Ritiene che questa scelta sia un valore aggiunto?
Le madri sono vestite nello stesso modo e assumono anche ruoli maschili, a parte Evadne, la moglie di Capaneo, una giovane che decide di smettere di vivere, lei si getta tra le fiamme nella pira destinata al corpo del marito. Il peso di tutti i personaggi fa assumere strati di narrazione anche nei corpi di queste madri. I corpi delle donne sono appesantiti da macigni sulla schiena. Da madre interpreto le parole di un uomo politico, Teseo, e ne amplifico il senso. La madre di Teseo, Etra, spinge il figlio ad aiutare gli argivi a recuperare i corpi: la guerra genera un aumento di potere, come confermano le parole di Machiavelli, sul mantenimento dello status del politico nella democrazia.
Le figure femminili e il rapporto con Teseo.
Euripide ha uno sguardo unico nei confronti delle donne. Teseo entra molto in empatia con le figure femminili sconfitte. Emerge una tensione emotiva nei confronti delle Supplici. Allo stesso tempo inizia una sorta di corto circuito con la visione politica e il ruolo della guerra: Teseo è in dubbio se aiutarle o meno, poi la madre lo convince.
“Supplici” sono lo specchio dei nostri tempi?
I classici ci parlano come dei padri, come dice Calvino. Il teatro deve suggerire degli spunti di riflessione, e, allo stesso tempo diventare lo specchio dell’oggi. L’uomo non ha ancora trovato una capacità diplomatica per elaborare i conflitti. Possiamo parlare del conflitto per trovare una soluzione, come fa Euripide con Teseo, ma alla fine ne scaturisce lo stesso una guerra.
Danza, musica e luci, che peso hanno nello spettacolo?
La danza, grazie all’intervento di Alessio Romano, evoca la guerra, i corpi sono sovrastati dal peso del conflitto. Una necessità di narrazione che amplifica il senso degli uomini che nascono per combattere. I cori, con il lavoro di Francesca Della Monica, e la musica di Lorenzo Crippa, evocano rumori tellurici e i corpi delle donne evocano un suolo arido che ha bisogno di essere innaffiato, al centro della scenografia di Maria Spazzi, un piccolo totem, un luogo di culto che rappresenta la Terra martoriata dall’uomo. Una guerra dell’uomo contro l’uomo e contemporaneamente quella dell’uomo contro l’ambiente, un conflitto che si sta avvicinando alla fine. La Terra diventa un simbolo, una zolla arida senz’acqua. Oltre alla musica e alla danza, anche le luci di Alessandro Verazzi assumono un ruolo importante e creano uno spazio proiettato in un altro luogo, uno spazio post atomico dove rimane solo una zolla di terra.
Ci parli del suo ruolo nell’opera.
Mi sono sentita sin da subito in armonia, quasi appartenente a unico corpo. Il lavoro su Teseo è nuovo per me, lui rappresenta la razionalità e la politica. Ho “mangiato” tante parole politiche per tradurre in corpo il peso di quel personaggio.
Il teatro e i classici che ruolo devono avere in questi tempi così frenetici?
Il teatro è uno spazio dove vivi un’esperienza oltre il tempo e lo spazio. Alcuni spettacoli ti portano più lontano, altri ti fanno guardare dentro di te.
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