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  • 19 luglio 2013
  • Casale Monferrato

Sottrasse gli assegni di indennizzo agli ex lavoratori Eternit: condannato un corriere

Sottrazione di corrispondenza, peculato, falsità in scrittura privata e truffa. Queste le accuse mosse, a vario titolo, a tre corrieri che lavoravano per conto di una ditta che fornisce servizi a un’altra società, concessionaria del servizio di recapito colli e corrispondenza. Si tratta di Massimo Pironti, 49 anni, residente a San Salvatore, Massimo Lapi, 45 anni, e Fabio Schirò, 32 anni, entrambi residenti a Casale. Sono stati giudicati con rito abbreviato martedì nell’udienza preliminare davanti al giudice Antonio Marozzo e al p.m. Virginie Tedeschi. Due i fascicoli processuali a carico di Massimo Pironti che sono stati riuniti. Dei tre indagati Pironti è stato l’unico ad essere condannato: 2 anni di reclusione senza condizionale, in quanto già gravato da una precedente condanna. Massimo Lapi e Fabio Schirò sono stati assolti per alcuni capi d’imputazione per non aver commesso il fatto e per altri c’è stata la remissione di querela. I tre erano accusati di aver sottratto, in più occasioni, tra settembre e novembre 2009, una parte della corrispondenza che doveva essere consegnata alla clientela, tra cui in particolare i plichi contenenti gli indennizzi agli ex lavoratori Eternit che erano misteriosamente scomparsi. La vicenda era stata oggetto di accertamento giudiziario e l’allora dirigente della procura di Casale, Valeria Fazio, ultimate le indagini, aveva chiesto il rinvio a giudizio dei tre. A Lapi e Schirò venivano contestati due episodi, uno ciascuno, per la scomparsa di due assegni, rispettivamente di 13mila euro e di 30mila euro. Per Pironti invece gli assegni erano diversi, di importi compresi tra 13mila e 30mila euro. Assegni non trasferibili che Stephan Schmidheiny aveva versato a casalesi che avevano così accettato di non costituirsi nel megaprocesso in corso a Torino. La scomparsa era avvenuta nel tragitto fra Roma e Casale. A spedirli era stato l’ufficio dell’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei difensori dello svizzero. Undici plichi affidati a un corriere (tra giugno e novembre del 2009) il quale si avvalse per la consegna finale di due società di cui erano collaboratori i tre monferrini sotto accusa. La vicenda era venuta a galla perché un legale casalese, l’avvocato Roberto Nosenzo, aveva notato un forte ritardo e aveva chiesto lumi a Di Amato, rimanendo stupito nel vedere addirittura una ricevuta firmata a suo nome. Ma la firma - chiaramente - era falsa. Così partirono gli accertamenti e si scoprì che mancavano all’appello circa 200mila euro. Lo studio Di Amato, verificato il mancato incasso degli assegni, provvide poi a rimettere gli effetti e quindi al risarcimento delle controparti. Gli assegni rubati tuttavia, non furono mai incassati, nè le tre persone incriminate tentarono mai di metterle all’incasso. Ora la sentenza. Il giudice si è preso 90 giorni di tempo per il deposito della motivazione.

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