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A Conzano

Un secolo di auguri con 200 letterine a Villa Vidua

Sono tante le “chicche” dell’archivio Cravino

Villa Vidua. Visita speciale con il numismatico Mario Cravino

Dal calamaio alla biro, da Gesù Bambino a Babbo Natale attraverso il guardaroba “vescovile” di Santa Claus. Appeso alle pareti di Villa Vidua brilla un autentico e vivo spaccato di oltre cent’anni di mutamenti socio-culturali, linguistici, di costume e persino filosofico-spirituali.

Si tratta di “Un secolo di auguri”, la raccolta di circa 200 letterine di Natale di respiro soprattutto nazionale, ma con ampi e sorprendenti excursus cosmopoliti da Argentina, Francia, Regno Unito e Germania, che Mario Cravino, Presidente del Circolo Filatelico Numismatico Casalese e cittadino onorario conzanese, custodisce gelosamente e “cede” solo durante il periodo festivo, a impreziosire la retrospettiva “Natività d’Autore e Divin Bambino”.

L’attuale allestimento, inaugurato lo scorso 8 dicembre, calerà il sipario il 4 febbraio e continua ad attendere il pubblico nelle prossime settimane. Nella fattispecie, una comitiva di circa 20 visitatori è stata accompagnata domenica pomeriggio nelle sale della nobile dimora da Cravino e dal Sindaco Emanuele Demaria, a sua volta vivace collezionista della più disparata manifattura d’arte presepiale.

“Un secolo di auguri” è il traguardo di oltre due decenni di continua e costante acquisizione, catalogazione e arricchimento del corpus di letterine. Con non poca fatica e, soprattutto, con una eccezionale prontezza e puntualità mattutina, appena allentati i tornelli di ingresso, Cravino ha conquistato il più recente “bottino” a Veronafil, la dicembrina kermesse filatelica, numismatica e cartofila organizzata nella città scaligera.

Inizialmente attratto dalla foggia e, soprattutto, dalle elaborate decorazioni dei singoli esemplari – arricchiti con soffietti, rilievi, applicazioni e colorate cornici in stile scozzese, molti dei quali stampati su carte speciali, il collezionista ha nel tempo rivolto lo sguardo al contenuto testuale. Quelle che appaiono agli occhi del lettore dolci espressioni di affetto, sincero pentimento, impegnative promesse e preghiere particolari – tutte però con il cannocchiale puntato all’obiettivo finale, ovvero l’elargizione al mittente di doni più o meno dispendiosi, costruiscono in realtà una vera e propria enciclopedia “parlante”, una sanguigna testimonianza dell’evoluzione di pensiero della nostra società, dalle ombre della Grande Guerra ai frivoli anni ’80.

Le letterine compaiono nel Settecento e si diffondono nel secolo successivo come messaggio augurale destinato a genitori, i parenti stretti, insegnanti e direttrici di collegio – nel caso di infanti lontani dal calore domestico, e talvolta indirizzate direttamente al Bambino Gesù. Per gli alunni alle prese con gli esercizi di “bella scrittura”, si proponevano come il primo banco di prova calligrafico, magari disseminato di “strafalcioni” ed errori ortografici, del tutto normali e comprensibili in epoche ancora contraddistinte da basse percentuali di scolarizzazione.

Sono tante le “chicche” dell’archivio Cravino. Ad esempio, la missiva di Ninin, datata 1933, sulla quale è apposto il disegno di un pellicano “canterino”, richiamo iconografico al “Pie Pellicane, Jesu Domine”, l’uccello che, raffigurato nell’atto di lacerarsi il petto per farne uscire il sangue con cui nutrire i piccoli, simboleggia il sacrificio di Cristo, dunque l’Eucarestia. La bambina confida nella magnanimità e nella generosità di Gesù Bambino e domanda, elencandoli uno ad uno e specificando persino i negozi dove reperirli, i seguenti doni: “un bamboccio possibilmente grosso e bello come quello che c’era in quel negozio”, “la camera da letto per la bambola come quella che c’era nel magazzino Lagrange”, “una piccola lampadina come quella che mi aveva regalato il ragioniere Ricchiardi”, “una toeletta come quella che c’è a Cardona”, “una vestaglia di panno e le pantofoline. Pur consapevole delle richieste poco frugali, la scrivente conclude con “Fa’ come credi, però fa il possibile per portarle”!

Certe simpatiche “esuberanze” festive condividono la stessa collezione di letterine con formulazioni decisamente meno “venali”. Il 22 dicembre 1944 Paola dice che pregherà “tanto nel giorno di Natale di far terminare la guerra”, e chiosa, in maniera commovente, “come saremo di nuovo felice, non è vero?”. 


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