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  • 27 gennaio 2023
  • Casale Monferrato

Processo in Corte d'Appello

Eternit-bis a Torino, la sentenza si avvicina... tra le incertezze

I medici hanno confermato l'impossibilità di "pesare" le esposizioni e che la malattia insorge dall'inizio

Mercoledì mattina, nella maxi aula 1 del Palazzo di Giustizia di Torino, si è celebrata l’udienza del processo d’appello Eternit-bis dedicata all’integrazione probatoria disposta dai giudici della III sezione penale della Corte d’Appello relativamente al caso di Giulio Testore, morto nel 2008 a 72 anni, uno dei due cavagnolesi (assieme a Rita Rondano, residente nei pressi della fabbrica) per i quali il 75enne imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, ultimo patron di Eternit, in primo grado, era stato condannato a 4 anni per omicidio colposo.

La Corte ha richiesto il confronto tra i consulenti della Procura e quelli della difesa circa l’asbestosi di cui era affetto Testore, ex dipendente della Saca di Cavagnolo (la Società Anonima Cemento Amianto poi controllata di Eternit) dal 1955 al 1982. Al centro sta una questione fondamentale: essendo l’asbestosi una patologia dipendente dall’elevata esposizione all’amianto, esposizione iniziata nel 1955, ovvero 20 anni prima dell’insediamento di Schmidheiny al timone di Eternit, quale peso avrebbero avuto gli ultimi sei anni anche in considerazione degli interventi migliorativi adottati dal gruppo svizzero e finalizzati all’abbattimento delle emissioni? E, di conseguenza, come è possibile provare la responsabilità penale di Schmidheiny stante l’impossibilità di risalire all’insorgenza della malattia?

Sono queste le domande che la presidente della Corte ha rivolto esplicitamente ai medici Donata Bellis e Massimiliano Bugiani per l’accusa e Massimo Roncalli e Canzio Romano per la difesa. Anche i consulenti della Procura, pur ritenendo che tutte le esposizioni siano concausali all’aggravamento dell’asbestosi, hanno convenuto che non è possibile “pesare” le diverse esposizioni e che la malattia avrebbe inizio con l’inizio delle esposizioni (quindi nel 1955) e che non si sarebbe comunque arrestata anche con la fine delle stesse. Alla luce di questi dati, i difensori hanno dedotto che, stante il principio penalistico dell’“al di là di ogni ragionevole dubbio”, sia impossibile ritenere responsabile Schmidheiny.

La prossima udienza, con la quale probabilmente si arriverà a sentenza, è stata fissata per il 16 febbraio.

servizio su “Il Monferrato” di venerdì 27 gennaio


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Silvio Morando

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