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“Elogio dell’imperfezione”
A Torino una mostra sul designer Sergio Perrero
Le opere dell'artista monferrino nelle settecentesche sale dello Spazio Musa

Resterà allestita fino al 25 giugno prossimo, nelle settecentesche sale dello Spazio Musa di Torino, la prima mostra antologica “Elogio dell’imperfezione” curata da Afrodite Oikonomidou e dedicata al designer Sergio Perrero, la cui creatività trovò sfogo, per decenni, tra i colori e i silenzi del Monferrato.
Sarà nel quadrilatero romano che, in una cornice di storia e di design, tornerà e respirare quei “dietro alle quinte” di Perrero, divenuti inimitabili e irripetibili opere d’arte: pezzi unici generati da stratificazioni progressive di disegni, di stampe serigrafiche e di incontenibile pazzia, quella del genio e del maestro mai domo. Sono le tele o, più precisamente, i sotto pezza, negli anni utilizzati come base di appoggio per i capi di maglieria e i tessuti realizzati in fibre nobili (cachemire, seta, lino e cotone) da nobilitare, che da ausilio, grazie a Gino Piardi, hanno recuperato quella dignità e forza espressiva che Perrero ben conosceva, tanto da conservarli preziosi per reinventarvi poltrone, rivestimenti d’arredo, complementi nonché quadri, pannelli scenici, sedute. In qualche modo, nella stamperia di Murisengo, all’inizio Guarmosa Print, poi, Vagt Nobilitazioni e Trasformazioni Tessili, il canavesano d’origine Perrero aveva elaborato, in ante litteram, i primi concetti di riciclo nell’abbigliamento e nell’arredamento.
Centrato anche il titolo dell’antologica scelto dall’amico Piardi, perché Sergio era solito ricordare che – l’imperfezione non andava vista come difetto ma come caratteristica - . Saranno 80 le “opere” che Sergio, certamente, avrebbe definito in altro modo: a lui andavano stretti tutti i termini comuni e universalmente/indistintamente utilizzati. Sapeva di essere unico, insofferente alle regole e alle imposizioni, talvolta, incompreso ma sempre originale, sorprendente e in anticipo sui tempi. Quando elaborava, lo faceva in un angolo tutto suo, una sorta di bazar allestito nella stamperia, con in mano un carboncino e la musica classica che gli accarezzava i sensi. Dal lato umano, Sergio era un uomo d’altri tempi, un gentleman con più se ne vedono, umanamente sensibile alle fasce fragili, all’emarginazione e all’ambiente. Glielo aveva insegnato quella sua vita vissuta tra le stelle e la precarietà, tra i riflettori e le stanze fredde e buie che la vita può riservare. Nel decennio, circa, che ha preceduto la prematura dipartita, occorsa nella primavera del 2020, il suo estro aveva incontrato l’interesse e l’attenzione dell’amico Piardi, a cui va il grande merito di aver fatto rivivere il genio artistico di Perrero.
“Questa mostra è il primo atto di “restituzione” al mondo della sua opera artistica attraverso la quale vogliamo far vivere il suo genio e la sua visione” commenta l’ideatore Piardi.
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