I passi falsi del consulente di Schmidheiny: le pensioni Inail concesse alla leggera e il paradosso del «mesotelioma che non esiste»
di Massimiliano Francia
Una rilettura nel tentativo di far sembrare il bicchiere mezzo pieno (dal punto vista degli imputati) e qualche riferimento veramente di cattivo gusto. Ma anche un passo falso e un bell’inciampone.
È questo il bilancio della 35ª udienza del processo Eternit di Torino che si è svolta lunedì scorso e ha visto protagonisti lo statunitense Gary Marsh e Canzio Romano, entrambi consulenti della difesa dello svizzero Stephan Schmidheiny, imputato con il barone belga Jean Louis de Cartier in quanto presunti responsabili dell’Eternit dal 1966 al fallimento.
Le accuse formulate dal pm Raffaele Guariniello - titolare della monumentale indagine e confermate nel rinvio a giudizio - sono l’omissione dolosa di misure antifortunistiche per quanto riguarda i lavoratori che in tre decenni si sono succeduti nella «fabbrica killer» di via Oggero.
Ma l’indagine ha preso in considerazione anche e soprattutto i danni causati ai comuni cittadini colpiti dall’inquinamento - e qui si profila il disastro doloso continuato - dovuto non solo alla lavorazione, ma anche allo smaltimento criminale dei residui di lavorazione.
Non solo alle ventole che buttavano aria e polvere fuori dalla fabbrica inquinando il Ronzone e (col vento) l’intera città, non solo ai trasporti fatti senza precauzioni dallo scalo ferroviario per la città fino al Ronzone e poi dalla fabbrica di nuovo ai magazzini di piazza d’Armi, lungo la ferrovia; non solo per la frantumazione all’aria aperta dei rottami alla Piemontese, non solo per le migliaia di tonnellate di liquami di lavorazione buttati nel fiume e di cocci portati sul greto del Po ma anche per la polvere sparsa in strade, negozi e case con le tute sporche degli operai.
Casa per casa, senza pietà.
Una strage consumata ai danni di una comunità incolpevole e mantenuta metodicamente nella inconsapevolezza del rischio, a cui si «regalavano» a quintali e tonnellate la polvere che 20-30 anni dopo avrebbe provocato la strage. Solamente per disfarsene in modo gratuito e secondo alcune testimonianze addirittura guadagnando qualcosa, visto che gli scarti - pare - venivano talvolta anche fatti pagare.
Polvere messa in sottotetti, nei cortili di case, asili, oratori. Uno scenario così spietato da sembrare inverosimile.
Si sapeva che faceva morire
E che faceva morire si sapeva, come emerge in modo ormai da molti episodi.
Lo sapevano i tecnici che avevano istruito il responsabile del SIL (Servizio igiene del Lavoro istituito nel 1976) di Eternit Ezio Bontempelli, che aveva comprato casa in città - ha raccontato al processo - e avendo trovato un battuto di polverino lo aveva fatto bonificare.
Pubblicamente però si diceva che non c’era rischio e i dirigenti dell’Eternit ancora a metà Anni Ottanta intessevano l’elogio dell’amianto blu, il più micidiale di tutti chiedendo alla Comunità Europea di non metterlo al bando.
Migliaia di vittime, che continuano a crescere solo a Casale al ritmo di una media di 50 l’anno.
Migliaia di vittime a fronte delle quali Canzio Romano (professore Associato di Medicina del Lavoro Università degli Studi di Torino) ha avuto il cattivo gusto e la crudeltà di ricordare lunedì in aula che si è anche affermato che «il mesotelioma non esiste», tanto sarebbe difficile da diagnosticare.
Una affermazione superflua e ancora più grave e inaccetabile - da parte di chi ha perso amici, o familiari e conta tra i propri o affetti anche 8-9 lutti - perché gratuita, non essenziale, non significativa.
Più accettabile il lavoro svolto dall’americano Gary Marsh (docente a Pittsbirgh) che nell’intento di dimostrare i «benefici» (!) della gestione svizzera è partito dai dati degli anni precedenti, più gravi, per confrontarli con il periodo svizzero: meno morti - ha affermato - tra chi ha lavorato solo sotto gli elvetici.
Ma il paragone corretto per comprendere qual è il rischio reale è quello abitualmente svolto fatto dagli epidemiologi, e cioè con la popolazione non esposta.
Che importa sapere quanto meno pericolo sussisteva nel periodo svizzero rispetto a quello belga?
Il dato che conta è quello del rischio assoluto: da 20 a 40 volte maggiore, quello relativo al mesotelioma, per chi ha vissuto dove c’era l’Eternit .
I PASSI FALSI DEL CONSULENTE
Pensioni facili da parte dell’Inail?
È il primo passo falso di Canzio Romano. Quando aveva svolto la sua reazione aveva sostanzialmente parlato di indennità pagate dall’Inail un po’ alla leggera.
Lunedì ha detto in aula di essere stato equivocato tentando si addossare la responsabilità ai giornali. Ma la stessa Procura aveva affermato di valutare se trasmettere le affermazioni di Canzio Romano all’Inail.
Prima esposizione? Espressione poco scientifica!
Scivolone di Canzio Romano sulla «prima esposizione», poi corretta in «prime esposizioni» unica e vera responsabile - ha affermato - delle malattie.
In realtà è largamente sostenuta la tesi opposta: maggiore dose-maggiore rischio. Il professore oltretutto richiesto di precisazioni dal giudice Giuseppe Casalbore non ha saputo essere chiaro in merito, o se si vuole, come ha annotato lo stesso magistrato, «scientifico».
«Il mesotelioma non esiste»
Allusione di pessimo gusto, persino crudele, sempre di Canzio Romano a un passaggio di uno studioso che voleva così esprimere la difficoltà di diagnosi.
Cinquanta morti ogni anno a Casale di cui circa due terzi, ormai, fra i cittadini non sono una prova sufficiente?
Nella foto in alto Canzio Romano, sotto lo statunitense Marsh assistito dall'interprete