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Eternit, Guariniello indaga anche in Brasile. E lì l'amianto si può ancora lavorare

Si allarga al Brasile l’inchiesta di Raffaele Guariniello sui morti d’amianto. Una decisione che sarebbe scaturita per la morte di un lavoratore piemontese che aveva lavorato per molti anni - appunto - nello stabilimento di Rio della multinazionale dell’amianto. Un fenomeno noto - quello delle trasferte in Sudamerica - e tutt’altro che infrequente. Alcuni anni fa, nel 2005, avevamo intervistato Italo e Maria Ferrero che sono tra coloro che in Brasile ci sono stati e - soprattutto Maria aveva ricordato parecchie famigli casalesi emigrate in Brasile per lavorare: Ferrero, Oglietti, Ferraris, Debernardi, Antoniani, Cortese, Gabba, Perucca, Camisotti, Verdelli, Gili, Cassini,Demaria, Beccaria, Gargano. Dopo più di 40 anni aveva ricordato i nomi con sicurezza. Tutte persone andate in Brasile per lavorare nel settore dell’amianto, che «allora – ricordava - non sapevamo facesse male». «Scarse informazioni, visite mediche-farsa, nessuna, anzi nessunissima precauzione...» avevamo sintetizzato allora. Le stesse parole emerse ripetutamente in aula a Torino nel corso delle udienze. Maria nel 2005 ci aveva mostrato una foto del marito Sergio Oglietti, all’epoca capo elettricista. Una foto «rubata» mentre lavorava – là a Rio - in pantaloncini corti e maglietta: sorpreso dall’obiettivo sorride, accovacciato vicino a un grande mucchio di amianto. È morto nel 1989 - fatalmente - di mesotelioma. «L’amianto sembrava neve, volava dappertutto come il polline dei pioppi», ci aveva raccontato il fratello di Maria Italo, che ha anche lui lavorato a Rio e che segue costantemente le udienze del processo di Torino nella speranza - condivisa dalle centinaia di famiglie e di vittime - che si arrivi davvero a fare giustizia. Già, quarant’anni fa che l’amianto faceva male era noto ma – paradossalmente - chi vi lavorava non lo sapeva. Nessuno glielo diceva, come nessuno lo dice oggi alle tante persone che ancora respirano la fibra in quei Paesi in cui non è ancora stata varata una legge che ne vieta l’utilizzo e la lavorazione: in America Latina o in Africa. L’informazione E la lotta che si sta conducendo in Brasile dove le associazioni se la vedono a muso duro con gli interessi economici attualissimi legati alla lavorazione dell’amianto, è proprio una lotta di informazione contro le mistificazioni e le bugie di chi - oggi come ieri - dice che l’amianto non fa male, o si può lavorare in sicurezza. In attesa che i morti smentiscano tragicamente le loro menzogne. La conferenza Per questo in Brasile si svolgerà il 30 e il 31 agosto un seminario italo-brasiliano sotto l’egida della federazione dei procuratori (magistrati) del lavoro e in collaborazione con l’Associazione delle Vittime brasiliane e l’Associazione Familiari Vittime amianto di Casale. Anche il magistrato italiano Raffaele Guariniello è stato invitato a partecipare alla conferenza internazionale, così come gli esponenti del Comitato vertenza amianto. La lana della salamandra Al termine della conferenza l’associazione delle vittime brasiliane presenteranno La lana della salamandra il libro di Gianpiero Rossi sulla strage amnianto pubblicato da L’Unità nel 2008 che è in corso di traduzione (in portoghese). Seguirà nei giorni successivi una serie di appuntamenti nelle principali città del Brasile tra cui San Paolo e Rio. La lotta all’amianto - dice Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto che è costantemente in contatto con il movimento brasiliano - è tornata di attualità dopo la sentenze della Corte Costituzionale che ha respinto la richiesta dei produttori di amianto di dichiarare la legge incostituzionale. «Questa decisione ha ridato fiducia alla lotta che aveva subito uno stop». C’era poi una mozione che doveva essere approvata dal Parlamento Federale brasiliano che poteva essere una premessa - dice Pesce - per una iniziativa che varrebbe per tutto il Brasile. «La lotta in Brasile - dice Pesce - ricalca l’esperienza nostra». Nel 1996 quando siamo andati la prima volta era tutto sotto il tappeto e non c’era neanche una diagnosi di asbestosi e mesotelioma. L’inizio della lotta vera risale al 2000 quando il sindaco di Osasco - un sobborgo di un San Paolo che conta un milione di abitanti - aveva sponsorizzato conferenza internazionale con 35 delegazioni di vari Paesi e - dopo qualche mese dopo aveva emanato una ordinanza simile a quella del 1987 di Riccardo Coppo. «Osasco è un po’ la Casale del Brasile: c’era l’Eternit che fu rasa al suolo con la dinamite e sullo stesso sito sorse poi un supermercato. E fu proprio l’ordinanza - ricorda Pesce - a fare da apripista in Brasile». Pochi mesi lo Stato di San Paolo vietò l’utilizzo di amianto. Ma gli interessi sono ancora radicati, la lotta lunga e dura.

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Monica Quirino

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