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Zoofavola o controfavola? «Hanno scritto che io canterei tutta l’estate. ma che cantare e cantare! dove siamo?»

La siala cuntra ‘l bali, le ragioni della cicala

Da l’Esopo monferrino Zoofavole dialettali raccolte e scongelate, tradotte e commentate a cura di Pietro Giordano Odalengi (8)

 

Ancura cun la balabalurda dla formica e dla cicala!?

A m’n’han semp dimnu da vendi e da pendie mai ch’am laseissu difendi.

I’han scricc che mi, d’inver, vagh ciamà i toch:s’pör i’esi pi tardoch?

I disu che mi cant tüta l’istà.Ma che cantà e cantà!

An vuà ch’a suma? A Napuli?

M’fan propi girà l’scatuli.

I’hö semper sunà mmachi i me strirnent,ma vailu fa capì a certa gent!

M’han paragun-u semp a la furmìa.

Ades però v~i dì anca mi la mia:Ma che rassa d’cristian,che, quand che i’ün av ciama ‘n toche ad pan,

tlu pii d’bala e tlü mandi a balà:l’è tüta lì la vasta carità?

Mei al sareia mustaii al masnàche ‘n stagiun la ven, l’atra la va.

 

La cicala contesta le fandonie

La traduzione - Ancora con questa balorda fandonia della formica e della cicala?! Me ne hanno dette di tutti i colori, senza mai offrirmi l’opportunità di difendermi. Hanno scritto che io canterei tutta l’estate. Ma che cantare e cantare! Dove siamo? A Napoli? Ne ho proprio piene le tasche. Io ho solo e sempre suonato i miei strumenti musicali. Ma fallo un po’ capire a certa gente!Mi confrontano continuamente con la formica. Ma adesso voglio finalmente dire anch’io la mia.Ma che razza di cristiani siete che, quando uno ti chiede un po’ di pane, tu prima lo prendi in giro e poi lo mandi a ballare! Consiste in que-sto la vostra carità? Fareste meglio a cercare di far capire ai bambini l’eterno avvicendarsi delle stagioni.

 

Il commento

Favola o “controfavola”? In questo e in altri componimenti, preferirei la seconda defini-zione. Ma quale bersaglio si prefigge il nostro Esopo monferrino? Forse una specie di “par condicio” ante litteram, che consenta esclusi-vamente la possibilità all’insetto-simbolo-ne-gativo di esporre finalmente le proprie ragioni? Non è verosimile. Sembra più probabile che voglia contestare quella morale, esplicitamen-te spietata, che indurrebbe a negare ogni aiuto materiale al bisognoso, ma che, al diniego, uni-sce anche il sarcasmo, la beffa: “Hai cantato? Bene, adesso balla!”.Non dimentichiamo che, dal Rinascimento in poi, le numerose versioni di questa favola furo-no lettura costante ed apprendimento mnemo-nico nelle scuole di quasi ogni angolo d’Europa. E la finalità educativa consisteva nella moralità del lavoro e del risparmio, da contrapporre ai vizi dell’ozio e della sprovvedutezza.Ma quello che dovette apparire al nostro au-tore fu la totale mancanza di una mentalità solidaristica, quella mentalità che ti induce ad aiutare il prossimo senza indagare sui motivi che lo hanno ridotto all’indigenza.Il fatto poi che insista con puntigliosa peden-teria sul fatto che la cicala non canta, nel senso che non emette vocalizzi, ma solo vibrazioni sonore, fa pensare che, oltre alle possibili co-noscenze entomologiche, l’autore avesse da-vanti, e in opposizione, due versioni della fa-vola: quella del francese La Fontaine e quella in latino dell’italiano Faerno.Nella, prima, la cicala ammette: “Je chantais” (Ho cantato). E la formica ribatte: “Vous chan-tez? Je suis fort aise. Eh bien, dansez main-tenant” (Hai cantato? Ne ho piacere. Bene e adesso balla!).Nella seconda, invece, la cicala risponde di aver prodotto dei suoni mediante le vibrazioni del-le sue membrane (toraciche) e con il crepitar delle ali: “Sonoro se membranorum pulsu et crepitantibus alis”.Ma anche la conclusione della controfavola rive-la una sostanziale aderenza al testo del Faerno, con una morale meno crudele e più possibilista. Anzi, quasi da “Ecclesiaste”, dove l’estate può ap-parire anche la stagione della gioia da contrap-porre all’inverno, tempo della tristezza: “Aetatis dum ver agitur, tum consule brumae”, che Luca Marcozzi così traduce: “Mentre corre la dolce stagione, rivolgi il pensiero all’inverno”.


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Monica Triglia

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