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La storia da una foto

Ugo Cavallero in Russia. Roberto Coaloa relatore a Parigi

A Pietrogrado (San Pietroburgo) alla conferenza di pace interalleata

Parigi, Sorbona. Coaloa, autore dell’articolo, a una conferenza sui Cento anni morte Lenin dove ha parlato di Cavallero

Perché il maggiore Ugo Cavallero si trovava a Pietrogrado nel gennaio 1917, alla vigilia di un anno che sarà ricordato per la Rivoluzione russa? 

In parte lo abbiamo anticipato su “Il Monferrato” lo scorso venerdì 9 febbraio, notando che Lenin allora si trovava a Zurigo e non sospettava dell’imminente “Rivoluzione di Febbraio” (e Coaloa lo ha pure illustrato alla Sorbona con gli storici Vladislav Hedeler e Alain Blum, ndr).

La storia della Rivoluzione russa è strana: né gli operai né i rivoluzionari avevano nell’inverno 1916-1917 alcun serio progetto di rivoluzione. A Pietrogrado, il partito aristocratico, che sosteneva in parte la monarchia dei Romanov e che in parte complottava contro di essa, era diventato più forte e compatto dopo l’assassinio di Rasputin. Addirittura alla fine di gennaio durante la conferenza interalleata si facevano gran progetti per una Russia più forte. A ricordarcelo è il visconte Albert d’Hotman de Villiers, che commentò le parole del generale Noël Marie Joseph Édouard, visconte di Curières de Castelnau, per il quale, all’inizio del 1917, l’esercito russo, grazie agli alleati, era pronto a schiacciare in maniera definitiva gli Imperi centrali. Il generale Vasilij Iosifovič Gurko-Romejko, Capo dello Stato Maggiore Imperiale Russo dal novembre 1916 al marzo 1917, ricorda che per regolare la questione dei rifornimenti dell’esercito invitò all’Hôtel d’Europe, dove alloggiava con i membri della conferenza, i tre ministri che avevano maggiormente a che fare con i rifornimenti dell’esercito russo, mentre si elaboravano progetti per la questione polacca e si discutevano già i piani di vittoria. La storia, invece, seguì un diverso destino per il secolare Impero russo dei Romanov. 

Il treno di Lenin, con il famoso vagone piombato, entrò nella stazione Finlandia a Pietrogrado (come era stata ribattezzata la capitale russa dopo l’eliminazione dei nomi tedeschi fatta durante la guerra) nella tarda serata del 16 aprile (3 aprile del vecchio calendario giuliano). Possiamo notare come, nel gennaio 1917, lo Zar, a Pietrogrado, viveva il suo ultimo momento di gloria. 

C’è una fotografia da raccontare, del 29 gennaio 1917  scattata proprio alla conferenza interalleata (pubblicata lo scorso numero e visibile in rete, sotto news, ndr) raffigura il giovane Cavallero con lo Zar Nicola II. 

Poco tempo dopo scoppiava improvvisa la Rivoluzione di febbraio. In primo piano c’è lo Zar. Accanto a lui, alla sua sinistra, sorridente c’è l’ambasciatore italiano, Andrea Carlotti di Riparbella. A destra dello Zar, a sinistra della fotografia ci sono gli ambasciatori di Francia e Regno Unito: Maurice Paléologue e Sir George William Buchanan.

Uno storico non può che ricostruire gli avvenimenti che precedettero quella fotografia, come l’uccisione dello starec, il 30 dicembre 1916. 

Dopo l’esecuzione di Rasputin l’élite dirigente della capitale russa e l’ambiente militare riflettevano per trovare una soluzione alle condizioni cui era giunta la guerra. È in quel momento di complotti e di incertezze che si riunì la conferenza interalleata, di cui è testimone la fotografia nel castello di Cavallero a Ponzano Monferrato. Intorno allo Zar e ai militari russi si riunirono i delegati civili del governo britannico, francese e italiano.

A capo della delegazione alleata c’erano Lord Alfred Milner per l’Inghilterra, Gaston Doumergue per la Francia e Vittorio Scialoja per l’Italia. Accanto a Scialoja c’erano «il Generale Conte Ruggeri Laderchi e il Maggiore Cavallero».

Scialoja era Ministro senza portafoglio per la Propaganda di guerra. La conferenza interalleata si proponeva lo scopo di coordinare con la Russia i piani militari e, se possibile, di rafforzare il fronte russo e di stabilire, ad esempio, «se l’offensiva sul fronte anglo-francese possa essere iniziata prima che sugli altri fronti ed in quale epoca».

Scialoja raggiunse Pietrogrado solo il 29 gennaio, il tempo necessario per essere anche lui immortalato nella famosa fotografia. Il soggiorno in Russia del ministro per la Propaganda si era sovrapposto a quello della nostra delegazione commerciale, partita alla metà di gennaio. Rappresentanti di industriali e armatori italiani dovevano trattare l’acquisto di almeno un milione di quintali di grano russo. La missione era guidata dal diplomatico Pietro Tommasi della Torretta e dal presidente della Camera di commercio di Genova, Zaccaria Oberti, armatore con simpatie repubblicane.

Ringrazio gli eredi Cavallero, Antonella, Emanuele, Simona e Giorgio, per avermi fatto meditare su questa importante fotografia, una capsula del tempo. Se non ci fosse stato Lenin, e il famoso treno con il vagone piombato che lo riportò dall’esilio svizzero alla Russia nell’aprile 1917, la Russia avrebbe avuto un altro destino. Agli storici piacciono i giochi dell’ucronia. La storia fatta con i se (What if). Ad esempio, cosa sarebbe accaduto se Lenin fosse rimasto a Zurigo e non avesse fatto la rivoluzione? Lenin morì qualche mese prima di compiere cinquantaquattro anni. Cento anni fa, il 21 gennaio 1924. La “sua” Rivoluzione, però, cambiò la storia del mondo. 


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Silvio Morando

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